È necessario ridurre di quasi un terzo gli allevamenti di mucche, maiali e galline: è l’obiettivo del governo dei Paesi Bassi e del suo piano da 25 miliardi di euro per convincere gli allevatori a rinunciare a parte del loro bestiame. Il paese, infatti, si trova ad affrontare un sovraccarico di letame, che inquina gli ambienti naturali e produce troppe emissioni. L’Olanda possiede la più alta densità di bestiame in Europa, ma oggi si trova a fare i conti anche con le conseguenze potenzialmente pericolose della situazione, almeno per l’ambiente.

 

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Da giorni gli allevatori dei Paesi Bassi protestano, incendiano covoni e sporcano di letame le strade. Il problema è la proposta di legge del governo per “dimezzare l’inquinamento da azoto e ammoniaca entro il 2030“. Secondo gli esperti, la polluzione è “fortemente legata agli allevamenti“, per questo è necessario “ridurre di un terzo i 100 milioni di capi” fra mucche, maiali e galline. L’Olanda affronta da anni un problema di sovrapproduzione di letame che, mescolato all’urina, rilascia ammoniaca, un composto dell’azoto. Proprio l’eccesso di questo elemento chimico può danneggiare gli ambienti naturali, in particolare se entra in contatto coi laghi e con i corsi d’acqua attraverso il deflusso delle fattorie. Nel 2019 il più alto tribunale amministrativo olandese aveva stabilito che il governo stava violando la legge dell’Ue e non si stava impegnando abbastanza per ridurre l’eccesso di azoto nelle aree naturali vulnerabili. Oggi il “Memorandum per le aree rurali” del governo è chiaro: “La produzione di azoto e ammoniaca, oltre ad altri parametri, dovrà essere ridotta dal -12% al -70% secondo la zona, e le più colpite sono proprio quelle agricole”.

Il programma “Memorandum per le aree rurali” prevede di convincere gli allevatori, a suon di finanziamenti, a rinunciare ai capi di bestiame per orientarsi verso altri settori. Per questo, come ammortizzatore per la messa in pratica del programma, il governo ha stanziato 25 miliardi di euro fino al 2030. L’altra mossa, invece, è spingerli alla conversione ad allevamenti estensivi, con un numero minore di animali su una superficie più vasta. Sono quindi decine di migliaia i capi da abbattere in almeno 17600 aziende agricole e 11200 di queste sono destinate alla chiusura se non si riconvertiranno o non si sposteranno. Il piano, il primo di questo genere nel mondo, incontra l’ovvia opposizione degli agricoltori: lamentano questioni di carattere economico oltre che il timore per danni permanenti alla produzione alimentare del Paese. “Non vogliamo che il sistema crolli”, ha dichiarato l’allevatrice Marije Klever del sindacato dei giovani agricoltori olandesi, al Guardian.

 

Entro luglio le singole province avrebbero dovuto presentare il loro piano per la riduzione dell’azoto, ma molte si sono astenute. Il piano multimiliardario dovrebbe maturare nell’arco di 13 anni. Inizierà come un programma volontario, con una compensazione offerta agli allevatori a cui viene chiesto di uscire dal settore. Gli agricoltori più agguerriti sostengono che accetteranno solo misure volontarie e, in ogni caso, vogliono più tempo per ridurre le emissioni, in attesa che innovazioni tecnologiche riescano a risolvere il problema senza dover rinunciare ai loro capi. “Le automobili erano molto inquinanti, ma hanno avuto la possibilità di renderle meno dannose con l’innovazione. Questo è quello che vogliamo”, ha detto la deputata Caroline van der Plas, fondatrice del partito degli agricoltori olandesi BoerBurgerBeweging (Bbb). D’altra parte, il piano del governo olandese gode di un certo consenso nell’ambito degli agricoltori che nel tempo si sono convertiti a quantità e metodi con minore impatto sull’ambiente: “Ciò che è buono per l’economia, non è buono per la Terra” ha affermato l’allevatore biologico Jaring Brunia, che gestisce una piccola mandria da latte, nonostante abbia una vasta area di terreno per il pascolo e per lo smaltimento del letame.