Ambiente in Costituzione: la necessità di un approccio critico
di INDIPENDENZA (redazione)
Il Parlamento ha approvato una modifica della Costituzione inserendo la tutela dell’ambiente e degli animali fra i beni di rilievo costituzionale (artt.9-41). In un’Italia dove dilagano la peste suina e l’influenza aviaria, in particolare nel Nord Italia, ciò già provoca un amaro sorriso.
Nel fronte dell’opposizione si stanno levando alti lai nel leggere questa modifica come un ulteriore passaggio di quel ‘great reset’ accelerato dalla crisi pandemica come spunto strumentale per imporre l’agenda della ‘crisi climatica’ a ruota di quella sanitaria, utilizzando in chiave antisociale il problema dell’impronta antropica sull’ambiente.
È necessario tuttavia svolgere alcune considerazioni critiche: la modifica, nel suo tenore letterale, si presenta come un orpello per dire di fare qualcosa per l’ambiente –bene costituzionalmente rilevante già da prima, come sa benissimo chiunque abbia mai studiato anche superficialmente la Costituzione– quando in realtà il blocco dominante è saldamente al soldo delle grandi lobby del fossile, della plastica, del cemento e dell’agrobusiness. Basti solo pensare che, mentre si approva una modifica di questo tenore, si rilancia sull’energia nucleare!
Pensare che fino a ieri l’attività economica potesse svolgersi in termini costituzionalmente legittimi pregiudicando la salute, fa sorridere già ad enunciarlo.
Si elude quindi il fatto che si ‘costituzionalizza’ il “great reset” con la primazia del diritto UE e con l’adesione alle istituzioni promotrici della globalizzazione (WTO, FMI, NATO), altro che operazioni di cosmesi alla Costituzione!
Accettare trattati come l’UE/Mercosur, la politica agricola comune (PAC) o le ultime decisioni in materia di trasporto di animali vivi è già di per sé un crimine ambientale.
Quindi, se si vuol rispettare la Costituzione per come è stata riscritta, la rottura con l’Unione Europea è un passaggio ancor più ineludibile. Non da ultimo le politiche pubbliche per l’ambiente avrebbero bisogno di massicci investimenti in deficit che, nel quadro sistemico UE/euro, sono impossibili: insomma, nel quadro attuale, la modifica all’articolato costituzionale appare come una sorta di grida manzoniana. D’altra parte, con la sanità pubblica ridotta a lazzaretto e la Penisola spartita fra Lanzichenecchi e dominazioni straniere, i paragoni con il Seicento si sprecano.
La tutela della salubrità ambientale, la preservazione della biodiversità e dell’equilibrio climatico, la tutela della sfera biotica, per dirla con Paolo Maddalena, la cura del territorio dal dissesto idrogeologico sono finalità di ineludibile priorità per un movimento di liberazione nazionale che intenda ripensare il modello dominante e rigettare le storture che lo caratterizzano: criticare Draghi, il blocco che lo sostiene, le multinazionali del farmaco e l’oligopolio capitalista egemone non deve implicare di per sé l’adesione a una iconoclastia per partito preso rispetto alla necessità di riorientare il modello di sviluppo, modificarne tratti profondi, dinamiche e rapporti di forza. Semmai si tratta di rifiutare l’idea di passare dalla padella del mondo pre-pandemia alla brace che oggi ci viene prospettata come scrivevamo qui e qui .
Commenti recenti