Il comparto militare-industriale russo ai tempi delle sanzioni. Il “gioco delle tre carte”
di DIFESA ONLINE (N. C.)
Le restrizioni imposte dalla Comunità Internazionale con le sanzioni economiche erogate dopo l’invasione dell’Ucraina, hanno limitato alle imprese del complesso industriale e della difesa russo l’accesso a prodotti militari e dual-use di fabbricazione straniera.
Oggetto di questa analisi è l’attività di Mosca volta a cercare di coinvolgere i paesi membri dell’Unione Economica Eurasiatica (EAEU) ed altre nazioni appartenenti alla ex Unione Sovietica per aggirare le sanzioni e proseguire indisturbata nell’approvvigionamento della tecnologia militare ritenuta necessaria per i propri sistemi di armamento.
In una serie di riunioni tenutesi tra marzo e aprile di quest’anno su iniziativa della Federazione Russa, il Consiglio della EAEU ha preso delle decisioni volte a ridurre al minimo l’impatto negativo delle sanzioni internazionali sull’economia della Federazione Russa. In particolare, ha esentato dal pagamento del dazio sull’importazione di prodotti di importanza critica per l’economia russa (circa 300 articoli), quali attrezzature mediche, prodotti farmaceutici, carrelli per il trasporto ferroviario, attrezzature per condurre esplorazioni geologiche, merci per l’industria tessile, imballaggi per prodotti alimentari, semi, fertilizzanti, apparecchiature elettriche e materiali per componenti elettronici.
Un provvedimento particolare, preso con lo sguardo rivolto alla Cina1, è quello con cui l’EAEU ha approvato un aumento del limite dell’importazione di beni esente da dazi a 1.000 euro. Il vice capo del Ministero dello Sviluppo economico della Federazione Russa, Dmitry Volvach, ha annunciato che “Tale misura aiuterà a garantire una quantità sufficiente di beni essenziali acquistati dai cittadini degli Stati membri dell’Unione”. Sarà possibile, dunque, importare gratuitamente merci per uso personale fino ad un valore di 1.000 euro da paesi esteri verso i paesi aderenti alla EAEU. Il peso massimo delle merci per l’importazione in franchigia è rimasto quello stabilito di 31 kg. Il Consiglio dell’EAEU ha stabilito che il provvedimento sia in vigore dal 25 aprile al 30 settembre 2022. La nuova regola si applica a tutti i paesi EAEU, ad eccezione dell’Armenia.
Tali iniziative hanno consentito alla Russia di creare le condizioni favorevoli per agevolare il movimento di merci essenziali per l’industria russa, attraverso gli stati membri dell’EAEU, comprese quelle di produzione estera.
Esclusa dal benefit dei dazi sopra descritto, nondimeno l’Armenia mantiene un ruolo chiave nel “gioco delle tre carte” che Mosca ha intrapreso tra Russia Paesi membri dell’EAEU e stati esteri di cui ha interesse ad acquistare i prodotti. Va ricordato, il 26 febbraio 2021 Yerevan ha siglato con l’Unione Europea (UE) il Comprehensive & Enhanced Partnership Agreement between the European Union & Armenia (CEPA). Tra i vari vantaggi apportati alle parti dall’accordo vi sono la riduzione delle barriere commerciali nel quadro della reciproca cooperazione commerciale ed economica e la semplificazione delle procedure per il rilascio di licenze e autorizzazioni. Grazie a questo accordo, nel 2021 il commercio estero dell’Armenia con i paesi dell’UE è aumentato del 25% (rispetto al 2020), per un valore complessivo di 1,6 miliardi di dollari.
Nel complesso quadro delle relazioni intercorrenti tra Russia e Armenia e tra l’Armenia e l’Unione Europea, il rapporto privilegiato in vigore tra Mosca ed Yerevan ha indotto l’Armenia proseguire nella sua cooperazione con la Federazione Russa in ambito tecnico-militare e ad aiutare la Russia ad eludere le sanzioni.
La Russia, infatti, ha adottato una serie di misure adottate per eludere le sanzioni, riassumibili nelle seguenti:
- la creazione di imprese congiunte russo-armene in territorio armeno;
- l’esportazione verso paesi terzi di prodotti russi contrassegnati con marchi armeni;
- l’acquisto da parte di Yerevan di prodotti high-tech di produzione occidentale, successivamente esportati in Russia;
- l’utilizzo del sistema bancario dell’Armenia per effettuare transazioni finanziarie.
Lo Yerevan Telecommunications Research Institute, ad esempio, collabora strettamente con il principale produttore russo di apparecchiature per la difesa aerea: la Almaz-Antey Corporation. Oltre a fornire i propri prodotti, l’istituto armeno è attivo anche nel riesportare in Russia una serie di componenti elettronici di produzione estera.
Altre imprese armene in affari con il comparto dell’industria bellica russa risultano essere lo Special Design Bureau (Ashtarak), che fornisce alla Federazione Russa convertitori angolari digitali fotoelettrici, utilizzati, tra l’altro, per la produzione dei cacciabombardieri Sukhoi Su-34 (foto) e la Charentsavan Machine Tool Factory (Charentsavan), che produce una serie di componenti per mezzi corazzati e di sistemi di artiglieria lanciarazzi russi.
La Russia ha anche stabilito uno schema di esportazione/importazione di prodotti attraverso il territorio del Kazakistan.
Nella città di Oral, a 20 km dal confine di stato con la Federazione Russa, è in corso di realizzazione un hub logistico, progettato per lo sdoganamento, la distribuzione e il trasbordo di merci provenienti e in afflusso verso Russia2.
Il movimento delle merci avviene secondo il seguente schema: i prodotti stranieri vengono consegnati attraverso il Mar Caspio ai porti kazaki di Aktau e Kuryk. Dopo lo sdoganamento, le merci vengono trasportate nella città di Oral, dove vengono distribuite e trasbordate sui veicoli delle società di logistica russe, con successivo trasferimento in territorio russo. I prodotti russi vengono esportati in paesi terzi secondo uno schema simile, nell’ordine inverso. Il vantaggio di cui la Russia beneficia sfruttando questa rotta è dato dalla possibilità di importare ed esportare esentasse le merci in entrata e uscita dal territorio del Kazakistan, in quanto fa parte dell’EAEU.
Il comparto industriale russo legato alla Difesa utilizza il Kazakistan anche per procurarsi attrezzature e componenti di fabbricazione straniera, di cui ha scarsità e difficoltà di produzione.
Ad esempio, l’impresa Ulyanovsky Mechanical Plant, principale produttrice di apparecchiature per la difesa antiaerea nella Federazione Russa, coinvolge il Kazakistan per poter accedere ai componenti di fabbricazione tedesca. Prima dell’invasione in Ucraina, infatti, la Russia acquistava prodotti tecnologici tedeschi dual-use per scopi militari, necessari per la produzione e la modernizzazione dei missili antiaerei di tipo Buk e dei sistemi antiaerei di tipo 2K22 Tunguska (foto). In seguito all’incremento delle sanzioni conto Mosca, la fornitura di tali prodotti è diventata impossibile. La possibilità di aggirare l’ostacolo è offerta dal fatto che anche il Kazakistan dispone dei suddetti sistemi d’arma per la difesa aerea e, pertanto, è legittimato ad acquistare i materiali necessari dalla Germania, presumibilmente per gli interventi di riparazione. Una volta entrati in Kazakistan, questi posso essere facilmente consegnati alla Federazione Russa.
Vediamo il caso della società statale russa Rostec che, allo scopo di adempiere tempestivamente alle richieste di soddisfare le necessità produttive connesse al conflitto e, contestualmente, di rispettare i contratti di esportazione, ha intensificato i contatti con società private kazake specializzate nell’esportazione di prodotti per la difesa, con l’obiettivo di avvalersene come intermediarie per l’acquisto di armi e componenti provenienti dall’estero. Il 10 aprile 2022, dunque, i rappresentanti della società Rostec hanno consegnato alla controparte kazaka un elenco di più di 400 prodotti per la difesa di fabbricazione straniera di interesse prioritario per l’industria militare russa: microcircuiti, apparecchiature elettriche, pezzi di ricambio per armi e attrezzature militari fabbricati prevalentemente in Germania, Giappone, Svizzera, Estonia, Cina, Italia, Polonia e negli Stati Uniti. Sempre all’inizio di aprile di quest’anno, la Rostec si è rivolta ai rappresentanti dei dipartimenti della difesa del Kazakistan e dell’Azerbaigian con la richiesta di ricevere razzi da 300 mm per il sistema di difesa missilistica antiaerea Smerch. Stanti i difficili rapporti che intercorrono tra Mosca e Baku – non dimentichiamo gli attriti relativi alle dispute sul Nagorno-Karabak – la richiesta fatta all’Azerbaigian appare indicativa più di una necessità impellente, piuttosto che un tentativo di avvicinamento della ex repubblica sovietica, oggi avversaria della Russia. In merito alle suddette richieste, mentre non è chiara la posizione del Kazakistan, il Ministero della Difesa dell’Azerbaigian ha rifiutato di fornire assistenza militare alla Federazione Russa.
Veniamo alla Moldova, che pur non aderendo all’EAEU, mantiene uno stretto rapporto di cooperazione la Federazione Russa in ambito militare e tecnico.
La società Topaz, con sede a Chișinău, è un importante fornitore della Obedinennaya Dvigatelestroitelnaya Korporatsiya, principale azienda russa produttrice di motori per i velivoli dell’aeronautica militare russa, inclusa nella lista delle aziende soggette alle sanzioni. La Topaz produce macchine utensili high-tech, quali apparecchiature elettroniche utilizzate nella produzione di regolatori per motori aeronautici e complessi per il trattamento elettrochimico delle pale delle turbine a gas. Al mese di agosto 2022, gli ordinativi russi hanno superato l’80% della produzione. L’azienda è membro dell’associazione internazionale United Engine Corporation (UEC), la cui sede centrale si trova a Mosca. La UEC è membro della Rostec e, a sua volta, è costituita da diverse imprese russe e straniere (comprese alcune occidentali) impegnate nel campo dello sviluppo e della produzione di motori aeronautici. Proprio la sua struttura consente a Mosca di acquistare, tramite la Topaz, componentistica di produzione occidentale.
Nel quadro della continua ricerca di collaborazioni da parte della Federazione Russa mirata ad ottenere la fornitura di prodotti high-tech stranieri per soddisfare le esigenze del proprio apparato militare-industriale aggirando le sanzioni internazionali, non va trascurato il ruolo di Israele. Tra la fine di maggio e l’inizio di giugno di quest’anno, il Cremlino ha proposto alla Israel Aerospace Industries e alla Aeronautics Defense Systems, principali società israeliane per la produzione di veicoli aerei senza pilota (UAV), di valutare l’organizzazione della fornitura alla Russia di componenti per la produzione di droni. Le offerte provenivano da influenti uomini d’affari israeliani titolari di attività e beni in Russia, che hanno sottolineato la dipendenza critica del Ministero della Difesa russo da tali componenti e hanno garantito ai rappresentanti delle società israeliane un elevato livello di riservatezza in caso di cooperazione con importatori russi.
È opportuno ricordare che nel 2010, la Russia ha iniziato ad acquistare gli UAV Searcher MkII e Bird Eye 400 da Israele, prodotti dalla Israel Aerospace Industries (IAI). Successivamente, nel 2011, la società russa Oboronprom ha firmato un contratto del valore di circa 400 milioni di dollari con la società israeliana IAI per avere la licenza di produrre nella Federazione Russa i due modelli di UAV, in russo denominati rispettivamente Forpost e Zastava. I due modelli vengono prodotti presso la società Uralsky Zavod Civil Aviation di Ekaterinburg.
In seguito all’aggressione russa all’Ucraina, Israele ufficialmente si astiene dal concludere nuovi accordi sulla fornitura di beni militari alla Federazione Russa, compresi i componenti per i nuovi velivoli senza pilota prodotti in Russia. A sua volta, il Ministero della Difesa russo ha annunciato la sostituzione completa delle importazioni di componenti israeliani con altri di propria produzione e l’inizio della produzione in autonomia dei droni Forpost-R (foto).
Inoltre, nell’aprile di quest’anno gli esportatori russi si sono rivolti alla direzione della società francese Dassault Aviation per l’acquisto di componenti per la riparazione dei sistemi di allarme radar e laser detection system con cui sono equipaggiati gli elicotteri da combattimento Ka-52.
Le società Israel Aerospace Industries, Aeronautics Defense Systems e Dassault Aviation hanno dichiarato di non essere disposte ad ulteriori collaborazioni con le imprese russe del comparto Difesa.
Una considerazione particolare, infine, vogliamo esprimerla relativamente all’importanza che il litio riveste per la Russia, anche per le sue applicazioni in ambito militare.
Vogliamo partire da una lettura particolare delle ragioni dell’invasione dell’Ucraina dell’ostinazione con cui il Cremlino vuole a tutti i costi occupare il Donbass. In questo caso le motivazioni russe non vanno cercate nelle problematiche legate alla difesa della popolazione russofona nell’area, bensì alle sue risorse minerarie:
“La zona compresa grosso modo fra il confine bielorusso e il Donbass, con andamento sud-est, per intenderci, è l’area che i geologi definiscono Scudo di Volinja o anche Scudo ucraino. Un territorio ricchissimo di materie prime, soprattutto pegmatiti con spodumene, un minerale quest’ultimo – chiamato anche trifane – che è fonte di altri minerali metalliferi come l’uranio, il torio, il cesio, il niobio, il tantalio e il litio. Ed è proprio quest’ultimo, il litio, a rappresentare uno degli elementi essenziali dell’industria del futuro. Elemento fondamentale per la transizione energetica, per la produzione di batterie per gli EV e leghe di alluminio per uso aeronautico, ma anche come flussante e fluidificante di scorie di bagni di fusione e nelle saldature e per composti di uso farmaceutico, il litio rappresenta uno dei motivi (sicuramente non il più importante, ma con un peso da non sottovalutare) delle operazioni militari russe in Ucraina. Sono innumerevoli infatti i giacimenti intorno all’area attualmente contestata di Mariupol e del Donbass meridionale, ma anche in quella di Žitomir”3.
In seguito al rifiuto del Canada di fornire alla Russia materie prime per la produzione di litio, Mosca è alla ricerca urgente di fonti alternative di approvvigionamento di questo minerale.
Il 12 aprile di quest’anno il vice direttore del Dipartimento di Metallurgia del Ministero dell’Industria e del Commercio della Federazione Russa V. Demidov ha riferito della grave carenza di litio in Russia, in conseguenza al rifiuto delle società canadesi – proprietarie dei giacimenti minerari di carbonato di litio in Cile e in Argentina – di esportare materie prime in Russia. La quota dei prodotti di queste società nel mercato russo è dell’85%. Per coprire il deficit, la Russia si è rivolta all’unico potenziale fornitore di questo minerale disponibile, la Bolivia, perché aumenti volume delle consegne di litio: la quota di minerale boliviano sul mercato russo è del 15%. Il 14 aprile il viceministro del Commercio Estero B. Blanco ha espresso la propria disponibilità ad aumentare il volume delle forniture alla Russia.
C’è un altro aspetto che però rappresenta un problema per la Russia: la scarsità della produzione industriale di carbonato di litio, a causa della riluttanza del governo boliviano ad attrarre investimenti esteri. Solo alla fine del 2021, la Bolivia ha concordato con otto società straniere di condurre dei test-pilota sull’estrazione delle materie prime, sulla base dei quali verrà presa una decisione in merito alla selezione di un’azienda e all’avvio della produzione industriale da parte di essa. La Russia, ovviamente, cercherà di garantire la vittoria della propria compagnia Uranium One Group e non si può escludere che applichi modalità di concorrenza sleale o che tenti di corrompere i funzionari di La Paz, allo scopo di ottenere una posizione di monopolio sull’estrazione delle materie prime in territorio boliviano.
La dipendenza critica dell’economia russa dagli scambi con i paesi dell’UE (il 36% del fatturato russo è rappresentato dall’UE ed ammonta a circa 284 miliardi di dollari USA), non consente a Mosca di rinunciare tout-court ai prodotti europei. Nonostante le sanzioni imposte, oggi la Russia acquista dai paesi dell’UE circa il 15% del volume prebellico dei prodotti necessari.
In tale quadro, la politica di approvvigionamento della componentistica e di materiali militari attuata da Mosca all’indomani dell’aggressione all’Ucraina appare aggressiva e, talvolta, scarsamente ponderata. È un fatto che le sanzioni, almeno in parte, si sono rivelate efficaci, costringendo il Cremlino a scelte macchinose per aggirare l’impossibilità di intrattenere rapporti commerciali con l’estero attraverso i canali normali. È il caso del coinvolgimento dei paesi membri dell’EAEU o la Moldova come “sponde” su cui far rimbalzare i traffici di beni e materiali diretti verso la Russia. Un certo affanno traspare, invece, dagli improbabili negoziati che i rappresentanti delle società russe produttrici di armamenti hanno cercato e cercano tuttora di intessere con i loro omologhi nella sfera occidentale, come il Canada, la Francia ed Israele o, quantomeno, avversi alla politica di Mosca, come l’Azerbaigian. Appare verosimile, tuttavia, che tale atteggiamento proseguirà in modo marcato, sia per la necessità di disporre della componentistica in esame, sia per dimostrare la ferma volontà di esercitare la propria influenza sull’estero vicino, indipendentemente dal fatto che sia alleato od ostile.
Anche nei confronti di interlocutori di paesi manifestamente in contrasto con la decisione russa di invadere l’Ucraina, laddove ritenuto opportuno o necessario, Mosca perseguirà con ostinazione la possibilità di ottenere ciò che le serve. Dopotutto “chiedere è lecito, rispondere è cortesia”, anche in maniera negativa.
1Заказывать в Китае можно будет больше. Утверждено повышение лимита беспошлинного ввоза товаров до 1000 евро (È possibile ordinare di più dalla Cina. Approvato l’aumento del limite di importazione duty-free di merci a 1.000 euro), ixbt, 15/04/2022. https://www.ixbt.com/news/2022/04/15/zakazyvat-v-kitae-mozhno-budet-bols….
2On the signed memorandum at the Kazakh-Turkish business forum, Kazakh Invest, 07.03.2022. https://wkr.invest.gov.kz/media-center/press-releases/o-podpisannom-memo…
3 R. Busetto, Donbass 2022: la guerra del litio, electronicanews, 21/04/2022. https://www.elettronicanews.it/sottosuoli-contesi-la-guerra-del-litio/
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