Silvio Berlusconi, ecco l’eredità miliardaria ai cinque figli: Fininvest, Mediolanum, Mondadori, le ville
da MILANO FINANZA (Fabio Pavesi)
Cosa accadrà ora è difficile prevederlo, ma di certo il copione non potrà che ripetersi, prendendo di mira le azioni del gruppo televisivo che sul piano simbolico rappresentano il passato, il presente e il futuro della famiglia Berlusconi | IL VIDEO | Silvio Berlusconi, dalla discesa in campo 2,5 miliardi di dividendi Fininvest incassati in trent’anni | Berlusconi, dal Milan al Monza: quanto ha investito il Cavaliere e quanto ha reso la passione per il calcio | Silvio Berlusconi è morto | LA DIRETTA | Silvio Berlusconi, l’ultima intervista a Milano Finanza: vi spiego come si crea ricchezza, dal calcio alla politica alle tv | Silvio Berlusconi, la storica intervista del 1981 a Capital che creò il mito di Mister Tv
Se ne è andato Silvio Berlusconi e ora si apre la partita della successione dell’impero che il Cavaliere ha costruito in oltre 40 anni di attività. Sintomatico del passaggio di testimone sarà la reazione a caldo dei titoli della galassia Fininvest in Borsa. Già nei giorni successivi al ricovero in terapia intensiva lo scorso aprile al San Raffaele di Milano per quella grave polmonite la speculazione si era fatta sentire. Soprattutto su Mfe, l’ex Mediaset i cui titoli già nel giorno del ricovero erano esplosi verso l’alto. Per poi rientrare quando il peggio allora era passato. Più di qualcuno aveva scommesso alla notizia del ricovero sulla imminente dipartita del patriarca della famiglia dando la spinta alle azioni Mfe salite in pochi giorni del 15%.
Cosa accadrà ora è difficile prevederlo, ma di certo il copione non potrà che ripetersi, prendendo di mira le azioni del gruppo televisivo che sul piano simbolico rappresentano il passato, il presente e il futuro della famiglia Berlusconi. L’icona imprenditoriale di Silvio. Ma l’impero di Silvio non è come vedremo solo la ex Mediaset. Già ma cosa c’è dentro in quella cornucopia creata nel tempo dal Cavaliere e che passerà ai figli?
Al centro dell’impero c’è ovviamente Fininvest, la holding finanziaria della famiglia che governa storicamente su tre grandi asset quotati. Le chiameremo le tre M, ossia Mediaset (divenuta Mfe, mediaforeurope); Mediolanum e Mondadori. Fininvest possiede quote poco sotto il 50% in Mfe; ha il 53,3% del capitale di Mondadori e possiede il 30,12% di Mediolanum, la società del risparmio gestito che ha come referente da sempre la famiglia Doris, con cui Berlusconi ha mosso i primi passi come socio rilevante fin dagli anni 80 quando partì il boom dei fondi comuni.
Le quote Fininvest delle tre quotate valgono oggi sul mercato 2,8 miliardi di euro.
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È Mediolanum l’asset pregiato
Il vero gioiello della Corona è – a dispetto del sentire comune che accosta idealmente le tv di Cologno Monzese a Berlusconi – proprio Mediolanum. Il titolo capitalizza oggi ben 6,1 miliardi e la quota Fininvest vale quindi 1,83 miliardi. Di fatto due terzi dell’intero valore del portafoglio delle partecipate quotate di Fininvest.
Non solo, ma la continua crescita di valore di Mediolanum negli anni consente oggi a Fininvest di poter contare su una plusvalenza virtuale di poco più di 1,7 miliardi, dato che la holding dei Berlusconi tiene a bilancio la partecipazione in Mediolanum a un valore di carico di soli 116 milioni. La partecipata più redditizia e ricca della galassia.
E questo spiega il ricorso alla Corte di giustizia Europea di Fininvest contro la decisione dei regolatori bancari di far scendere la quota di Fininvest al 9,99% dall’attuale 30%. Quel tesoro della Corona è troppo importante per la famiglia Berlusconi per farsi diluire. E in ogni caso quel 20% eventualmente da abdicare di Mediolanum vorrebbe dire una plusvalenza secca di 1 miliardo per Fininvest.
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Mondadori a tutta velocità
L’altro tesoretto contenuto in Fininvest è Mondadori che ormai, dopo aver abbandonato il business in perdita della stampa periodica e aver venduto nei giorni scorsi la sua quota nel Giornale agli Angelucci, è il leader indiscusso dell’editoria libraria del Paese. Per la casa editrice di Segrate, al centro negli anni Novanta del duro scontro con la famiglia De Benedetti per il controllo del gruppo, si avvicina il traguardo, per la fine del 2023, del miliardo di ricavi, dopo che il 2022 si è chiuso con 903 milioni di fatturato con una crescita a doppia cifra sul 2021. Mondadori oggi presenta una marginalità industriale del 15% e produce un utile netto oltre il 5% dei ricavi. Il titolo in borsa capitalizza oltre 512 milioni di euro e la quota Fininvest del 53,3% vale poco più di 271 milioni.
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Mediaset (ora Mfe) è l’anello debole
L’anello debole invece oggi è proprio l’ex Mediaset. Incorporata la consociata Mediaset Espana, spostata la sede legale in Olanda ha assunto la denominazione di mediasetforeurope. L’intento è quello di espandersi sul mercato europeo. Ma oggi Mfe è l’ombra di quella che fu Mediaset negli anni ruggenti dell’ingresso in politica nel ’94 del fondatore di Forza Italia e che sbarcò in Borsa nel lontano ’96.
Oggi tutta Mfe che quota con due categorie di azioni A e B vale in Borsa poco meno di 1,5 miliardi. Nel 1999 era arrivata a capitalizzare ben 18 miliardi di euro. Un calo lento e costante accentuatosi negli ultimi anni. Quel business, che da sempre raccoglie la metà delle risorse del mercato pubblicitario televisivo italiano, è fermo ormai. Pesa la saturazione dei mercati italiano e spagnolo e soprattutto l’assalto delle Pay tv con le varie Netflix, Disney, Paramount a conquistare pubblico e adv a scapito della tv generalista. Il mercato è sempre più ristretto e la raccolta pubblicitaria più di tanto non può crescere.
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Occorre una strategia paneuropea, un mercato più ampio a fronteggiare la saturazione del mercato domestico conquistando nuove quote di mercato all’estero. Da qui l’attacco mosso a Prosiebensat, la tv tedesca di cui Mfe ha una quota poco sotto il 29%. Ma anche la tv tedesca non se la passa bene. Il 2022 ha chiuso con un calo dei ricavi del 7% e il margine lordo si è contratto di quasi il 20%. E il debito finanziario netto vale 2,4 volte il margine lordo. E tra l’altro le stime per il 2023 parlano di un anno ancora di stasi. Il titolo ha perso il 16,12% nell’ultimo anno e ben il 74% negli ultimi 5 anni. Anche la vecchia Mediaset pur resistendo sulla marginalità ha perso ricavi. Dal 2015 il gruppo televisivo ha lasciato sul terreno oltre il 25% delle sue entrate. E per Fininvest comincia a farsi dura, dato che Mfe è oggi a bilancio nella finanziaria per un valore di carico di 1 miliardo, mentre in borsa la quota di Fininvest vale oggi poco più di 700 milioni. Certo Silvio non venderà mai il suo asset di riferimento, ma è un fatto che ci sia nei conti della finanziaria di famiglia una minusvalenza latente di almeno 300 milioni sui valori di carico. E anche la quota di Fininvest in prosiebensat è già stata svalutata.
I business collaterali, gli immobili e il Monza calcio
Fin qui le quotate. Poi c’è il valore dei business collaterali, in particolare quelli immobiliari che non essendo quotati sono più difficili da valutare. Guardando ai valori nel bilancio Fininvest si sfiorano i 350 milioni di euro. Ma non è tutto. Berlusconi ha conservato, come ha scritto Repubblica, al di fuori della capogruppo altre proprietà, custodite attraverso la holding immobiliare Dolcedrago. I beni più preziosi della Dolcedrago sono in una controllata di Dolcedrago che si chiama invece Immobiliare Idra. Qui ci sono alcune delle case di famiglia, compresa Villa Certosa, in Costa Smeralda. Il patrimonio immobiliare della Idra è iscritto a bilancio per 426 milioni, una cifra che porta a 3,5 miliardi una possibile stima delle partecipazioni dell’ex premier. E poi c’è Villa Gernetto a bilancio in Fininvest per 45 milioni di euro. E dulcis in fondo l’antica passione del patriarca, il calcio. Dopo il Milan è la volta del Monza. Che corre in serie A ma che, come è quasi prassi nel calcio, perde a bocca di barile.
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Le sette holding dei membri della famiglia che posseggono Fininvest
Fin qui quello che c’è in pancia alla Fininvest. Ma per sapere cosa accadrà a quel patrimonio in caso di successione occorre salire ai piani alti della holding. Sopra Fininvest governano 7 holding personali. Quattro sono in capo a Silvio (le Holding uno; due; tre; ottava) che tutte insieme controllano il 61% della Fininvest. Poi ci sono le holding quinta e sesta possedute dai due figli di primo letto, Marina e Piersilvio ciascuna con il 7,65% de capitale e infine la holding 14 che ha il 21,4% del capitale ripartita in quote paritetiche degli altri tre figli del patriarca (Luigi, Eleonora e Barbara ciascuno con poco più del 7%).
In gioco come si vede c’è il 61% appannaggio del Cavaliere. Come verrà ripartito sarà tutto da vedere. Potrebbero aprirsi più scenari. Vedere cioè i figli di primo letto Marina e piersilvio che governano di fatto sui business operativi andare in maggioranza, o anche vedere ripartito diversamente le quote con la H14 dei figli di Veronica Lario sopravanzare i due fratelli più anziani. In ogni caso è in ballo il 61% della Fininvest, una quota che vale poco più di 2 miliardi di euro. Questa è la cifra cui possono aspirare gli eredi del Cavaliere.
Il perno di Marina la mente finanziaria
Come tutti sanno il perno della famiglia ruota intorno soprattutto a Marina, la mente finanziaria del gruppo a capo di Fininvest cui somma la gestione operativa di Mondadori, ormai una certezza sul piano della redditività. Piersilvio da sempre si occupa delle televisioni in prima persona. L’asset che dovrà trovare una qualche soluzione al lento deperimento delle entrate. La via del consolidamento in Europa è la strada da percorrere. Bisognerà vedere se come predatori o prede.
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