Volere è economia

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8 risposte

  1. da ha detto:

    bell' articolo che però dice cose da cui si dovrebbero trarre indicazioni un pò più radicali:
    non è che l'economia (intesa sia come scienza sociale che come summa della prassi sociale) è in crisi: al contrario è il suo stesso strapotere, il suo essere l'essenza stessa dell' essere sociale che la pone nel bilico di una fondamentale inaccettabilità da parte della natura umana.
    La semisfera politica di quel intero che è l'economia-politica non è affatto l'autorità umanistica che si impone e controlla il meccanismo economico, ma ne è costitutivamente l'ancella: la società civile, mossa dagli antagonismi dei diversi interessi nella competizione per il profitto,  si ricompone (o si divide, che è lo stesso) attorno al suo stesso interesse generale. Interesse generale che si chiama Stato di diritto (di proprietà). Dal mio punto di vista ogni lamentazione e ogni richiamo alla preminenza della politica sull' economia suona stonato.
    Eppure nell' articolo è detta una parola che per me è una parola chiave: disumanità dell' economia (meglio: disumanità della prassi sociale).  Quello che l'autore non coglie è l'estraneità che la stessa prassi socio-economica impone agli individui che ogni giorno la riproducono semplicemente continuando a fare le cose quotidiane. L' atomismo sociale, qui appena accennato, non può essere ben compreso se lo si coglie dal verso di una pratica individualistica da stigmatizzare: esso è un comando alienato e alienante che ha genesi sociale . La sua disumanità consiste nell'impedire il dispiegarsi di una umanità sempre da conquistarsi.

  2. Lorenzo ha detto:

    Che sarebbe questa umanità che volete conquistare?

  3. da ha detto:

    ho buttato la palla troppo in là, fai conto che l'ultima frase non l' abbia scritta

  4. Lorenzo ha detto:

     
    Concordo sul fatto che il sistema va in rovina nella misura in cui dà realizzazione alla sua fictio dell’homo oeconomicus, l’individuo sradicato mosso da pulsioni egoistiche. Mano a mano che i pregiudizi aggregativi di ordine familiare, politico o religioso si indeboliscono la società divene un arraffa arraffa di banksters reali o aspiranti tali che ambiscono solo a fregarsi l’uno coll’altro.
     
    Non concordo invece col tuo concetto di alienazione, di evidente ispirazione marxista. Non esiste una natura umana primigenia alienata dal comando sociale. Esiste solamente un numero sconfinato di culture (plessi di parametri restrittivi e condizionanti) – tutte ugualmente fraudolente e arbitrarie se esposte al tribunale della ragion critica – entro cui la natura gregaria dell’essere umano trova il proprio ambito di sviluppo.
     
    Il problema odierno è che le enormi potenzialità espansive del capitalismo per un verso hanno elevato all’ennesima potenza la complessità della struttura sociale, per altro hanno indotto un’accentuazione patologica delle componenti atomistiche.

  5. da ha detto:

    "Non esiste una natura umana primigenia alienata dal comando sociale"

    Concordo, del concetto di alienazione marxiana viene spesso data questa lettura elementare, geometrica, di provenienza religiosa (con tutto il rispetto) , lettura alimentata, hai ragione, anche da molti marxisti che a Marx hanno fatto dire tutto e il contrario di tutto.

    Senza addentrarci troppo nel concetto marxiano di natura umana, concetto ben presente, ben radicato e in accordo con la consustanzale concezione storica dell' essere umano, l' estraneamento non si contrappone alla perduta pienezza originaria dello stato di natura, al contrario contrappone una potenziale libera individualità (sempre avvertita e mai attualizzata stabilmente) al dominio reificato del sociale, ovvero del politico ovvero dell' economico.

    Le tradizioni materiali e culturali testimoniano sia questa potenzialità per lo più inespressa sia, per forza di cose, la potenza sociale a cui esse sono state subordinate, la cui trama si  alimenta con l' estraneare sempre più  dai soggetti produttori il frutto del proprio operare materiale e spirituale.

    Io stesso mi ritengo un tradizionalista (sulla scorta soprattutto di Marx) ma non un passatista, se nella tradizione si coglie  la maturazione storica di antichi pensieri e aspirazioni, e proprio in virtù di questo  ritengo che le possibilità non si siano affatto esaurite con questa modernità fatta di capitale, stato, mercato, merce, denaro ecc

  6. Lorenzo ha detto:

    Per quel poco che capisco di marxismo l'interpretazione che tu chiami elementare è anche quella filologicamente corretta.
     
    E comunque, tutti questi aneliti liberatori sono fantasie per animi religiosi. Aveva ragione Freud quando scorgeva nell'infelicità umana la controparte ineludibile dell'allontanamento dallo stadio animale; l'alienazione è il destino di "un'epoca che ha mangiato del frutto proibito che pende dall'albero della conoscenza" (M. Weber).

  7. da ha detto:

    no, errato: insisti a pensare l'alienazione come peccato originale. invece l'opposizione alienazione/disalienazione è una delle forze profonde del divenire storico
     

  1. 19 Gennaio 2013

    […]   […]

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