Nel suo tour ha incontrato, tra gli altri, McCarthy, della Camera dei Rappresentanti, il centenario, ma lucidissimo Henry Kissinger e soprattutto il Presidente degli USA Joe Biden.
Si è discusso di numerosi temi, tra i quali lo scontatissimo sostegno all’Ucraina, e quindi alla prosecuzione della guerra, i rapporti tra Washington e Roma, la questione africana e – tema particolarmente scottante – i rapporti tra Italia e Cina, soprattutto in vista della scadenza, a dicembre di quest’anno, della partecipazione dell’Italia alla Via della Seta, a suo tempo siglata da Giuseppe Conte.
Come c’era ampiamente da aspettarsi, le notizie sul viaggio diplomatico della premier italiana vengono infarcite di numerose dichiarazioni di facciata da parte dei nostri mass–media e ne esce fuori la consueta immagine del rapporto USA–Italia come dettato da “solidi rapporti di amicizia”.
La realtà tuttavia è molto diversa.
Non perché la Meloni voglia mettere in discussione l’orientamento del Governo Draghi, improntato a una forte subalternità del nostro paese nei confronti di Washington. Anzi, su questo l’attuale governo appare in perfetta sintonia col precedente. Ma perché parlare di “alleanza” (o addirittura di “amicizia”) è del tutto fuori luogo, soprattutto da un anno e mezzo a questa parte.
Infatti a partire dall’intervento militare russo in Ucraina nel febbraio dello scorso anno, qualcosa è mutato nel rapporto tra Stati Uniti e paesi europei, Italia compresa. In modo particolare i paesi dell’Unione Europea più forti, Germania e Francia, hanno smussato non poco le loro velleità di autonomia, finendo sostanzialmente per piegarsi – non senza qualche recalcitramento – alla linea atlantista, che è quella delle crescenti sanzioni alla Russia. Sanzioni che hanno prodotto danni limitati e temporanei a Mosca e che invece hanno come principale effetto (voluto?) quello di indebolire in modo particolare la Germania, ma anche la stessa Italia, considerando gli importanti legami economici che avevamo con i Russi, a partire, come è noto, dalle fonti energetiche.
Insomma, la subalternità storica che, a partire dal dopoguerra, abbiamo sempre avuto nei confronti di Washington, ha subito un netto rafforzamento.
L’invio, alcuni mesi fa, della portaerei italiana “Cavour” nel Mar Cinese in appoggio alla politica militare aggressiva e provocatrice degli USA nei confronti di Pechino è un segno tangibile di tale atteggiamento a dir poco servile da parte nostra.
I cinesi, dal canto loro, hanno ben colto il mutamento che c’è stato in Italia negli ultimi anni e infatti nella sua recente visita in Europa il Ministro degli Esteri Qin Gang è andato in Francia e in Germania, ma non a Roma.
Il punto centrale nella visita della Meloni negli USA è stato proprio il rapporto tra il Bel Paese e Pechino. Se il Governo Conte, in un ultimo sussulto di autonomia politica, era riuscito a far aderire l’Italia alla Via della Seta cinese, ora quest’adesione è seriamente rimessa in discussione e Biden non risparmia “avvertimenti” rivolti al nostro paese a sganciarsi da questa.
Quando si parla di Via della Seta cinese si intende una vastissima rete, in via di costruzione, di collegamenti e infrastrutture che spazierà tra il Continente asiatico, quello europeo e l’Africa. Una potenziale area commerciale composta da miliardi di persone e da gigantesche risorse, che aprirebbe delle immense prospettive di sviluppo per il nostro paese, favorito anche dalla sua collocazione geografica.
Tutto ciò ora rischia seriamente di svanire, se – come appare molto probabile – la Meloni finirà per cedere alle pressioni degli USA e non rinnoverà l’accordo con Pechino, che scade nel dicembre di quest’anno, gettando alle ortiche un’occasione favolosa e condannando l’Italia ad una quasi certa decadenza economica.
Ultimo, ma non per importanza, è il tema dell’Africa, anch’esso trattato dalla Meloni e da Biden.
Anche in questo caso, al di là delle dichiarazioni di facciata e delle buone intenzioni, la realtà che si sta tendenzialmente configurando, è tutta un’altra.
I paesi africani, infatti, nel complesso guardano sempre meno all’Europa e agli USA, viste come le potenze colonizzatrici. Significativa è, in questo senso, la notevole perdita di influenza da parte della Francia su diversi paesi del Continente Nero.
Essi viceversa guardano con crescente interesse alla Russia e soprattutto alla Cina e in genere ai paesi del BRICS (di cui fa parte anche il Sudafrica e che potrebbe presto arrivare a comprendere altri paesi, anche africani, come l’Egitto o l’Algeria).
Peraltro negli stessi giorni della visita della Meloni negli USA, si è tenuto a San Pietroburgo il secondo vertice Russia–Africa, che ha visto la partecipazione di ben 49 paesi africani – alla faccia del presunto isolamento internazionale di Mosca – e che ha sancito un poderoso aumento dei legami economici tra queste due realtà; legami che prevedono anche di bypassare l’utilizzo del Dollaro come valuta di scambio. Inoltre vi sarà un aumento della cooperazione in settori strategici, tra cui quelli militare e informatico.
Mi risulta ostico – in questo contesto – comprendere che tipo di ruolo potrebbe in futuro esercitare l’Italia nel continente africano, soprattutto se deciderà di mandare a monte la Via della Seta cinese.
FONTE: http://www.laboratorio-21.it/meloni-da-biden-per-difendere-la-nostra-sovranitalimitata/
Una atlantista nn difende l’Italia, ma gli usa da buon vassallo.