“Cercasi schiavo”: nel boom turistico di Mesagne, Brindisi, l’indagine dal basso sullo sfruttamento del lavoro nella ristorazione
di STRISCIA ROSSA (Tania Paolino)
Mesagne è un bel paese in provincia di Brindisi, dalle origini antiche e importanti. Per rispondere al numero crescente di turisti e visitatori, negli ultimi anni si sta dotando di nuove strutture ricettive e sta ampliando il settore della ristorazione, forte della tipicità di alcuni suoi piatti. Mesagne è nel brindisino, in cui caporalato e sfruttamento sono stati spesso scovati e denunciati, perché c’è una società civile attenta, coraggiosa, la quale, per salvaguardare l’immagine del territorio, oltre che per ripristinare legalità e giustizia, è pronta a portare la luce nelle zone d’ombra.
Un questionario sul lavoro nella ristorazione
In questi ultimi giorni, infatti, l’associazione Mesagne Bene Comune ha lanciato un questionario on line, del tutto anonimo, dal titolo provocatorio “Cercasi schiavo”. Il settore interessato è proprio quello della ristorazione, in cui lo sfruttamento dei lavoratori è frequente e spesso taciuto. Il questionario chiede se si è in possesso di contratto e se questo viene rispettato, le ore di lavoro e l’entità della paga, come si reputa l’impegno dei sindacati, delle amministrazioni locali, dell’Ispettorato sul lavoro, si chiede inoltre l’età, il sesso, la nazionalità, il titolo di studio. Si può rispondere, volendo, anche solo parzialmente.
L’iniziativa è stata preceduta da un incontro cui hanno preso parte Marco Marrone, ricercatore in Sociologia dei processi economici e del lavoro, autore di “Rights against the machine-il lavoro digitale e le lotte dei rider”, e Paola Reho, Ispettrice del lavoro presso ITL Lecce, la quale ha affermato la necessità di coinvolgere le scuole, sin dalle primarie, in progetti di informazione e sensibilizzazione sul tema dei diritti legati al lavoro.
Il 20% lavora in nero, per il 62% il contrato non è rispettato
I primi risultati del questionario, pubblicati in grafico e relativi a sole 50 risposte, come era prevedibile, non sono incoraggianti: a fronte di un 18% di testimonianze che ritengono il proprio contratto rispettato, il 62 % dichiara di lavorare più ore ed essere pagato meno rispetto a quanto previsto dal contratto, mentre il 20% lavora addirittura in nero.
Gino Stasi, di Mesagne Bene Comune, con rammarico ha dichiarato: “Le istituzioni, politica e sindacato, non hanno preso alcuna posizione sull’inchiesta, non si sono espressi né in positivo né in negativo, eppure abbiamo organizzato un evento di presentazione, e da diversi giorni ormai la campagna è partita e si sta diffondendo anche sui social e i media locali. C’è un sottobosco nel settore della ristorazione di cui molti sono a conoscenza, ma che non riesce a uscire completamente allo scoperto. E’ necessario, credo, proprio per questo, coinvolgere le scuole, parlare con gli adolescenti, che, nella stagione estiva, una volta in vacanza, trovano lavoro nella ristorazione e accettano qualsiasi condizione, pur di guadagnare qualcosa”.
L’inchiesta di Mesagne Bene Comune offrirà un quadro sicuramente parziale della questione, ma da qui si può partire per ridare dignità del lavoro ai tanti camerieri, lavapiatti, aiuto-cuochi, che rappresentano in Italia una categoria richiesta, eppure spesso sfruttata e sottopagata.
Commenti recenti