Siamo seduti su una miniera: la mappa dei tesori dimenticati
di TODAY (Cesare Treccarichi)
Le materie prime scarseggiano e fanno aumentare i prezzi, così il governo ha annunciato la riapertura delle miniere italiane per dipendere meno dall’estero: come stanno davvero le cose
Italia guarda di nuovo alle miniere. Dalla terra potrebbe arrivare nuova ricchezza, in un periodo di scarsità di materie prime: minerali considerati rari e sempre più usati nelle tecnologie che dovranno favorire la transizione energetica come batterie agli ioni di litio, turbine eoliche e celle fotovoltaiche. Queste materie prime ritenute “critiche” dall’Unione europea sono presenti sul territorio nazionale e potrebbero contribuire a ridurre la dipendenza dall’estero, dalla Cina ma non solo. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha annunciato un “ritorno” alle miniere entro fine 2023: nel nostro sottosuolo si trovano infatti “16 su 34 delle materie prime critiche” indicate dall’Ue, ma in miniere chiuse da 30 anni. Per Urso occorre investire per riaprirle: vediamo dove sono le miniere in Italia, cosa si estrae e per quali scopi.
Quali sono le materie prime critiche
La crescente domanda di alcune materie prime nell’Unione europea ha reso questi materiali “critici”, per la loro scarsa disponibilità e importanza strategica. Secondo le previsioni della Commissione europea, la richiesta aumenterà da cinque a sei volte entro il 2030. Il problema è che il continente dipende largamente dalle forniture extra Ue: ad esempio, la Turchia fornisce il 98% delle forniture di borato mentre il Sudafrica fornisce il 71% del fabbisogno di metalli del gruppo del platino. E poi c’è la Cina, che rifornisce il 100% del fabbisogno europeo di “terre rare pesanti”. Per questo motivo la Commissione ha stilato un elenco delle 34 materie prime considerate “critiche”.
Ma le preoccupazioni riguardano anche la domanda di litio, cobalto e nichel, utilizzati nella produzione di batterie dei veicoli elettrici e pannelli fotovoltaici. La nuova strategia di Italia ed Europa punta a stimolare la produzione, potenziando non solo nuove attività di estrazione di materie prime essenziali, ma anche azioni di ricerca e innovazione, per poter diversificare le importazioni e dipendere meno dall’estero. Questi materiali sono infatti essenziali per l’economia europea e la sua crescita futura.
A cosa servono le materie prime critiche
A partire dalle materie prime critiche si producono componenti di tecnologie molto usate e la loro richiesta in futuro può solo aumentare. Parliamo infatti di batterie agli ioni di litio, turbine eoliche, pannelli fotovoltaici, pompe di calore, cavi di trasmissione dati, smartphone, tablet e computer.
Questi materiali sono cruciali per i cinque settori dell’economia europea considerati strategici dalla Commissione: energia rinnovabile, mobilità elettrica, industria ad alta intensità energetica, tecnologia dell’informazione e della comunicazione, aerospazio e difesa. In generale, il progresso tecnologico e la qualità della vita dipendono dalla disponibilità di questi materiali. Ad esempio, uno smartphone può contenere fino a 50 diversi tipi di metalli.
Dove sono le miniere in Italia: la mappa
In Italia ci sono diversi siti minerari da cui si estraggono diversi materiali, ma il loro numero è parecchio cambiato nel tempo. Lo sfruttamento dei giacimenti si è diffuso in particolare a partire dai primi del Novecento, fino al picco toccato nella metà del secolo scorso per poi diminuire man mano fino ai giorni nostri. Secondo l’ultimo censimento effettuato da Ispra, in Italia ci sono 3.016 siti minerari sul territorio nazionale, ma quelli in attività sono residuali: a fronte di 94 concessioni minerarie ancora in vigore, 76 risultano infatti realmente in produzione.
Come si vede dalla mappa dell’Ispra, la maggior parte delle miniere ancora attive è concentrata in Sardegna, Piemonte e Toscana. Le estrazioni di minerali metallici o di altre materie prime è invece nulla o è stata depotenziata nel tempo. Ad esempio, la preventivata riapertura della miniera di Piombo-Zinco-Argento di Gorno, in provincia di Bergamo, è stata bloccata nella fase di valutazione di impatto ambientale. Anche la produzione di zolfo e l’estrazione di amianto – che hanno caratterizzato per secoli la Sicilia -, sono state azzerate, rispettivamente, dagli anni ’80 e ’90.
Quali materie prime si estraggono nelle miniere italiane
Al netto della modesta attività mineraria, in Italia viene estratta solo una delle trentaquattro materie prime critiche individuate dalla Commissione europea. O perlomeno, finora è andata così. In generale, nelle miniere italiane l’attività riguarda l’estrazione di minerali ceramici e industriali (feldspati, caolino, argille refrattarie, bentonite, terre da sbianca), particolarmente diffusi nelle aree granitiche sarde e di marna da cemento, lungo la dorsale appenninica e nelle Prealpi lombardo-venete. Il salgemma è estratto dalle miniere del volterrano e dell’agrigentino, mentre il sale marino proviene delle saline della Sardegna meridionale.
Riguardo le materie prime critiche l’Italia è totalmente dipendente dai mercati esteri, ma in passato diversi di questi materiali sono stati sfruttati sul territorio nazionale. L’unico materiale critico che viene estratto in Italia è la fluorite, nella miniera di Bracciano, in provincia di Roma. Un’altra miniera di fluorite – che però è da riaprire -, si trova in Sardegna, nel comune di Silius, in provincia di Cagliari, dove si trovano dei quantitativi di terre rare ritenuti “interessanti” dall’Ispra.
Ora, le risorse minerarie tornano di interesse pubblico, specie dopo l’annuncio del ministro Urso. Già nel 2020 erano stati richiesti dei permessi di ricerca per la valutazione dell’eventuale ripresa di vecchi siti minerari di minerali metalliferi, soprattutto nell’arco alpino piemontese e lombardo. Sempre nel 2020, si è registrato un interesse notevole riguardo i permessi per l’estrazione delle “salamoie geotermiche” nelle aree vulcaniche laziali, in cui sono presenti livelli elevati in litio e altri elementi, come si vede nella mappa sottostante.
Del sito di Cesano si è occupata un’inchiesta pubblicata da Dossier-RomaToday: su questo giacimento di litio alle porte di Roma ha messo gli occhi una multinazionale australiana.
Il nuovo piano sulle miniere del governo Meloni
Ora, il governo Meloni tramite il Ministero delle Imprese del made in Italy (Mimit) vuole investire nuove risorse per riaprire alcune miniere chiuse da 30 anni, in cui, secondo il Mimit, si troverebbero 16 delle 34 materie prime critiche indicate dall’Ue: cobalto, nichel, rame e argento in Piemonte, “terre rare” in Sardegna, oltre alle citate riserve di litio nel Lazio.
Il responsabile del Mimit, Adolfo Urso, ha annunciato che sarà presentato un documento – un “Dl Microlettronica” – per individuare una strategia per il settore, “perché riteniamo che l’Italia sia il Paese migliore dove investire”.
“Meglio una miniera di cobalto in Italia piuttosto che rassegnarsi venga prodotto in Congo, magari sotto i mitra dei mercenari”.
(Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy)
Le materie prime critiche sono “fattori produttivi indispensabili per una vasta gamma di prodotti strategici come rinnovabili, digitale, settore spazio e difesa, sanità – ha detto Urso durante un’audizione sul tema in Senato -. Il nostro dovere verso le nuove generazioni è rendere autonoma l’Europa. Immagino che chi voglia difendere l’ambiente nel nostro Paese, voglia difenderlo anche a livello globale e coloro che si battono per gli standard lavorativi nel nostro Paese vogliono che anche negli altri Paesi si elevino questi standard. Meglio realizzare una miniera di cobalto in Italia piuttosto che rassegnarsi sia prodotto soltanto in Congo, magari sotto i mitra dei mercenari, per poi essere lavorato in Cina ed esportato in Italia”, ha detto il ministro Urso.
Come detto, queste materie sono essenziali anche per la transizione ecologica, vista la loro presenza in pannelli fotovoltaici, batterie a litio per le auto elettriche e turbine eoliche, tra le altre cose. A maggio 2023 è stato attivato il “Tavolo nazionale per le materie critiche” promosso da Mimit e dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. Ma se il piano annunciato dal governo sembra centrato dal punto di vista economico, sotto il profilo ambientale non sono ancora chiari i risvolti.
Diversi siti minerari sono stati infatti bonificati per i rischi ecologici, sanitari e strutturali, e da qui sono stati recuperati “quantitativi interessanti di risorse minerarie, comprese molte materie critiche, ancora contenute nei depositi di rifiuti estrattivi”, fa notare l’Ispra. In alcune zone minerarie, sono nati anche dei musei: circa 74 siti minerari fanno infatti parte della “Rete nazionale dei Parchi e musei minerari Italiani – (ReMi)”.
Tuttavia, non ci sono dettagli in merito o valutazioni recenti sull’impatto di nuove attività in queste zone; ancora una volta, si dovranno armonizzare le esigenze di una transizione energetica con quelle di un’economia che non può permettersi pause.
Fonte: https://www.today.it/economia/miniere-italia-mappa-dove-sono-estrazione-materie-prime-critiche.html
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