Così l’industria bellica si sta evolvendo (e arricchendo) sfruttando la guerra in Ucraina
di TODAY (Alfonso Bianchi)
Il presidente francese Emmanuel Macron a Monaco ha detto che “se l’Europa vuole difendersi deve armarsi”. Ma la corsa al riarmo è già in atto e sta andando avanti a ritmi spaventosi
Quello in Ucraina è il primo conflitto ad alta intensità in Europa dalla Seconda Guerra mondiale. L’invasione ordinata da Vladimir Putin ormai un anno fa ha fatto partire una corsa al riarmo dei Paesi del continente che sta portando a un aumento massiccio della produzione di materiale bellico a livello mondiale. Inoltre lo studio di quanto sta accadendo sul campo sta servendo agli eserciti e all’industria della Difesa a studiare da una parte la resistenza e l’efficacia delle diverse armi, in modo da imparare a utilizzarle al meglio e anche a migliorarle, e dall’altra a mettere a punto nuove e più efficaci tattiche e strategie di guerra.
“Se l’Europa vuole poter difendere l’Europa deve armarsi. Dobbiamo reinvestire massicciamente nella Difesa europea”, ha detto il presidente francese, Emmanuel Macron, nel suo intervento alla conferenza sulla sicurezza di Monaco, che riunisce i leader mondiali in vista del primo anniversario dell’invasione russa dell’Ucraina. E quello che l’inquilino dell’Eliseo auspica sta in realtà già accadendo, visto che la corda agli armamenti va avanti a ritmi frenetici.
Servono più armi e munizioni
Una delle prime lezioni che dal punto di vista bellico ha insegnato il conflitto è che se gli Stati europei vogliono essere pronti a una guerra ad alta intensità devono disporre di più armi e soprattutto più munizioni. Le forze russe in Donbass hanno sparato in una settimana tanti proiettili di artiglieria pesante quanti ne hanno sparati i cannoni da campo Caesar da 155 mm della francese Nexter, in 13 anni di addestramento e di schieramento schieramento in Afghanistan, Libano, Mali e Iraq. Secondo il Think Tank inglese Rusi, l’intero stock di proiettili d’artiglieria da 155 mm dell’esercito britannico sarebbe stato esaurito in soli due giorni dagli artiglieri russi nel Donbass la scorsa estate mentre le forze ucraine le avrebbero esaurite in una settimana. In un giorno medio in Ucraina, gli eserciti contrapposti si lanciano reciprocamente 30mila proiettili. Sono più di 200mila a settimana, quasi 1 milione al mese.
Schizza la produzione
E più bombe e munizioni vengono sparate, più ne vengono prodotte. Da parte sua l’Ucraina di Volodymyr Zelensky può contare su fabbriche in Europa, Stati Uniti e Canada che hanno una capacità potenziale di gran lunga superiore a quella della Russia, che deve fare i conti con le sanzioni di Bruxelles che stanno costringendo Mosca a rivolgersi a Corea del Nord e Iran per le forniture. L’Esercito Usa ha dichiarato che entro questa primavera la produzione di proiettili da 155 mm, uno standard Nato per l’artiglieria, passerà da 14 a 20mila al mese e verranno investiti 2 miliardi di dollari in diversi impianti di munizioni con l’obiettivo di raggiungere una capacità produttiva mensile di 90mila proiettili già l’anno prossimo.
La tedesca Rheinmetall AG sta investendo più di 10 milioni di euro in una nuova linea di produzione vicino ad Amburgo per produrre munizioni per i cannoni antiaerei Gepard che Berlino ha fornito all’Ucraina. La Zvs Holding in Slovacchia ha dichiarato che quintuplicherà la produzione annuale di proiettili da 155 mm, portandola a 100mila entro il 2024 e anche Francia e Australia hanno deciso di collaborare per aumentare la produzione di questo tipo di proiettili.
Non solo bombe
Ma non è solo la produzione di munizioni quella che sta aumentando in maniera considerevole. La Germania del cancelliere Olaf Scholz che il 27 febbraio scorso, dopo soli tre giorni dall’inizio dell’invasione, ha annunciato uno stanziamento di 100 miliardi di euro per gli investimenti militari, oltre il doppio dei 47 miliardi dell’anno precedente. E l’aumento dei finanziamenti sta ridisegnando il settore della difesa tedesco.
Rheinmetall AG sta investendo centinaia di milioni di euro in nuove fabbriche e linee di produzione in patria e in Paesi vicini come l’Ungheria, con l’obiettivo di espandere la produzione di carri armati e munizioni. Diehl Defence sta aumentando la produzione del suo sistema antimissile Iris-T, lodato da Kiev per la sua percentuale di attacco dei bersagli vicina al 100%. Questo sistema sarà centrale nel tentativo di creare uno scudo missilistico europeo a cui hanno già aderito quattordici membri della Nato più la Finlandia.
I record della Polonia
Il Paese che più di tutti si sta armando è al Polonia il cui stanziamento per la difesa per il 2023 è più che raddoppiato rispetto all’anno scorso, arrivando al 4% del Pil, una percentuale più alta di qualsiasi Stato della Nato. Come riporta Bloomberg il piano di espansione polacco ha assunto dimensioni da capogiro e prevede più di 700 nuovi pezzi di artiglieria pesante semovente, un numero sei volte superiore a quello dell’arsenale tedesco, e tre volte il numero di carri armati avanzati che Gran Bretagna e Francia possono schierare insieme.
Varsavia vuole anche quasi 500 Himars, i sistemi di razzi a lancio multiplo a lungo raggio prodotti dalla statunitense Lockheed Martin Corp, una cifra mai vista per l’azienda che farebbe affari d’oro se l’ordine senza precedenti, e che richiederebbe anni per essere portato a termine, venisse approvato da Washington. Intanto che attende la Polonia ha già chiesto 288 unità dell’equivalente sudcoreano dell’M270 statunitense, il gemello più pesante dell’Himars che porta un numero doppio di lanciarazzi. Come se non bastasse il Paese punta ad avere quasi 1.400 nuovi carri armati, tra cui 366 Abrams statunitensi e mille K2 Panther sudcoreani.
Armi testate e migliorate
Oltre a permettere all’industria delle armi di fare affari d’oro, il conflitto ucraino è diventato per le imprese del settore un vero e proprio banco di test per i propri armamenti, in cui studiare come migliorarli e adattarli alle nuove tecniche di guerra. La britannica Bae Systems Plc sta progettando alcune modifiche al Bradley, il carro armato statunitense che l’azienda costruisce, basate proprio sull’esperienza delle truppe di Kiev. Le modifiche includeranno l’installazione di una corazza aggiuntiva sulla parte superiore, per difendersi dai moderni missili anticarro che colpiscono dall’alto, dove la protezione è più debole, e anche dei dispositivi per montare armi anti-drone.
Copiare le tattiche di guerra
Anche Pechino starebbe studiando cosa accade in Ucraina, per affinare non solo le sue armi ma anche le sue tattiche di guerra, in vista di una ipotetica invasione di Taiwan. Basandosi sull’esperienza dei militari russi, che hanno riportato che sull’Isola dei Serpenti hanno abbattuto un caccia ucraino e 12 razzi, l’Esercito Popolare di Liberazione ha dedotto che dovrebbe dotare i suoi marines di sistemi di difesa missilistica al momento dello sbarco, per proteggerli fino all’arrivo delle forze di terra, come ha fatto Mosca.
Fonte: https://www.today.it/mondo/industria-bellica-affari-ucraina.html
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