Vincolo esterno vs sovranità: la battaglia di una vita
di GILBERTO TROMBETTA (RI Roma)
L’olandese Rutte, il presidente del consiglio di quel Paese che campa rubando entrare fiscali ai suoi vicini di casa, ci chiede di cedere ulteriore sovranità. Stavolta in politica estera (quella fiscale e monetaria l’abbiamo già ceduta entrando nella UE prima e nell’Eurozona, poi). Dispiace per il simpatico Rutte, ma arriva con quasi 80 anni di ritardo.
Sì perché l’Italia la sovranità in politica estera l’ha ceduta con la sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale, quando agli occupanti nazisti si sostituirono gli occupanti a stelle e strisce. Non a caso eravamo anche prima della UE uno dei cosiddetti Paesi a sovranità limitata. Eravamo insomma una colonia americana. Ma almeno avevamo una classe politica e imprenditoriale disposta anche a dare la vita per costruire un’Italia migliore. Chiedete a Moro e Mattei, tanto per citare due nomi.
A partire dalla fine degli anni ’70, invece, in Parlamento abbiamo avuto un numero crescente di partiti – e quindi di politici – che, anziché tutelare gli interessi del Paese e dei lavoratori italiani, ci ha svenduti per tutelare gli interessi dei grandi capitali esteri: americani, inglesi, tedeschi, francesi. Insomma di tutti tranne che italiani.
Non è colpa del destino cinico e baro se siamo stati il Paese a privatizzare più di tutti al grido “ce lo chiede l’Europa”, sia in termini di PIL (10,8%) che in valore assoluto (121,3 miliardi di euro). Non è un caso se siamo stati il Paese a inanellare la sfilza più lunga di avanzi primari dal 1992 a oggi (pari a circa 1.000 miliardi di euro sottratti ai cittadini). Non è un caso se abbiamo tagliato del 30% gli investimenti pubblici.
Non è un caso neanche che siano fallite migliaia di aziende e botteghe artigiane (più di 200.000 solo negli ultimi 10 anni) e che altrettante (compresi grandi marchi storici) siano state svendute al miglior offerente (ovviamente straniero). Non è un caso se ogni anno costringiamo circa 200.000 italiani a scappare all’estero in cerca di lavoro e salari dignitosi. Molti dei quali sono giovani laureati formati a nostre spese per andare a fare le fortune di Paesi e aziende straniere. Non è un caso, infine, se il numero di italiani in povertà assoluta è triplicato passando da 1,9 milioni a 5,7.
Insomma, dispiace per Rutte, ma non ci è rimasta nessuna sovranità da cedere. Col PNRR e il Recovery Fund siamo ormai commissariati di fatto per i prossimi decenni. In attesa del colpo di grazia del MES riformato (ma è solo questione di tempo). Ma non è neanche un caso se per 100 anni circa, dal 1896 al 1992 (anno infame) “l’Italietta della liretta” è stato il Paese a crescere più di tutti al mondo in termini di PIL.
Siamo “vittime” di una propaganda pluridecennale, di cui già si lamentava Mattei negli anni 50, finalizzata a convincerci che siamo un popolo di incapaci, di corrotti, di evasori, di nullafacenti. E che, quindi, tutto quello che ci hanno fatto negli ultimi 30/40 anni, in fondo, ma neanche troppo, ce lo siamo meritato.
Invece no. Avremmo tutte le potenzialità per far tornare l’Italia un Paese in cui valga davvero la pena vivere. Abbiamo le capacità per farlo. C’è un intero Paese da ricostruire dopo più di 30 anni di scempi. Avremmo lavoro da dare, di tutti i tipi e ben retribuito, per le prossime 5 generazioni almeno.
Ci manca una classe dirigente in grado di farlo. Quella attuale non ha né le competenze né la volontà. Ci manca la sovranità che ci consentirebbe di fare quello che siamo chiamati a fare. Per noi. Per i nostri cari. Per lasciare alle nuove generazioni un Paese migliore.
Quindi, caro Rutte, ci dispiace. Ma noi di cessioni di sovranità non vogliamo più sentire parlare. Noi la nostra sovranità vogliamo riprendercela. Perché preferiamo morire combattendo per un Paese libero che vivere da schiavi in una colonia.
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