Sudan: sangue e stallo dei negoziati. Fino a quando?
di DIFESA ONLINE (Enrico Magnani)
La guerra civile è prossima al suo quarto mese, senza alcun accordo in vista. Il governo di Khartoum ha esteso la chiusura dello spazio aereo fino a metà agosto1. Il conflitto è scomparso dai media mentre i negoziati sono in fase di stallo. Senza una risoluzione immediata, la guerra potrebbe destabilizzare l’intera regione.
La guerra del Sudan tra l’esercito regolare e le forze di supporto rapido (RSF, o janjaweed organizzati) infuria in particolare nella capitale Khartoum e nelle regioni del Darfur e del Kordofan e ha causato migliaia di morti, 700.00 rifugiati e tre milioni di IDPs (Internally Displaced Persons).
Allo scoppio del conflitto, vi sono state diverse iniziative per mettervi fine ma con effetti insignificanti sul terreno. Nei primi giorni, gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita hanno cercato di garantire il cessate il fuoco per creare corridoi umanitari. Tuttavia, dei 12 cessate il fuoco dichiarati, nessuno ha avuto successo.
Il Sudan, paese complesso (ha 56 gruppi etnici ed i suoi 48 milioni di abitanti parlano più di 115 lingue e dialetti) è rapidamente uscito dal ciclo delle notizie poche settimane dopo l’inizio della guerra, quando i cittadini stranieri sono stati evacuati con successo, analogamente all’Afghanistan nell’agosto 2021, quando gli Stati Uniti hanno ritirato le truppe dopo 20 anni. Il paese in genere riemerge solo se la storia è collegata al Wagner Group e alla Russia.
Fonti riferiscono che le RSF starebbero ricevendo sostegno dagli EAU attraverso aree controllate da Wagner nella Repubblica Centrafricana. Questo potrebbe essere realistico, soprattutto dopo che elementi delle RSF hanno catturato la base militare strategica di Om Dafoug al confine tra i due paesi.
Le RSF ora avrebbero il controllo di una fascia di territorio da Om Dafoug a Omdurman, la città gemella di Khartoum sulla riva occidentale del fiume Nilo, facilitando il flusso di armi2. Questo controllo rende facile per loro contrabbandare armi nella capitale, Khartoum, le cui posizioni strategiche sono state occupate dalle RSF (tranne la base aerea di Wadi Saeedna, e altre due installazioni), nonostante siano la metà, in termini dimensionali, delle forze regolari.
Un rapporto dei media ha suggerito che almeno 28 voli tra gli EAU e la Repubblica Centrafricana hanno avuto luogo entro due settimane a maggio, mentre altri aerei avrebbero esportato oro dalle zone controllate dalle RSF alla Russia3.
Gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita, nonostante una presunta influenza sui generali combattenti, Abdelfatah al-Burhan, capo dell’esercito sudanese, e Mohamed Hamdan Daglo (meglio noto come Hemeti), capo delle RSF, non hanno impegnato sinora un grosso capitale politico negli sforzi diplomatici. Questo approccio è stato dimostrato molto chiaramente quando hanno annunciato che avrebbero interrotto i colloqui a Jeddah per le festività dell’Eid al-Adha e da allora i tentativi per riannodare il dialogo arrancano, le delegazioni sono a Jeddah dalla metà di liglio ma non si hanno notizie di sviluppi4.
Alcune sanzioni economiche sono state imposte a entrambe le parti in guerra da parte degli USA, congelando i beni di alcune società note per sostenerle finanziariamente. Un passo simile è stato fatto dal Regno Unito, ma con scarsi effetti.
Le parti in conflitto proseguono nelle loro operazioni economiche finanziarie, nel solco di quanto fatto dal regime dell’ex presidente Omar al-Bashir, che è sopravvissuto a 20 anni di sanzioni da parte di Washington stipulando intese con Cina e Russia. Con i suoi forti legami con la Russia, al-Burhan ha inviato una delegazione a Mosca all’inizio di questo mese guidata da Malik Agar, il nuovo vice capo del consiglio sovrano.
L’esercito ha mostrato il suo potenziale per seguire le orme di Bashir attaccando i rappresentanti occidentali e dichiarando persona non grata il capo della missione dell’UNITAMS (UN Interim Transition Assistance in Sudan), l’orientalista tedesco Volker Perthes, due settimane dopo essere stato accusato di aver infiammato il conflitto, aggiungendosi alla lunga lista di dirigenti delle Nazioni Unite espulsi da Khartoum5. Successivamente ha rifiutato l’iniziativa dell’organismo regionale, l’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (IGAD), attualmente guidata dal Kenya, accettando invece l’iniziativa dell’Egitto, anche se con scarsi o nulli risultati.
Come tutti questi conflitti, le conseguenze sono pesanti per le popolazioni civili, con il collasso delle strutture sanitarie, esplosione dei prezzi delle derrate alimentari e loro scarsità, e come accennato migliaia di sfollati, sia all’interno che nei paesi circostanti, che già hanno i loro problemi.
Nonostante lo stallo negoziale, sembra che le RSF siano ora più disposte a negoziare, tuttavia la leadership militare, sostenuta da molti elementi dell’ex presidente Al-Bashir rientrati nei ranghi, rifiuta (in difficoltà, non vuole farsi imporre diktat), criticando duramente il generale Shams al-Din Kabashi, importante leader della giunta, che annunciava il potenziale riavvio di negoziati con le RSF a Gedda e che l’esercito è aperto ad avere un governo civile fino alle prossime elezioni.
L’unica opzione per il riavvio del dialogo è una seria pressione su Arabia Saudita, EAU ed Egitto, schierati, anche se in maniera volatile e strumentale, con le parti. Gli EAU sarebbero riusciti a inviare equipaggiamento militare attraverso l’aeroporto chadiano di Amdjarass, vicino al confine sudanese del Darfur, alle RSF6. Segnalazioni non confermate riportano che aerei egiziani avrebbero attaccato convogli delle RSF (bisogna ricordare che il generale al-Burhan e il presidente Al Sissi sarebbero amici personali, sin dai tempi dell’accademia militare del Cairo), uno proveniente dalla Libia orientale, dove Hemeti ha forti legami, e l’altro dal Kordofan a Omdurman7.
A meno che non vengano esercitate pressioni affinché cessino i sostegni alle due parti in guerra, il conflitto prolungato destabilizzerà l’intera regione dal Sahel al Corno d’Africa. Non si deve dimenticare che tra le poste in gioco c’è il futuro della base navale di Port Sudan, che se finisse in mano alla Russia (senza dimenticare la Cina), sarebbe un coltello alla giugulare dei traffici marittimi dell’asse Mediterraneo-Canale di Suez-Mar Rosso-Stretto di Bab el Mandeb-Oceano Indiano8, senza contare il possibile riemergere di gruppi jihadisti come Boko Haram e ISIS; moltissimi erano detenuti a Khartoum e alcuni dei loro membri sono evasi dalle carceri sudanesi all’esplodere del conflitto.
Qualora si arrivasse a una tregua, sarebbe necessario il monitoraggio del cessate-il-fuoco, cosa che sarebbe un problema, in quanto in una fase come questa è sempre più difficile trovare attori neutrali e/o imparziali accettabili ai due contendenti. Il meccanismo imporrebbe forze di controllo delle linee di tregua e/o osservatori, in quanto le tregue precedenti sono tutte saltate per la loro assenza. La stessa IGAD9 risulta essere una realtà debole e divisa al suo interno10 e le forze regolari hanno già boicottato la riunione promossa dall’organismo regionale11.
La soluzione sarebbe esercitare pressioni su entrambe le parti, come fatto dagli USA nel 2005 quando è stato firmato l’Accordo di pace globale che ha separato il Sudan dal Sud Sudan, allargato al fronte civile.
1 Sudan extends airspace closure until Aug. 15 due to conflict, Reuters, 31.07.2023).
2 Wagner Group Amplifies Sudan Conflict With Weapons Drop, Africa Defense Forum, 09.05.2023).
3 Sudan’s gold: The precious metal used to fund conflicts, the new Arab, 09.05.2023; With Weapons And Gold Mining, Wagner Cashes In On Sudan Chaos, Africa Defense Forum, 16.05.2023
4 Sudan Government Representatives Arrive in Jeddah to Resume Talks With RSF, Voice of America, 15.07.2023
5 Sudan declares UN envoy Volker Perthes ‘persona non grata’, 23.06.2023 Al Jazeera; Big-Power Rivalries Hamstring Top U.N. Missions, Foreign Policy, 22.07.2020
6 Four Months of War in Sudan: Civilians Trapped and Negotiations out of Sight, Wilson Center, 31.07.2023
7 Sudan’s Ghosts of Darfur Come Back to Haunt It, Foreign Policy 19.06.2023
8 la Russia, a febbraio, prima della guerra civile, ha ottenuto dal Sudan, l’accesso, abbastanza limitato a quella base, Sudan’s Leader Agrees to Host Russian Naval Base on Red Sea, The Maritime Executive, 12.02.2023
9 Autorità intergovernativa per lo sviluppo [in inglese Intergovernamental Authority on Development – IGAD] è un’organizzazione internazionale politico-commerciale formata dai paesi del Corno d’Africa, fondata nel 1986. Ne fanno parte Eritrea, Etiopia, Gibuti, Kenya, Somalia, Sudan, Sudan del Sud [dal 2011], Uganda
10 solo con molta fatica è stato possibile stabilire un meccanismo di sorveglianza tra le parti nel Sud Sudan, oltretutto finanziato dalla comunità internazionale, IGAD Monitoring and Verification Teams commence operations in South Sudan, Reliefweb, 15.04.2014)
11 Sudan govt boycotts regional peace talks in Ethiopia, Africa, Africa News, 10.07.2023
Fonte: https://www.difesaonline.it/geopolitica/analisi/sudan-sangue-e-stallo-dei-negoziati-fino-quando
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