MESsaggio dal capitale: “Tutto mio”
da LA CITTA’ FUTURA (Ascanio Bernardeschi)
Il MES è un’istituzione che pone la finanza al di sopra della democrazia nei paesi che vi fanno ricorso. Ma sono le regole di Maastricht che impediscono altre soluzioni. Non va ratificato e nel contempo va respinta l’architettura dell’Euro. La “sinistra” lo sostiene perché sostiene l’impalcatura dell’Unione Europea. Il governo di destra vi si oppone per motivi di facciata, ma non ne mette in discussione le cause di fondo.
In questi giorni è tornato di attualità il confronto/scontro sul Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), detto anche fondo salva-Stati. Già all’epoca della sua prima modifica intervenimmo per sottolineare le criticità di tale meccanismo e per sconsigliarne la sottoscrizione. Gli Stati in crisi e che vi ricorrono, infatti, vengono sottoposti a vincoli finanziari pesanti e i pochi poteri residui in fatto di politica economica che le regole di Maastricht ancora consentono verrebbero espropriati dal capitale finanziario, il quale non solo imprimerebbe una nuova pressione ai diritti sociali ma impedirebbe anche di rispondere adeguatamente alla recessione che ormai interessa quasi tutta l’eurozona. È stupefacente che sia la destra a opporsi o fare finta di opporsi a esso, scavalcando la cosiddetta sinistra che più europeista e prona al grande capitale finanziario non si può.
È il mercato che decide. Il MES, che si rapporta agli Stati come una banca privata si rapporta a un’impresa, ponendo condizioni che sostanzialmente commissariano il debitore, è istituito proprio perché la regola vigente è che non possa essere la BCE a venire incontro, acquistando i titoli del debito, alle nazioni in difficoltà.
Le condizioni vengono chiamate “programmi di aggiustamento macroeconomico”. Fuori dall’eufemismo significa tagli alla spesa sociale, privatizzazioni e svendita del patrimonio pubblico, società devastata, come è avvenuto in Grecia.
Non replichiamo qui gli altri argomenti sviluppati nel precedente articolo, a cui rimandiamo. Ci proponiamo invece di esaminare questo strumento alla luce della fase economica attuale.
La Germania è già in recessione tecnica avendo rilevato il segno meno nella progressione del PIL per due trimestri consecutivi. L’Italia è data in progresso in termini di PIL, ma ha un interscambio con la Germania elevatissimo: nel 2021 aveva stabilito il record di 142,6 miliardi, record che è stato surclassato nel 2022 con 168,5 miliardi (+18%). Dipendendo così tanto la nostra economia dalle relazioni col partner tedesco, resta difficile non temere che importeremo recessione.
Intanto la presidente della Banca Centrale Europea (BCE) Christine Lagarde ha disposto un nuovo aumento del tasso di interesse. Non limitandosi a ciò, ha annunciato che vi saranno nuovi aumenti, fino a raggiungere prossimamente il 5%, e ha addirittura definito nemici gli “spiriti vacillanti” che criticano il rialzo dei tassi. Il tutto, ufficialmente, per combattere l’inflazione. Poco importa che questa inflazione non sia da domanda o da eccesso di liquidità ma da profitti e da speculazione e che quindi le politiche monetarie restrittive non siano idonee a combatterla. Poco importa che la Federal Reserve USA (FED) abbia fermato, almeno per ora, la rincorsa dei tassi.
Ritenendo che le autorità della BCE non siano incompetenti, c’è da domandarsi perché si persevera in questa politica. Infatti questa rincorsa è idonea a produrre nuova recessione e accelerazione del processo di centralizzazione dei capitali. Le imprese indebitate vedono aumentare i loro costi per interessi e molte rischiano di chiudere o di essere assorbite, determinando una riduzione dell’occupazione; chi ha un mutuo per la casa a tasso variabile (la maggior parte) ha visto spesso addirittura raddoppiare o triplicare le rate di restituzione che nei primi anni sono fatte prevalentemente di interessi, senza che i salari siano stati adeguati all’inflazione. Il che per alcuni significherà perdere la casa, per altri avere comunque meno risorse per il sostentamento della famiglia, tenuto anche conto del fatto che le prestazioni dello Stato si vanno sempre affievolendo con il passaggio del testimone al mercato. Gli stessi Stati più indebitati, fra cui primeggia il nostro, vedranno aumentare i costi della gestione del debito a scapito dei servizi essenziali, non delle spese militari che invece aumenteranno. La paura di perdere il posto di lavoro e la maggiore dipendenza dal mercato si presterà a placare le rivendicazioni dei lavoratori mentre anche gli Stati dipenderanno maggiormente dal capitale finanziario. Ci saranno quindi la condizioni per favorire l’accumulazione che ormai da anni non avviene più attraverso l’espansione produttiva ma, come va affermando da anni David Harvey, per espropriazione [1]. Ecco la risposta alla domanda sulle motivazioni di questa politica.
Ma c’è da considerare anche un altro elemento. La BCE ha terminato l’acquisto dei titoli di Stato in scadenza. L’anno scorso l’Italia, grazie a tali acquisti, ebbe la necessità di collocare nel mercato solo 2 miliardi. Quest’anno il nostro Tesoro dovrà restituire 112 miliardi, tutti da collocare nel mercato con le comprensibili difficoltà di trovare compratori che – abbinate all’aumento generale dei tassi, ai rischi di recessione e al rischio di default del nostro paese – si tradurranno in un enorme onere per la gestione del debito, mettendoci in una grande difficoltà. Se si pensa poi che nel mercato dovremmo affrontare la concorrenza dei titoli dei paesi che accederanno ai finanziamenti del MES, che saranno più appetibili perché meno rischiosi, le difficoltà saranno ancora maggiori e ci sarà da temere anche per il nostro spread.
Allora conta poco che si ratifichi il trattato del MES prospettando che non vi faremo ricorso, come va cianciando Romani Prodi. “Quello che sta avvenendo sul MES” ha affermato “è una cosa surreale, perché è una scommessa a perdita zero: se non lo vogliamo usare, non lo usiamo.” Ma, nel caso ratificassimo il trattato senza utilizzarne il meccanismo, non sarebbe una scommessa a perdita zero, ma una scommessa a perdita sicura, perché metteremmo soldi e si attiverebbe il MES rendendo i titoli dei paesi che lo utilizzano più appetibili dei nostri in quanto avranno un rating più favorevole. Bisogna invece far saltare il meccanismo. La cosa è possibile perché l’Italia ha sottoscritto il capitale del MES per 125,3 miliardi pari al 17,8% del totale di 704,8 e i diritti di voto degli Stati sono proporzionali al capitale rispettivamente sottoscritto. Possiamo cioè esprimere un voto superiore al 15% e possiamo porre il veto, come lo potrebbero fare per la stessa ragione Francia e Germania.
La posizione di Prodi, che non è uno sprovveduto, e della cosiddetta “sinistra”, può avere solo la spiegazione nella cocciuta volontà di non indebolire la gabbia dell’Unione Europea (UE) che sempre più si mostra come un’istituzione antipopolare a sostegno degli interessi imperialistici – spesso neppure i propri ma quelli degli USA, come sta avvenendo con la guerra in Ucraina – e a scapito di quelli dei popoli europei.
Ma anche la posizione del governo di destra è criticabile. Se ha ragione a rifiutare la ratifica (ma lo farà veramente alla fine del salmo?), ha torto a utilizzare questo rifiuto, per ora solo dichiarato, per sventolare un sovranismo sempre meno credibile a causa della subalternità agli USA rispetto alla guerra. Un sovranismo in cui è assente la critica delle regole previste nei trattati europei e nell’istituzione dell’Euro, che sono le stesse per paesi con enormi debiti e paesi con il debito sotto controllo, fra paesi che hanno conti positivi con l’estero e paesi in rosso. Un sovranismo che non denuncia, almeno da quando la destra è al governo, l’espropriazione di sovranità da parte del grande capitale.
La BCE è fra le poche banche centrali al mondo che non possono essere prestatrici di ultima istanza agli Stati. La stessa FED è un prestatore di ultima istanza nei confronti del governo USA in caso di necessità e senza condizioni. Altrettanto le banche centrali inglese, giapponese, russa e cinese. Il problema quindi è di fondo, è l’architettura dell’UE, di cui il MES è un pilastro, è la costituzionalizzazione della supremazia del capitale finanziario sugli Stati e sulla democrazia.
Opporsi al MES solo per una logica di schieramento interno senza mettere in discussione i suoi presupposti è solo demagogia.
Note:
[1] Harvey, David, Breve storia del neoliberismo, Il Saggiatore, Milano, 2007.
FONTE: https://www.lacittafutura.it/editoriali/messaggio-dal-capitale-%e2%80%9ctutto-mio%e2%80%9d
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