Ma dici a me?
di PAGINA FACEBOOK (Pierluigi Fagan)
Della recente intervista del portavoce del ministro degli Esteri cinese Wang Wenbin (link a seguire, ringrazio Turi Comito per la segnalazione), gira sui social uno stralcio saporito in cui il cinese ricorda che gli Stati Uniti sono stati in una qualche guerra per 224 anni dei 240 della loro breve storia. Attori protagonisti nell’ l’80% di tutti i conflitti armati del secondo dopoguerra, dalla fine della Seconda guerra mondiale -secondo il cinese- hanno cercato di sovvertire più di 50 governi stranieri, interferito nelle elezioni in almeno 30 paesi e tentato l’assassinio di oltre 50 leader stranieri. A guida NATO sono stati attori promotori delle guerre in Afghanistan, Iraq e Siria che hanno ucciso più di 900.000 persone e creato 37 milioni di rifugiati.
Ma c’era anche una parte precedente di quelle dichiarazioni. Recentemente, pare che gli USA si siano opposti ad un tentativo in sede ONU di regolamentare il commercio d’armi internazionale, armi che sono la ‘ragion per cui’ di vaste organizzazioni criminali, del terrorismo diffuso e dei tanti conflitti irregolari locali che disordinano il mondo. Sostiene il cinese che “secondo i dati del Dipartimento di Stato americano, le vendite militari estere statunitensi nell’anno fiscale 2022 sono aumentate di quasi il 50% rispetto all’anno fiscale 2021, principalmente a causa dell’escalation della crisi ucraina. Versando armi in Ucraina, gli Stati Uniti e altri paesi occidentali stanno rendendo la crisi ucraina più difficile da risolvere. Inoltre, molte delle armi e delle munizioni destinate all’Ucraina vengono contrabbandate da gruppi criminali internazionali nelle mani di criminali in Europa e altrove. Sia l’Interpol che l’Europol hanno messo in guardia su questo. Un leader africano una volta ha affermato che la furiosa guerra in Ucraina è ora una delle principali fonti di armi che rafforzano le fila dei terroristi nella regione del Lago Ciad. Il governo messicano attribuisce la maggior parte della violenza in quel paese alle armi provenienti dagli Stati Uniti. È stato scoperto che l’ISIS e il TTP in Pakistan usano armi statunitensi. Secondo il Center for American Progress, tra il 2014 e il 2016, 50.133 armi originarie degli Stati Uniti sono state recuperate in indagini penali in 15 paesi del Nord America, dell’America centrale e dei Caraibi, il che significa che le armi statunitensi sono state utilizzate per commettere un crimine ogni 31 minuti”. Temi che alle audience politiche governative africane, centro e sud americane ed anche asiatiche suonano diversamente che a noi.
Abbiamo segnalato in un precedente post sul voto all’Onu e sulla ricerca del think tank europeo ECFR che, sebbene noi si sia chiusi in una bolla autoreferenziale di narrazioni tutte interne all’Occidente, lì fuori c’è un mondo maggioritario che ha già sposato il format multipolare, format contro cui gli USA si battono attivamente preoccupati di perdere l’egemonia sul mondo che ha garantito loro settanta anni di enorme potenza, ricchezza, potere. Non è solo una faccenda quantitativa. Gli Stati Uniti ed il loro impero informale sono un sistema, i sistemi vivono di condizioni di possibilità e cambiano al cambiare delle loro interrelazioni esterne ed interne. La contrazione di potenza americana, porterà prima o poi, se non li ha già portati, ad enormi problemi di riformulazione delle loro strutture interne il che in un Paese multietnico, molto diseguale socio-economicamente e culturalmente, molto ignorante e molto armato, con già una guerra civile a fondazione, è un bel problema.
Così, il piano di pace cinese in 12 punti a chi è rivolto? Non certo a Biden è ovvio, non è che cinesi che pure dicono pubblicamente queste cose i cui stralci abbiamo riportato, siano così ingenui. Il piano era rivolto a questo mondo non occidentale che dalla guerra in Ucraina ha solo fastidi, problemi e preoccupazioni. Più che un piano è un invito con premessa per sedersi ad un tavolo. Da una parte ribadisce il principio di convivenza planetaria sul fatto che non si violano i confini per nessun motivo, dall’altra contestualizza la guerra in Ucraina come guerra della Russia verso le minacce di sicurezza portate da tempo dalla NATO. Se si risolvessero queste seconde, si potrebbero risolvere anche le prime, ridare all’Ucraina una parte del maltolto (il Donbass non credo convenga neanche all’Ucraina), sanarne territorio e condizioni materiali per la popolazione e soprattutto varare un grande piano di ricostruzione con una solida prospettiva di entrata nell’UE. Per questo Wang Yi (ex ministro degli Esteri ora braccio destro di Xi per le Relazioni Internazionali), un paio di settimane fa, è venuto in Europa ad incontrare Francia, Italia e probabilmente a Monaco i tedeschi.
Ovviamente questo invito non può esser accettato da Biden, il suo schieramento al momento ha perso neanche tanto ma comunque troppo per mettersi al tavolo a trattare e soprattutto non ha ancora perseguito il suo primo obiettivo che era quello di togliere alla Russia lo status di potenza militare. Se ci si mettesse al tavolo l’Europa coi cinesi si metterebbero in mezzo diluendo in modalità multipolare il conflitto-mondo che gli americani vogliono semplificare in due blocchi avversari irriducibili.
Rispetto a questo o qualsivoglia altro piano di pace, Biden ha solo una scelta, guardarti con ironica aria finto-sorpresa e dire “ma dici a me?” per poi sguainare l’unico strumento diplomatico che prevedono per risolvere le controversie internazionali spesso da loro stessi create: la pistola.
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