Esiste davvero in Italia un “dissenso diffuso”?
di STEFANO D’ANDREA
Secondo alcuni, i partiti antisistema non avrebbero intercettato il dissenso diffuso.
Ma esiste davvero in Italia un dissenso diffuso?
È diffusa l’opinione di chi vuol tornare all’economia mista, quindi al dirigismo creditizio, al controllo del tasso di indebitamento dello Stato, ai vincoli alla circolazione dei capitali, agli aiuti di Stato?
È diffusa l’opinione che esprime questa volontà nella consapevolezza che per realizzarla si debba uscire dall’Unione Europea o disintegrarla?
È diffusa l’opinione critica sui concetti di mercato e di concorrenza?
È diffusa l’idea che la NATO sia un’alleanza aggressiva e guerrafondaia?
È diffusa l’idea che il popolo senza partiti veri e seri e quindi popolari è disarmato?
È diffusa la consapevolezza che il consumatore-spettatore di TV moderno, sebbene laureato, è mediamente ingannabile come il cafone di Fontamara?
Io non credo. Pertanto, il dissenso non è minimamente diffuso. È presente, non più soltanto in avanguardie, come è accaduto per una decina di anni, bensì in minoranze che tuttavia non superano il 6% dei votanti.
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