Il Bangladesh nella contesa tra le grandi potenze
di TERMOMETRO GEOPOLITICO (Simone Frusciante)
Il Bangladesh, che già si trova ad affrontare una delicata situazione interna, sta diventando sempre di più terreno di scontro tra le grandi potenze, Stati Uniti e Cina in testa.
Gli ultimi mesi sono stati molto concitati per il Bangladesh, sul piano della politica interna quanto delle relazioni internazionali del paese. In merito al primo aspetto, lo scorso dicembre la capitale Dacca e le altre principali città bengalesi sono state scosse da una serie di forti proteste, guidate dal principale partito di opposizione, il Bangladesh National Party (BNP). Decine di migliaia di persone hanno chiesto le dimissioni della Prima Ministra Sheikh Hasina, leader del partito di governo Awami League, accusata di brogli elettorali alle ultime elezioni tenutesi nel 2018, e la convocazione di nuove elezioni libere, eque e trasparenti. Tutto ciò mentre il Bangladesh si prepara ad un calendario politico molto denso.
A febbraio si terranno le elezioni presidenziali, che sono indirette e coinvolgeranno solo i membri del Parlamento. Il vero appuntamento elettorale sarà rappresentato dalle elezioni generali che si terranno tra la fine dell’anno e gennaio 2024. Le principali candidate saranno la premier in carica Sheikh Hasina, che mira alla quarta rielezione consecutiva, e la leader del BNP Khaleda Zia, a sua volta ex Prima Ministra. Hasina e Zia, rivali storiche, hanno dominato la vita politica bengalese alternandosi, quasi senza interruzioni, alla guida del governo negli ultimi 30 anni.
La complessa situazione politica va valutata anche alla luce del quadro economico del paese, sul quale pesano l’aumento dei prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari, il rialzo dell’inflazione e l’adozione di una politica monetaria restrittiva, analogamente ad altri paesi della regione, anch’essi vittima del rallentamento economico. Nel report 2022, le Nazioni Unite avevano previsto per il Bangladesh una crescita del 6,4% nell’anno fiscale 2022-2023. Il dato è stato poi rivisto al 6% nelle ultime proiezioni e il ribasso è stato confermato dalle stime del Fondo Monetario Internazionale (FMI). Ciononostante, c’è spazio per l’ottimismo.
Nel 2021, infatti, il paese è stato promosso dalla lista dei paesi meno sviluppati (Least Developed Countries, LDC) e si prevede che il passaggio alla lista dei paesi in via di sviluppo avverrà nel 2026, due anni più tardi del previsto a causa della pandemia di Covid-19 e del conflitto russo-ucraino. Risulta evidente che, affinché il paese possa progredire speditamente sulla strada dello sviluppo, è necessario un governo solido e stabile, che sia considerato legittimo e democratico dalla popolazione bengalese e affidabile dagli osservatori esteri.
Sul versante della politica internazionale, nel mese di gennaio il Bangladesh ha ricevuto un insolito flusso di visite dall’estero, soprattutto da Stati Uniti e Cina, che stanno maggiormente concentrando l’attenzione sul paese. Il 9 gennaio Eileen Laubacher, direttrice per l’Asia meridionale al National Security Council ha incontrato il ministro degli esteri Abul Kalam Abdul Momen. La settimana dopo, il 14 gennaio, Donald Lu, l’Assistente Segretario di Stato per l’Asia centrale e meridionale era a Dacca per tenere una serie di incontri con esponenti del governo, membri dei partiti politici e leader della società civile.
Da parte cinese, il 10 gennaio il ministro degli affari esteri Qin Gang, nominato di recente, ha effettuato una fermata intermedia all’aeroporto di Dacca durante il suo viaggio verso l’Africa, incontrando Momen. Di fatto, Qin ha realizzato la sua prima visita all’estero, seppur non ufficiale, in Bangladesh. Il significato della visita è chiaramente di riconoscere al paese un ruolo di primaria importanza nella politica estera cinese. Dopo la visita di Qin, in Bangladesh è stata ricevuta una delegazione guidata da Chen Zhou, vicecapo del Dipartimento Internazionale del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese (PCC).
Il Bangladesh, sin dalla sua indipendenza avvenuta nel 1971, ha sempre mantenuto una politica di non allineamento, impegnandosi ad intrattenere relazioni diplomatiche cordiali con tutti i paesi. Di recente, però, tale politica è stata posta sotto pressione dalle grandi potenze, il cui obiettivo è di persuadere il governo bengalese a schierarsi. Gli Stati Uniti hanno più volte avanzato al Bangladesh, riconosciuto come un partner fondamentale nell’Indo-Pacifico, la richiesta di unirsi al Quadrilateral Security Dialogue, noto come QUAD, una partnership di cui fanno parte anche Australia, Giappone e India, che mira, seppur non in maniera dichiarata, ad un contenimento della Cina.
Da parte sua, questa ha chiarito che un’eventuale decisione bengalese di aderire al QUAD danneggerebbe sostanzialmente le relazioni bilaterali. Pechino ha altresì esortato Dacca a far parte della Global Development Initiative (GDI) e della Global Security Initiative (GSI), aventi lo scopo di consolidare la Cina come leader politico ed economico globale. Finora, il Bangladesh è comunque riuscito, non senza difficoltà, a mantenere una politica di equilibrio tra i due paesi.
Dacca non può rinunciare alle relazioni né con Washington né con Pechino. Gli Stati Uniti sono al primo posto come singolo mercato di esportazione per i capi di abbigliamento preconfezionati made in Bangladesh (ready-made garments, RMG), settore nel quale il paese è diventato un leader globale. Purtroppo, pesa sulle relazioni commerciali tra i due paesi l’esclusione del Bangladesh dal General System of Preferences (GSP), il programma USA che permette di eliminare i dazi doganali su migliaia di prodotti provenienti dagli Stati designati. Il paese è stato escluso dal GSP nel 2013 a causa della degradata situazione dei diritti dei lavoratori.
Si ritiene, però, che gli Stati Uniti possano riconsiderare la propria decisione e che uno dei principali temi al centro delle ricorrenti visite da parte di diplomatici statunitensi sia proprio la riammissione nel GSP, che darebbe un forte rilancio ai legami economici bilaterali, anche alla luce della promozione dalla lista dei LDC del Bangladesh, che è inoltre uno dei principali destinatari degli aiuti statunitensi in Asia.
Allo stesso tempo, anche la Cina rappresenta un partner chiave per il Bangladesh. Si stima che il commercio, gli investimenti e i prestiti provenienti dalla Cina verso il paese ammontino a oltre 60 miliardi di dollari, più di ogni altro paese. Da soli, gli investimenti ammonterebbero a oltre 38 miliardi di dollari, facendo della Cina il principale investitore estero nel paese.
Il Bangladesh risulta essere strategico anche relativamente alla Belt and Road Initiative (BRI) cinese, lanciata dal Presidente Xi Jinping nel 2013, alla quale il governo bengalese ha aderito nel 2016, anno in cui i due paesi hanno elevato le relazioni bilaterali al livello di strategic partnership. Il Bangladesh è il secondo destinatario dei prestiti cinesi nell’ambito della BRI in Asia meridionale (dopo il Pakistan). Infine, va segnalato che la Cina è l’unico Stato con cui il Bangladesh ha finora firmato un accordo di cooperazione nel settore della difesa, ed è anche il suo primo fornitore di armi.
Nella disputa tra Stati Uniti e Cina si inserisce un terzo attore, l’India, il vicino più prossimo del Bangladesh. I due paesi godono di relazioni molto strette, che risalgono all’indipendenza bengalese. L’India, infatti, ha combattuto al fianco dei bengalesi contro il Pakistan, permettendo all’ex Pakistan Orientale di diventare indipendente con il nome di Bangladesh. Da allora, il paese è stato saldamente incluso nella sfera d’influenza indiana. Ciò è apparso particolarmente vero durante gli anni di governo di Sheikh Hasina, il cui partito Awami League è fortemente supportato da Nuova Delhi.
Il Bangladesh ha contribuito a sradicare i movimenti per l’indipendenza degli Stati indiani nordorientali, ha ospitato un corridoio economico che collega il nordest indiano al resto del paese e ha praticamente consentito all’India di esercitare una forte influenza in tutti gli aspetti della vita bengalese. L’India intende quindi sfruttare a proprio vantaggio la disputa tra Stati Uniti e Cina. Da un lato, l’obiettivo primario di Nuova Delhi è quello di contrastare l’avanzata di Pechino nella regione, ma va detto che l’India mal sopporta anche i continui richiami degli Stati Uniti relativi al rispetto dei principi democratici in Bangladesh, i quali vanno contro gli interessi del governo di Hasina (e dell’India stessa).
Proprio in questo senso, l’India ha assistito con interesse al duro scambio di battute verificatosi a dicembre scorso tra gli Stati Uniti e la Russia, che va anch’essa ad inserirsi nel contesto bengalese. Mosca, infatti, ha aspramente criticato l’interferenza statunitense negli affari interni del Bangladesh, in seguito agli appelli di Washington affinché il governo di Hasina svolga delle elezioni libere e democratiche, al contrario di quelle del 2013 e del 2018, che hanno ricevuto accuse di brogli. Gli Stati Uniti hanno respinto le accuse, sostenendo che la Russia dovrebbe ben guardarsi dal criticare altri paesi, in ragione della sua aggressione armata contro l’Ucraina. Il governo di Dacca ha messo fine allo scambio di accuse affermando che né gli Stati Uniti, né la Russia o qualunque altro paese hanno diritto di interferire negli affari interni del Bangladesh.
La Russia, come detto, è un altro partner importante per il Bangladesh (e per l’India). L’allora Unione Sovietica (URSS) sostenne infatti l’India durante la guerra di indipendenza bengalese e ancora oggi la Russia, come la Cina, finanzia il governo di Hasina. Inoltre, dallo scoppio della guerra in Ucraina, Mosca ha aumentato le forniture energetiche verso il Bangladesh, oltre ad aiutarlo nella costruzione della sua prima centrale nucleare (progetto nel quale è stata coinvolta anche l’India). Dacca, a sua volta, ha mantenuto una posizione di acquiescenza nei confronti della Russia, astenendosi nella maggioranza delle risoluzioni di condanna adottate dall’ONU sul conflitto in Ucraina (come ha fatto anche Nuova Delhi). Si vede, quindi, come l’India tenda a propendere verso gli Stati Uniti in chiave anticinese, ma non rinunci alla propria relazione con la Russia e a trarre vantaggio dalla presenza di Mosca nel contesto bengalese, in un articolato sistema di equilibri che il Bangladesh fa sempre più fatica a reggere.
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[Fonte: https://iari.site/2023/02/02/il-bangladesh-nella-contesa-tra-le-grandi-potenze/]
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