Jean-Claude Michéa: un’introduzione
DA LA FIONDA (di Bianca Fazio)
Il breve saggio uscito per le edizioni Meltemi a luglio – Un nuovo paradigma sociale-natura e teoria politica in Jean Claude Michéa – avrebbe dovuto intitolarsi “Michéa, s’il vous plaît!”, che suona alle orecchie di un italofono come “Michéa, se vi piace!”, anche se in realtà rimanda all’espressione francese “Grazie, per favore”. Invece il titolo scelto dalla casa editrice risulta più didattico e corposo, del resto era lo stesso della tesi triennale di Filosofia (alla Statale di Milano) da cui il libro è nato. Ma niente paura: filosofia, antropologia, economia e storia non sono mai state così scorrevoli. Quando ho letto i saggi di Michéa [1]sono rimasta colpita dalla chiarezza espositiva. I concetti prendono la lettera maiuscola e la filosofia diventa alla portata di tutti. Ma la scoperta più importante che ho fatto leggendolo è stata un’altra: forse esiste un modo di ragionare politicamente sul presente che superi l’impasse pratica e torica che caratterizza il pensiero piuttosto atrofizzato della sinistra contemporanea. Divertente, nuovo (certo, non per tutti), provocatorio e radicale allo stesso tempo, Michéa si fa spazio nel dibattito politico dei nostri giorni, dialogando con molte figure intellettuali e militanti del passato[2], e muovendo una critica al paradigma liberale e neoliberale, che considera l’uno l’evoluzione dell’altro.
Che cosa collega la trattazione politica di grandi pensatori del passato come Thomas Hobbes (Leviatano, 1651), John Locke (Secondo trattato sul governo, 1689) e Adam Smith (Ricerca sopra la natura e le cause della ricchezza delle nazioni, 1776) con le moderne rivendicazioni nel campo dei diritti? In che modo la società occidentale ha “risolto” i problemi che erano sorti contemporaneamente alla sua nascita, i problemi messi in luce dalla Rivoluzione Francese prima, dalla nascita dei movimenti socialisti poi, fino alle due guerre mondiali del ‘900? Queste sono le (macro) questioni a cui tenta di rispondere il filosofo francese, con lo scopo di trovare un fil rouge che spieghi e metta in risalto i nodi politici attuali, illuminando anche quelli che per lui sono i motivi del fallimento delle operazioni di quella che era la sua famiglia politica – la sinistra contemporanea.
Le risposte che Michéa ci fornisce sono fatte di collegamenti, scolii e citazioni. La sua trattazione assume la forma di un sistema solo dopo avere composto come in un puzzle tutte le diverse argomentazioni di antropologia, filosofia, psicologia e letteratura di cui vivono i suoi saggi.
Secondo il filosofo, il movimento storico che va dalla modernità fino ad oggi, avviene grazie al rapporto dialettico di due coppie. La prima coppia è quella del Diritto e del Mercato, due luoghi astratti su cui gli uomini hanno costruito le regole della nuova società. La seconda è quella della polarizzazione Destra e Sinistra storiche, le quali, nel campo della politica, hanno giocato ruoli distinti ma entrambi funzionali ad oliare di continuo il funzionamento della macchina del Diritto-Mercato.
I meccanismi del Diritto e del Mercato che si sono sviluppati a partire dal ‘800 poggiano sulle basi antropologiche formulate dai padri del liberalismo nel secolo precedente. Ogni epoca ha le sue problematiche e le risolve secondo lo spirito del proprio tempo: Michéa ci mostra come i moderni risolsero le guerre, le rivoluzioni e la povertà che li dilaniavano creando entità, istituzioni e meccanismi sociali innanzitutto “liberi -da”(da qui, una nuova definizione di “libertà”) qualsiasi orientamento assiologico, etico o morale. La prima mossa del passato, sottolinea Michéa, è stata quella di liberarsi delle vecchie ideologie, e di fare in modo che mai più nessuna potesse ritornare alla guida della società.
Il fatto, che tutti sappiamo, è che quando un mostro esce dalla porta, rischia di rientrare dalla finestra! È possibile che esista e continui a prosperare una società umana senza che si ponga alla guida di essa una forma assiologica, etica o morale? E ancora prima: è certamente vero che ogni forma ideologica o morale condivisa sia necessariamente un male, nonostante le derive ideologiche del passato? Secondo il filosofo francese (e non solo secondo lui) è impossibile che esista e continui ad evolversi una società moralmente neutra, perché l’etica e la morale fanno parte della materia di cui è fatto l’uomo. Ci dobbiamo ricordare che l’uomo e la comunità in cui vive si determinano a vicenda, oppure aveva ragione la prima ministra inglese Margaret Tatcher a dire che “non esiste la società, esistono solo individui”? [3].
Dalla finestra del terribile condominio del capitalismo contemporaneo si insinuano nuove ideologie, frutto della soppressione degli spazi etici e dell’abbandono del dibattito morale da parte della comunità: le ideologie del Progresso e della Crescita. Infatti, prima ancora di significare acquisizione di diritti e accumulo di capitale, esse rappresentano le nuove religioni della modernità. L’ideologia del Progresso poggia sull’idea di libertà negativa e di uomo indipendente per natura, ha come risultante (volontaria o involontaria) la distruzione di qualsiasi legame sociale ed etico, nonché la distruzione di quella conosciuta come “memoria collettiva del passato”. Michéa sostiene che da essa scaturiscono rivendicazioni come quella della “proprietà sul proprio corpo”, delle ideologie no border, della cieca fiducia incontrastata nei confronti di qualsiasi avanzamento tecnologico (e altre). L’ideologia del Progresso, come è evidente, è quella sostenuta e portata avanti dal primo braccio del maccanismo politico contemporaneo, la sinistra. Questa non è altro che la base culturale funzionale al secondo braccio del meccanismo, la destra, esattamente ciò che presta il fianco al nuovo-dio della religione occidentale: l’ideologia della Crescita. La modernità è come la ruota di un criceto, che si muove incessantemente, riproducendo se stessa, col solo fine della crescita economica. In questa metafora gli uomini sono i criceti: le questioni politiche e prettamente umane, quali la salute, una vita degna, la felicità, sono questioni assolutamente secondarie rispetto all’accumulo di capitale, perciò vanno tutte riunite in un gran calderone, quello della libertà negativa, della tolleranza, dell’indipendenza e dell’idea di Progresso, con l’obiettivo di eliminare uno spazio morale comune e qualsiasi forma di dibattito pubblico. Questo vuoto, un vuoto assolutamente innaturale, viene riempito dall’obiettivo della crescita ad ogni costo: l’uomo si trasforma nel lavoratore ideale, nel compratore ideale e infine nella macchina ideale.
Jean-Claude Michéa chiama quest’ultima trasformazione il passaggio da “l’impero del male minore”, quello voluto dai padri del liberalismo, all’ “impero del Bene”, orientato al culto del Progresso e della Crescita, il quale comporta, come ogni nuova fase storica, un fondamentale mutamento antropologico.
Per concludere, secondo il filosofo, la soluzione al problema politico è eminentemente morale. Quindi bisogna ripartire da basi antropologiche reali e nuove concezioni etiche per superare le degenerazioni di un sistema che ha abbandonato le questioni eminentemente umane. Per fare questo si serve di autori fondamentali del ‘900, primo fra tutti il romanziere e saggista George Orwell[4], e avanza alcune proposte teoriche, che si possono accogliere o mettere in questione, come quella di “common decency”, ovvero la “decenza comune”, “la morale dell’uomo comune”. Il terreno per l’edificazione di un progetto che punti alla realizzazione di nuove istanze sociali e alla salvaguardia della natura umana è dissodato. Anche grazie al contributo del filosofo francese di cui ho creduto che fosse necessario riportare alcune tesi (il pensiero dell’autore non si trova tutto dentro questo breve saggio). Ma è un terreno ancora tutto da coltivare, un piccolo libro che forse può essere utile per non restare invischiati in questo presente.
[1]I saggi dell’autore tradotti in italiano: Il vicolo cieco dell’economia, sull’impossibilità di sorpassare a sinistra il capitalismo, 2002, Elèuthera; L’impero del male minore: saggio sulla civiltà liberale, 2007, Libri Scheiwiller; I misteri della sinistra: dall’idea illuminista al trionfo del capitalismo assoluto, 2013, Neri Pozza; titolo Il goal più bello è stato un passaggio, 2014, Neri Pozza; Il nostro comune nemico: considerazioni sulla fine dei giorni tranquilli, 2017 Neri Pozza; Il lupo nell’ovile: diritto, liberalismo, vita comune, 2018, Meltemi.
[2]Marcell Mauss, Guy Debord, Cristopher Lasch, Pier Paolo Pasolini solo per citarne alcuni.
[3]Michéa si rifà all’antropologia di Marcel Mauss, autore del famoso “Saggio sul dono”, da cui è nata la rivista M.A.U.S.S. (Movement Anti-utilitariste dans les Sciences Sociales ), a cui il filosofo francese ha contribuito, insieme ad altri autori quali Serge Latouche, Alain Caillé e Jaques Godbout.
[4]Michéa ha dedicato molti scritti al pensiero di Orwell, autore conosciuto soprattutto come romanziere, ma anche autore di diversi saggi politici e letterari. Michéa su Orwell: Orwell, anarchiste tory, Climats, 1995; Orwell éducateur, Climats, 2003; La Double Pensée: retour sur la question libéral (Climats, 2008)
FONTE:https://www.lafionda.org/2023/07/18/jean-claude-michea-unintroduzione/
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