Germania e Italia senza gas
di FEDERICO DEZZANI
Come auspicato dagli anglosassoni, la crisi in Europa generata dall’intervento russo in Ucraina, si dirige verso l’acme. A fronte della richiesta di Mosca di saldare le forniture di petrolio e gas in rubli, i governi dell’Europa occidentale mostrano un’incredibile intransigenza, dettata dalla loro subalternità agli interessi geopolitici angloamericani. La sospensione dei flussi energetici è solo questione di tempo: l’asse mediano dell’Europa, Italia e Germania, pagherà i costi maggiori, piombando in una drammatica depressione economica.
Il terzo suicidio dell’Europa
La guerra russo-ucraina, le cui origini vanno cercate nella “rivoluzione colorata” del 2014 che spostò il governo ucraino su posizioni nazionaliste e filo-anglosassoni, ha sempre avuto due obiettivi, raggiungibili contemporaneamente solo rompendo la collaborazione politico-economica tra Russia ed Europa: indebolire Mosca con le sanzioni, cercando il cambio di regime al Cremlino, e imprimere la dissoluzione finale all’Unione Europea, già reduce da un decennio di crisi finanziarie, austerità, terrorismo dell’ISIS, flussi migratori incontrollati e Covid. Così facendo, UK ed USA sperano di “sistemare” per un certo periodo il quadrante euro-atlantico, in modo tale da potersi concentrare sul quadrante indo-pacifico in vista dello scontro, risolutivo, con la Cina. Qualsiasi approccio geopolitico agli avvenimenti in atto deve sempre, necessariamente, considerare l’Eurasia nel suo complesso.
In particolare, nel settore europeo, la crisi attuale mira ad indebolire quelle due potenze che, in termini geopolitici e quindi storici, avrebbero il massimo interesse ad una collaborazione organica e strutturale con la Russia: si tratta “dell’asse mediano” dell’Europa, schiacciato tra le potenze marittime occidentali (USA, UK e la solita Francia) ed il diaframma anti-russo dell’Est europeo (Paesi Baltici, Polonia, Repubblica Ceca, Grecia). Tale asse mediano è costituito dalle due potenze uscite sconfitte dall’ultima guerra, fortemente integrate tra loro in termini economici, entrambe vocate all’industria e all’export e, perciò, entrambe detentrici di grandi riserve auree: Germania ed Italia. L’incomprimibile tendenza di Germania e Italia a collaborare con la Russia, così da allentare il cappio economico-finanziario degli angloamericani, spiega perché questi due Paesi avessero progettato infrastrutture per importare quantità crescenti di energia dalla Russia (Nord Stream 2 e South Stream) e tuttora importino una grandissima quantità del loro fabbisogno energetico dalla Federazione russa (la Germania importava il 65% del gas ed il 30% del petrolio, l’Italia il 43% del gas ed il 13% del petrolio). La crisi in Ucraina è, nell’ottica angloamericana, una manovra essenzialmente contro tre potenze: Russia, Germania ed Italia (Turchia e Ungheria, grazie al maggiore realismo dei loro governanti, hanno preso le dovute precauzioni in tempo, chiarendo di non voler in nessun modo sospendere la collaborazione economica con Mosca).
Che gli USA volessero recidere i legami economici tra Russia ed Occidente era chiaro sin dal 9 marzo, quando Biden aveva annunciato la decisione di vietare l’importazione di gas e petrolio, con la palese volontà di imporre questo obbligo anche ai riluttanti europei. Il fatto che, nel corso di marzo, la stampa anglosassone parlasse a più riprese di un imminente uso da parte della Russia di armi chimiche, lasciava supporre che USA e UK volessero estendere l’embargo all’Europa orchestrando il classico “incidente” con le armi chimiche, già sperimentato più volte in Siria. L’occasione per recidere le arterie energetiche tra Russia e Europa è stata però fornita dalla richiesta di Mosca di saldare, dal 1º aprile, le consegne di gas e petrolio in rubli o oro. Tale richiesta, più che legittima, mira ad allentare l’assedio occidentale cui è sottoposta la Russia, obbligando gli europei a riammettere la Banca centrale russa nei circuiti finanziari. Anziché accogliere la richiesta russa, i governi europei stanno mostrando un’insensata intransigenza che, inevitabilmente, porterà entro pochi giorni alla sospensione dei flussi energetici verso l’Europa, come auspicato dagli angloamericani: i governi di Berlino, Roma e Parigi asseriscono infatti che il pagamento in rubli sarebbe una violazione dei contratti e di non aver nessuna intenzione di cedere su questo punto. Il blocco delle forniture energetiche, dunque, incombe, tanto che il 30 marzo la Germania ha già annunciato il livello di pre-allarme, in vista di un imminente arresto dei flussi e dell’adozione delle prime misure di razionamento.
Se la Francia sarà marginalmente colpita dall’escalation economica con la Russia (Parigi basa la sua produzione energetica sui reattori nucleari e solo il 17% del suo fabbisogno di gas è coperto dalla Russia), l’imminente stop ai flussi energetici infliggerà i danni maggiori proprio “all’asse mediano” dell’Europa, Germania e Italia, in virtù della loro dipendenza dalla Russia e della loro economia ancora fortemente vocata all’industria e perciò energivora. Bloccare l’importazione di gas e petrolio dalla Russia significherà, infatti, per Germania e Italia intraprendere un rapidissimo processo di deindustrializzazione forzata, fermando innanzitutto quelle industrie di base che costituiscono la spina dorsale di qualsiasi economia industrializzata: siderurgia, chimica e meccanica. Con lo stesso effetto di un bombardamento aereo, il blocco delle forniture energetiche russe paralizzerebbe interi settori dell’economia tedesca, con effetti immediati in Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna (la Germania è il primo partner commerciale dell’Italia). Trascinata verso la recessione dalla Germania, l’Italia pagherebbe inoltre a carissimo prezzo alcune scellerate scelte compiute negli ultimi anni: la siderurgia nazionale, basata sui forni elettrici e sulla lavorazione del rottame, andrebbe in stallo, paralizzando qualsiasi industria che faccia uso d’acciaio. Grazie all’escalation voluta agli anglosassoni, la Germania e l’Italia entrerebbero così in una vera e propria economia di guerra, basata sul razionamento dei beni di prima necessità e sulla penuria di combustibili, con effetti disastrosi sulla loro economia di trasformazione, che necessita la costante importazione di materie prime ed un costante flusso di esportazione per mantenere il tenore di vita della popolazione.
Come è possibile che il governo Scholz e quello Draghi compiano scelte così scellerate per il loro Paese? Come è possibile che il governo tedesco e quello italiano optino per una dolorosissima deindustrializzazione forzata dei loro Paesi, come auspicato da francesi ed angloamericani? Un fine studioso e geopolitico come il russo Sergey Karaganov ha evidenziato che nessuna stabile collaborazione è fattibile con quest’Europa che, anziché difendere i propri interessi, è in totale balia degli anglosassoni. Scholz e Draghi sono semplici burattini che, con la più assoluta noncuranza, stanno portando i loro Paesi verso l’ennesima, drammatica, recessione (dopo quella causata dal Covid!) per soddisfare i disegni geopolitici di Londra e Washington. Germania e Italia, senza i rifornimenti energetici russi, si dirigono verso una crisi economica senza precedenti, una vera e propria Grande Depressione 2.0, che, perlomeno, renderà i due Paesi contendibili tra gli schieramenti. L’asse mediano dell’Europa è il luogo dove si deciderà la guerra sul fronte occidentale.
Fonte: http://federicodezzani.altervista.org/germania-e-italia-senza-gas/
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