SE NON AVESSI INCONTRATO GESÙ SAREI STATO ANARCHICO
di La Croce Quotidiano (Mirko De Carli)
Amava ripetere queste parole Don Luigi Giussani, l’uomo che con il suo sguardo riaprì la ferita della fede e mi riportò ben vent’anni fa a vivere la politica come vocazione cristiana. Secondo il sacerdote milanese «solo due tipi d’uomini salvano interamente la statura dell’essere umano: l’anarchico e l’autenticamente religioso». Un paradosso che Giussani spiega in questi termini: «La natura dell’uomo è rapporto con l’infinito: l’anarchico è l’affermazione di sé all’infinito, e l’uomo autenticamente religioso è l’accettazione dell’infinito come significato di sé». Entrambe le posizioni salvano la statura dell’essere umano, ma non sono alla pari: «l’anarchia costituisce la tentazione più affascinante, ma è tanto affascinante quanto menzognera». L’anarchico tende a dire «io mi affermo contro tutti e contro tutto», ma, osserva Giussani, «è molto più grande e vero abbracciare la realtà e l’essere, piuttosto che affermare se stessi di fronte a qualsiasi realtà».
Queste parole risuonano ogni giorno nel mio cuore e nella mia mente sin da quando, poco prima di Natale scorso, decisi di aderire allo sciopero della fame per “liberare” Alfredo Cospito dalle condizioni disumane previste dal 41 bis. Non appena conclusi il mio intervento, insieme alla nostra pidieffina Carlotta Toschi alla prima maratona radicale capitanata da Umberto Baccolo, in tanti mi scrissero: ma che ti metti a difendere uno stragista anarchico? Istantaneamente mi tornarono in mente quelle parole di Don Luigi che sentì durante gli anni dell’Università e che mi salvarono nel momento più critico della mia vita.
Avevo da poco stracciato la tessera dei Democratici della Sinistra, partito per il quale militavo dall’età di 14 anni e per cui avevo assunto incarichi decisamente significativi paragonati alla giovane età che l’anagrafe registrava e non trovavo alcun senso rispetto a quella vocazione chiamata politica che Don Giuliano, il mio parroco, aveva riconosciuto in me poco dopo la Cresima. Amavo girare con la giacca a quadrettoni, il sigaro accesso, Il Manifesto o l’Unità in tasca e il borsalino in testa: lo Stato mi indignava più che rappresentarmi e quel senso di “affermazione di sé all’infinito” di matrice anarchica mi affascinava sempre più. Solo quell’incontro con Don Giussani che mi fece letteralmente rincontrare Gesù mi fece comprendere quel paradosso tra anarchici e cattolici e mi rese evidente che solo se porti l’infinito dentro di te puoi essere pienamente te stesso. Capì che solo tentando di imitare quell’uomo, dentro il disastro di una vita da peccatore incorregibile, sarebbe stato possibile vivere quella vocazione per la politica senza avere quella strana sensazione di indossare un abito non mio ma piacevolmente fiero di essere “vestito” secondo la mia natura più profonda.
La scelta di applicare il 41-bis a Cospito è stata motivata dal diffondersi di una serie di alcuni suoi scritti e opuscoli che per i giudici lasciano intendere un suo collegamento con la militanza attiva al di fuori del carcere.
Ma per cosa fu condannato? Cospito si trova in carcere perché ritenuto responsabile di due diversi episodi portati a termine e rivendicati dalla Federazione Anarchica Italiana. Il primo è l’esplosione, avvenuta il 2 giugno 2006, di due ordigni piazzati davanti all’ex caserma degli allievi dei Carabinieri di Fossano, Cuneo. La magistratura torinese ha condannato a 20 anni Cospito per quei fatti, inizialmente qualificati sotto il reato di tentata strage, anche se non provocarono né morti né feriti. Appunto nessun morto e nessun ferito. Questo è quello che più sorprende della scelta di applicare il 41 bis per Cospito: il regime del “carcere duro” non era mai stato applicato nei confronti di un anarchico. Gli unici condannati a cui era stato riservato erano stati i capi e i sottocapi dei clan mafiosi e i terroristi.
Lo Stato vuole incarnare la Costituzione che all’art.27 recita che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato” o vuole sporcarsi le mani di sangue ancora una volta, come avvenuto più di 200 volte nel 2022 con troppi morti in carcere (molti dei quali suicidatisi), con la vita di un uomo che sta scontando la sua pena e che chiede solo di essere trattato da carcerato con dignità e senza trattamenti fuori da quel senso di umanità di cui parla esplicitamente la Costituzione?
Per questo se da un lato chiedo a gran voce che gli anarchici non si macchino di atti di violenza e aggressione nel sostenere la battaglia di Alfredo (rischiando di infangarla solamente), dall’altro mi appello con tutte le mie forze e preghiere alle istituzioni della Repubblica Italiana affinché liberino Cospito dal regime del 41 bis e facciamo cessare il suo sciopero della fame che lo sta velocemente conducendo alla morte.
Ora più che mai quella ferita che mi riportò ad abbracciare Gesù ora gronda di sangue: quelle istituzioni che servo da anni con il mio impegno civile non tradiscono la fiducia di chi, come me, pur essendo giovane crede ancora che lo Stato possa essere un’alleato (spesso fragile e “barcollante”) ma mai e poi mai un nemico.
Caro Mattarella, cara Meloni e caro Nordio non deludetemi
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