“Questa è una mattina / del Brasile. Vivo dentro / a un violento diamante, / tutta la trasparenza / della terra / si materializzò / sulla / mia fronte”, scriveva Pablo Neruda. La violenza, domenica scorsa, si è materializzata a Brasilia quando diverse centinaia di persone, molte delle quali avvolti nella bandiera carioca, hanno assaltato i palazzi del potere – il palazzo presidenziale di Planalto, della Corte Suprema e del Congresso – occupandone e vandalizzandone gli uffici.
Solo dopo ore di tafferugli, la polizia è riuscita ad allontanare i manifestanti. Un attacco da parte di “fanatici, vandali e fascisti” contro le istituzioni democratiche, lo ha definito il Presidente Luiz Ignacio Lula da Silva che al momento dell’assalto non si trovava a Brasilia, assicurando che i “terroristi” saranno individuati e puniti. Così è stato se è vero l’arresto di circa 1.500 persone, portate via in 40 autobus. Il bilancio è di almeno 46 feriti, di cui sei gravi, e danni per 1,3 milioni di dollari.
I manifestanti sono tutti simpatizzanti dell’estrema destra e sostenitori dell’ex Presidente Jair Bolsonaro, sconfitto alle ultime elezioni dall’attuale Presidente da Silva. Bolsonaro, tuttavia, che si trova (dalla fine dello scorso anno per sfuggire alla cerimonia di insediamento del rivale) ad Orlando in Florida e, nelle ore immediatamente successive ai fatti, è stato ricoverato per un malore addominale e dimesso stamattina, ha respinto tutte le accuse di complicità e co-responsabilità: “Le manifestazioni pacifiche, secondo la legge, fanno parte della democrazia i saccheggi e le irruzioni di edifici pubblici come quelli di oggi, così come quelli praticati dalla sinistra nel 2013 e nel 2017, sono illegali” – ha scritto su Twitter– “Durante tutto il mio mandato sono sempre stato nel perimetro della Costituzione, rispettando e difendendo le leggi, la democrazia, la trasparenza e la nostra sacra libertà”.
Eppure tra i manifestanti che hanno partecipato all’assalto dei palazzi del potere a Brasilia, è statoidentificato il nipote di Bolsonaro, Leonardo Rodrigues de Jesus – noto come “Leo Indio” – che ha postato domenica sul suo profilo Instagram diversi video e foto che lo ritraggono in piedi tra la folla che sta assalendo il Congresso brasiliano. In un selfie, Indio appare con una maglietta verde e un berretto nero e gli occhi visibilmente rossi. In una didascalia poi modificata, Indio scriveva che i suoi occhi erano rossi a causa dei gas lacrimogeni “sparati dalle forze di sicurezza” che “hanno concentrato la loro attenzione su tutti i manifestanti”. Ha anche negato di essere coinvolto in “qualsiasi vandalismo” e ha affermato che i responsabili della distruzione degli edifici governativi “erano vandali mascherati e codardi travestiti da patrioti”.
Ad ogni modo, è innegabile che Jair Bolsonaro non abbia fatto nulla per evitare tutto questo, ma, anzi, finanche arrivando ad accusare la Corte Suprema di essere politicamente schierata contro di lui ed aver criticato il sistema elettorale di essere incline alla frode. Inoltre, la sconfitta elettorale non è stata mai riconosciuta dall’ex Presidente che, nel completo silenzio, si è anche sottratto alla cerimonia del passaggio dei poteri in cui avrebbe dovuto consegnare la fascia presidenziale a Lula, dopo essersi astenuto dal commentare l’allestimento da parte dei suoi sostenitori di campi davanti al quartier generale – dove ieri sono state sgomberate oltre 1500 persone – e alle caserme dell’esercito in tutto il paese, invocando un intervento militare, e dal condannare, a dicembre, i ‘bolsonaristi’ hanno appiccato il fuoco al quartier generale della polizia a Brasilia.
Poche ore dopo l’attacco, il giudice della Corte Suprema Federale Alexandre de Moraes ha ordinato la rimozione del governatore del Distretto federale di Brasilia Ibaneis Rocha per un periodo di 90 giorni. “La violenta escalation di atti criminali può essersi verificata solo con il consenso e il coinvolgimento diretto delle autorità competenti per la sicurezza pubblica e l’intelligence” ha affermato Moraes convinto che il governatore ha ignorato tutte le richieste di rafforzamento della sicurezza avanzate da varie autorità. Sono inoltre stati spiccati due mandati di arresto per ordinato oggi l’arresto dell’ex comandante della Polizia militare del Distretto federale di Brasilia, Fabio Augusto Vieira, e contro il Ministro della Sicurezza di Bolsonaro, Anderson Torres, anche lui in Florida.
Secondo Lula, i vertici delle forze dell’ordine della capitale hanno mostrato “incompetenza, malafede o connivenza”con i manifestanti. Sebbene non ci sia stato un esplicito sostegno da parte delle forze armate brasiliane, ma non è peregrino ricordare il supporto che all’interno delle stesse è stato manifestato alle politiche bolsonariste. Bolsonaro, militare in congedo, anche negli anni di presidenza, ha coltivato stretti legami con l’esercito nominando alcuni generali in posizioni chiave di governo e sono stimati intorno ai 6000 i militari che nel corso delle ultime due legislature hanno ottenuto posti di lavoro nella pubblica amministrazione. Aveva addirittura ‘regalato’ ai militari il colosso petrolifero nazionale, Petrobras.
Come è noto, il Brasile ha una lunga storia di interventi armati nella vita politica del paese e l’ultimo colpo di Stato militare risale al 1964. “A differenza di altri tentativi di rovesciare i governi nella storia dell’America Latina, gli attacchi di domenica non sono stati ordinati da un singolo governante forte o da un esercito deciso a prendere il potere, ma sono stati alimentati da una minaccia più insidiosa e profondamente radicata: l’illusione di massa”, ha fatto notare il New York Times. Un’illusione che nasce da una profonda frustrazione di coloro che, come afferma Alfredo Luíz Somoza, sono i perdenti della globalizzazione.
Dopo le elezioni presidenziali, alcuni generali della Marina e dell’Aeronautica si sono spinti a sostenere apertamente le proteste bollando come ‘legittime’ le manifestazioni che chiedevano l’intervento militare. La speranza dei manifestanti, dunque, era che i vertici delle forze armate decidessero di intervenire per ribaltare quella che ritengono essere un’’elezione fraudolenta’. Ma questo non è avvenuto.
All’indomani dell’assalto, il Presidente Lula da Silva ha convocato una riunione di emergenza di tutti i governatori e i ministri del Paese. Il Senato brasiliano costituirà una Commissione d’inchiesta parlamentare e i rivoltosi così come gli eventuali ‘istigatori’ potrebbero essere accusati di terrorismo con pene fino a trent’anni di carcere. La polizia federale intanto fa sapere di aver identificato persone sospettate di avere legami economici con gli organizzatori del ‘tentato golpe’ in dieci Stati del Paese di aver già emesso i mandati di arresto. I loro nomi non sono stati resi noti ma le responsabilità – ha precisato il ministro della Giustizia – riguardano anche coloro che non erano presenti agli assalti: finanziatori e organizzatori”. Si parla di oltre 100 aziende implicate.
Le immagini provenienti da Brasilia non potevano non richiamare alla memoria le ‘Capitol Hill Riots’, l’attacco al Congresso americano del 6 gennaio 2021, e suscitare un paragone tra Donald Trump e Jair Bolsonaro, entrambi Presidenti uscenti incapaci di riconoscere ‘senza se e senza ma’ la sconfitta elettorale.
È chiaro che per Lula la sfida è ardua in quanto è chiaro che alla base della rivolta ‘bolsonarista’ c’era una insofferenza che, seppur sobillata, era indirizzata tutta verso di lui, l’uomo che aveva battuto Bolsonaro alle urne. Già durante la campagna elettorale, l’attuale capo dello Stato, imprigionato a seguito di un processo fortemente politicizzato nel 2017 per corruzione e che ha trascorso 18 mesi in prigione prima che le condanne a suo carico venissero annullate, era stato presentato dalla propaganda di destra come un politico corrotto, un comunista che vorrebbe imporre nel paese un regime come quello cubano o venezuelano. Questo elemento polarizza ulteriormente un Paese già fortemente diviso in cui metà dell’elettorato non riconosce legittimità al Presidente, in cui ‘bolsonaristi’ occupano posizioni di rilievo, dal Congresso alle cariche di governatori regionali da cui dipendono, peraltro, le polizie militari.
Decine di migliaia di persone sono già scese in piazza in varie città del Brasile per manifestare a favore della democrazia, all’indomani dell’assalto. I raduni più grandi si sono svolti nella Avenida Paulista a San Paolo e in Piazza Cinelandia a Rio de Janeiro, dove la folla ha chiesto che Bolsonaro – che ha smentito ogni coinvolgimento o responsabilità nell’assalto – venga arrestato e processato.
Per il momento, gli Stati Uniti non hanno ricevuto alcuna richiesta ufficiale su una possibile estradizione di Bolsonaro. A riferirlo è il consigliere per la sicurezza nazionale Usa, Jake Sullivan, precisando che le autorità americane non sono in contatto diretto con l’ex Presidente brasiliano.
Ma cosa ci dicono le violente proteste del ‘bolsonarismo’ e di Jair Bolsonaro? Cosa vuol dire quello che è accaduto per la democrazia brasiliana e sudamericana? È opportuno il paragone con l’assalto a Capitol Hill di due anni fa? Lo abbiamo chiesto a Rafael R. Ioris, Professore di Storia moderna dell’America Latina all’University of Denver.
Professor Ioris, una folla di migliaia di persone ha invaso il palazzo presidenziale di Planalto, la Corte Suprema e il Congresso. Solo dopo ore di scontri la polizia è riuscita ad allontanare ed arrestare 1600 manifestanti. Il Presidente Lula da Silva lo ha definito un attacco da parte di “fanatici, vandali e fascisti” contro le istituzioni democratiche. Lei lo definirebbe un tentativo di golpe?
Sì, prenderei in considerazione un tentativo da parte di estremisti di destra, ispirati dalla retorica di Bolsonaro degli ultimi anni, che hanno agito per provocare un tale caos in modo che le forze armate e le forze di polizia militare (dove Bolsonaro ha un forte seguito) trovassero una giustificazione magari intervenire attraverso misure di sicurezza di emergenza. Il tentativo di colpo di stato è fallito, ma mostra il livello di erosione dei valori democratici causato dall’agenda di Bolsonaro.
Tra i manifestanti sembra ci fosse anche il nipote di Bolsonaro. Chi sono e cosa chiedono i manifestanti? È vero che sono sostenitori di Bolsonaro?
Sì, sono strettamente legati a Bosonaro, anche se non c’è un legame diretto con questo specifico evento (in termini operativi). Ricchi gruppi imprenditoriali hanno finanziato i radicali o sono andati loro stessi a Brasilia ieri. Ma ciò non significa che Bolsonaro non sia il principale responsabile di quanto accaduto. Lo è per aver contribuito a legittimare un’agenda neofascista e una retorica violenta nel paese. Quindi, anche se questi manifestanti prendessero in mano la situazione, le impronte di Bolsonaro sono ovunque.
L’ex Presidente Bolsonaro ha espresso la sua disapprovazione: “Le manifestazioni pacifiche, secondo la legge, fanno parte della democrazia – ha scritto su Twitter– i saccheggi e le irruzioni di edifici pubblici come quelli di oggi, così come quelli praticati dalla sinistra nel 2013 e nel 2017, sono illegali”. Bolsonaro si trova ad Orlando, in Florida, dove si è rifugiato alla fine dell’anno saltando anche la cerimonia del passaggio dei poteri, Bolsonaro ha respinto le accuse attribuitegli dal neopresidente Lula da Silva: “Durante tutto il mio mandato – ha sottolineato – sono sempre stato nel perimetro della Costituzione, rispettando e difendendo le leggi, la democrazia, la trasparenza e la nostra sacra libertà”. Secondo te, qual è stato il ruolo di Bolsonaro, nonostante la lontananza? È responsabile di quanto avvenuto a Brasilia? E il ricovero è una mossa tattica?
Aggiungo che anche se ora ha cercato di prendere le distanze, è palesemente coinvolto. Non è ancora chiaro se sia davvero ricoverato o meno, ma ha già fatto ricorso a questo per evitare di dover rispondere delle cose che ha fatto.
Che ruolo ha avuto il Ministro della Sicurezza di Bolsonaro, Anderson Torres, anche lui in Florida, verso cui è stato spiccato un mandato di cattura?
Non è chiaro ma non può essere una coincidenza che sia stato in Florida questa settimana… È un forte alleato di Bolsonaro. Quindi, speriamo di saperne di più su questo strano viaggio (una settimana dopo essere entrato in carica).
Il giudice della Corte Suprema Federale Alexandre de Moraes ha ordinato la rimozione del governatore del Distretto federale di Brasilia Ibaneis Rocha per un periodo di 90 giorni. Moraes ha affermato che il governatore ha ignorato tutte le richieste di rafforzamento della sicurezza avanzate da varie autorità. Sei d’accordo? Rocha è stato ‘complice’? Ed è giusta la rimozione temporanea?
La rimozione temporanea ha una base legale: il paese è una federazione di stati ma non sono autonomi. Difficile dire che fosse coinvolto, complice o negligente. Probabilmente un po’ di ciascuno, in gradi diversi e in momenti diversi.
Da oltre 60 giorni i bolsonaristi erano accampati nei pressi del quartier generale dell’Esercito. “La violenta escalation di atti criminali può essersi verificata solo con il consenso e il coinvolgimento diretto delle autorità competenti per la sicurezza pubblica e l’intelligence” ha affermato Moraes. L’assalto è stato anche un fallimento dell’intelligence? Si poteva prevedere questa violenta protesta? Perché non sono state prese misure a riguardo?
È un fallimento dell’intelligence, ma è anche molto probabile che anche alcuni membri delle comunità dell’intelligence e della pubblica sicurezza siano complici degli obiettivi di questi gruppi. Quindi c’è un enorme problema che va avanti verso il cambiamento delle cose che hanno portato a questi eventi, e anche se il colpo di stato è stato abortito, il governo è in una posizione difficile, anche se gran parte dell’establishment politico e dei media sono dietro l’idea di forti indagini. Resta da vedere cosa porteranno e cosa sarà fatto.
Lei ha affermato: “Ci sono finanziatori, come grandi proprietari terrieri e gruppi imprenditoriali che hanno contribuito a pagare l’arrivo di pullman carichi di migliaia di sostenitori di Bolsonaro nella capitale”. Chi sono questi soggetti e che rapporti hanno con Bolsonaro?
I grandi gruppi imprenditoriali, in particolare nel settore agroalimentare, sono stati forti sostenitori di Bolsonaro e hanno finanziato gli accampamenti vicino alle basi militari per chiedere un intervento militare e finanziare la via della gente verso Brasilia. Sono stati aiutati dalla narrativa anti-conversazione di Bolsonaro e dall’eliminazione delle sanzioni ambientali che molti di questi uomini d’affari avrebbero potuto incorrere se la legislazione esistente fosse stata applicata nella piena estensione del suo potere.
È stato ordinato l’arresto dell’ex comandante della Polizia militare del Distretto federale di Brasilia, Fabio Augusto Vieira. Lula ha dichiarato che i vertici delle forze dell’ordine della capitale hanno mostrato “incompetenza, malafede o connivenza”con i rivoltosi. Diversi agenti sono stati ripresi mentre si facevano i selfie, senza intervenire. In Brasile le polizie militari dipendono dai governatori dei singoli stati, molti di loro sono retti da alleati di Bolsonaro, da tempo tra gli agenti vi sono molti simpatizzanti del leader di destra. Come valuti l’operato della polizia militare?
La polizia militare è di per sé un problema enorme. È una reliquia della dittatura (64-85) e continua ad agire in modo più violento di quanto dovrebbe essere accettato se i loro soliti bersagli di violenza fossero i poveri. Quindi, una riforma delle forze di sicurezza è attesa in Brasile, ma non è una cosa facile da fare. Lule ha provato alcune cose, ma molte sono state ribaltate sotto Bolsonaro. Oltre a ciò, c’è un forte sostegno all’agenda di Bolsonaro tra le truppe, il che rende più difficile provare a cambiare le cose adesso.
Il ruolo dell’esercito, delle forze armate è stato piuttosto ambiguo: ha impedito, ad esempio, l’intervento della polizia a Brasilia. Lei ha affermato: “Era la polizia militare ad avere il compito di tenere sotto controllo le manifestazioni. La speranza dei manifestanti era che i vertici delle forze armate – molti dei quali avevano guardato con simpatia ai sit-in di protesta allestiti vicino alle caserme di il Paese – decidessero di intervenire un per ribaltare quella che ritengono essere un’elezione fraudolenta… Penso che sia legittimo dire che segmenti dell’esercito brasiliano incoraggiavano quanto accaduto ieri a Brasilia”. Perché? Come valuta l’operato dell’esercito? Ha illuso i ’bolsonaristi’? Che rapporti ci sono tra Bolsonaro e l’esercito?
Le forze armate non sono intervenute perché non dovrebbero pattugliare le strade, non perché non ci siano simpatizzanti di Bolsonaro tra le loro truppe. Bolsonaro era il Presidente perfetto per l’interesse corporativista delle forze armate (da guadagni salariali, privilegi legali speciali, ecc.) e molti generali sono veri sostenitori dell’agenda di Bolsonaro. Ma a questo punto non sembra che siano pronti a perseguire una presa di potere militare tradizionale, inclusa la pressione che un regime militare subirebbe da alleati chiave, come gli Stati Uniti e l’Europa.
Il Paese è molto polarizzato ed i sostenitori di Bolsonaro occupano posizioni di rilievo, dal Congresso alle cariche di governatori regionali. Dopo questo assalto da parte dei ‘bolsonaristi’, si rafforza la leadership di Lula oppure la sfida del governo si fa più difficile?
Dipende da cosa succede dopo. Potrebbe essere un’opportunità per Lula di provare a promuovere i cambiamenti necessari nelle corporazioni della sicurezza e delle forze armate, ma dovrà sicuramente affrontare molti respingimenti. Insomma, il Paese è a un bivio e resta da vedere quale strada si prenderà. I primi segnali sono che Lula sta cercando di sostenere le indagini e la criminalizzazione dei diretti interessati. Ma questo equivarrà a cambiamenti più strutturali, è da vedere.
Come evolveranno i rapporti tra Lula e le forze armate brasiliane?
Compito molto difficile che richiederà molte capacità politiche da parte di Lula e del suo governo. C’è una forte opposizione a Lula tra gli ufficiali di tutte le forze armate, e non è chiaro se debba seguire un percorso graduale o più energico.
E tra Lula e le polizie militari? È vero che Lula intende creare una Forza Nazionale a lui fedele e per farlo dovrà attingere alle polizie degli stati del Nordest, a lui vicini, e agli elementi meno simpatizzanti di Bolsonaro?
Esistono già la Polizia Federale e la Forza Nazionale, ma quest’ultima è composta da membri scelti dalla Polizia Militare di Stato. Non è chiaro se voglia creare un’altra forza o eliminare quelle esistenti. O sarà difficile da fare.
Quali conseguenze avrebbe un’inchiesta giudiziaria e un processo con condanne contro i bolsonaristi? E contro Bolsonaro?
Enormi conseguenze! In effetti, è il modo migliore per tenere sotto controllo questo tipo di logica e corso delle azioni. Molto dipende da cosa accadrà dopo. C’è un ottimo inizio ma queste azioni devono concludersi con vere punizioni, altrimenti gli incentivi a rifarle dureranno. Non è chiaro se Bolsonaro sarà assicurato alla giustizia in Brasile o anche all’estero. Ma non è più impossibile immaginare questo corso d’azione.
Ieri, sono stati emessi mandati di cattura anche nei confronti dei sospettati ‘finanziatori’. È giusto? E quali conseguenze possono avere?
Da quello che dico, stanno indagando su chi finanzia i manifestanti e sequestrerà i loro beni. Ma non è chiaro se possano essere assicurati alla giustizia anche per implicazioni dirette nei fatti. Per molti versi, questo è anche un banco di prova per il sistema giudiziario brasiliano, al di là delle istituzioni democratiche in generale.
Sempre ieri, sono scesi in piazza i brasiliani che vogliono difendere le istituzioni democratiche. Una forte polarizzazione può degenerare in qualcos’altro?
Certo, e molto dipenderà da cosa accadrà dopo. Le persone saranno davvero assicurate alla giustizia e la coalizione per la democrazia dimostrata nel raduno di ieri nella Piazza dei Tre Poteri sarà sostenuta, o simili corsi di azione potrebbero aver luogo. Il Paese è ancora profondamente polarizzato e Lula dovrà essere, allo stesso tempo, conciliante senza essere indulgente con i criminali.
Cosa ci dice questo evento sulla ‘giovane’ democrazia brasiliana?
La nuova democrazia brasiliana stava andando bene fino all’impeachment illegale di Dilma nel 2016, che ha aperto la strada a programmi e linee d’azione più di estrema destra. Quindi, gran parte di ciò che è stato realizzato dalla metà degli anni ’80 al 2015 deve essere ricostruito ora. Tragicamente, sotto un forte stress e la minaccia di nuove rivolte.
Cosa ci dice questo assalto del ‘bolsonarismo’? È destinato a continuare a vivere e polarizzare la società?
La polarizzazione politica è destinata a continuare. Bolsonaro è probabilmente più debole oggi rispetto a un mese fa, e gli attacchi a Brasilia lo indeboliranno ulteriormente. Tuttavia, oggi il bolsanarismo è più grande di Bolsonaro e può agire senza il suo controllo diretto. Ma senza una leadership chiara, non è chiaro se un tale ‘movimento’ possa durare a lungo.
Dopo il Perù, anche in Brasile le istituzioni democratiche sono tornate sotto attacco. È preoccupato per la democrazia in America Latina?
L’America Latina non ha avuto esperienze molto stabili con il governo democratico. E anche se all’inizio degli anni 2000 sembrava che le cose stessero finalmente migliorando, quello che vediamo negli ultimi anni è l’erosione democratica in molti paesi, insieme agli sviluppi che si stanno verificando in altre parti del mondo. È tempo che le forze democratiche uniscano gli sforzi.
È giusto il paragone tra quanto avvenuto a Brasilia e l’assalto a Capitol Hill del 2021?
Penso di sì, soprattutto perché erano entrambe azioni guidate da sostenitori di un’agenda di estrema destra (neofascista) e leader populisti neofascisti. La differenza principale è che in Brasile le forze armate e le forze dell’ordine militari erano più direttamente coinvolte nel favoreggiamento dei vandali.
Cosa ci dicono l’assalto a Capitol Hill sia quello a Brasilia della democrazia e della destra populista mondiali?
Entrambi trasmettono una crisi più profonda della democrazia liberale che si sta sviluppando in tutto il mondo. O si trova un nuovo modo di rafforzare i valori e le procedure democratiche, oppure è probabile che si verifichino eventi simili, anche in Europa.
La teoria del complotto e il non riconoscimento dell’esito elettorale uniscono quanto accaduto a Capitol Hill ea Brasilia, ma colpiscono i fondamenti fondamentali della democrazia. Perché la destra ha avuto questa deriva? Può emanciparsi? Come?
Entrambi gli eventi derivano dal lungo processo di erosione dei valori, delle istituzioni e delle procedure democratiche degli ultimi anni. Questo è stato guidato da leader politici demagogici, di solito di destra, che hanno costantemente messo in dubbio l’affidabilità del processo democratico. È vero che la democrazia liberale (voto ogni quattro anni) è superata in una società che corre molto più veloce e dove i limiti delle procedure decisionali sono oggi più noti, ma il problema è con la risposta che la destra propone, ovvero la distruzione delle stesse istituzioni che garantiscono la convivenza delle differenze e la risoluzione pacifica dei conflitti.
Nelle ultime ore, però, a parte qualche vaga condanna dell’aggressione, nessun esponente della destra mondiale, compresa la premier italiana Giorgia Meloni, ha formalmente preso le distanze da Jair Bolsonaro. Come mai?
Perché tutti hanno guadagnato sposando la retorica anti-establishment, dal Brasile all’India, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Italia, Ungheria, Filippine, ecc. Quindi, tutti questi populisti di destra devono stare attenti a confutare la stessa narrativa e un’agenda che rafforzano in primo luogo il loro appeal politico. Quindi, ancora una volta, è giunto il momento che le forze democratiche esigano un forte ripudio della violenza in politica e la difesa dei valori democratici da tutti coloro che vogliono essere considerati leader politici seri e validi.
FONTE:https://lindro.it/brasile-illusione-di-colpo-di-stato/
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