Sullo sfondo il fiato sul collo di Bruxelles. “La Commissione europea – sottolinea Giorgetti a Rimini – rispetto a qualche anno fa ha completamente cambiato paradigma rispetto alla clausola generale che non si è applicata in questi anni per il Patto di stabilità e crescita che forse, spero di no, partirà dal primo gennaio 2024″. Quasi a tempo record fonti del Mef hanno voluto subito precisare che con questa frase “il ministro non chiede la proroga della sospensione della clausola del Patto di stabilità in vigore fino al 31 dicembre 2023 ma ha espresso l’auspicio che entro la fine dell’anno sia approvata la riforma del patto di stabilità in modo da poter entrare in vigore al posto delle vecchie regole dal primo gennaio 2024″.
“I prossimi mesi – afferma Giorgetti – li vedo con un governo responsabile, l’abbiamo sempre ribadito, responsabile anche in termini finanziari, ma anche che chiede all’Europa di capire il senso della storia e del momento che stiamo vivendo, altrimenti diventa tutto molto più complicato e magari anche autolesionista“. Giorgetti riferisce che di fronte all’Unione Europea la linea italiana è stata questa: “Noi non facciamo un problema di debito o mancata riduzione del debito, ma vogliamo che gli investimenti siano trattati in modo privilegiato e meglio rispetto alle spese correnti. Non possiamo in un momento in cui siamo ancora in una situazione eccezionale tornare a delle regole ignorano la necessità di accompagnare e aiutare famiglie e imprese nella trasformazione che stiamo vivendo”. “Spero che in Europa quando decideremo a settembre sulle nuove regole se ne tenga conto” conclude il ministro.
Giorgetti affronta anche la questione Pnrr, sul quale il governo è andato avanti un po’ a zigzag e sul quale è stato più volte sollecitato per esempio dal presidente della Repubblica. “Oggi più che mai – rileva il ministro – siamo chiamati, e la responsabilità del governo in questo senso è massima e l’impegno pure, per quanto riguarda questo benedetto Pnrr, abbiamo queste risorse, che non possono essere sprecate e che devono essere usate nel modo migliore possibile. Non c’è semplicemente il puntuale rispetto, il fare in fretta, ma fare bene. Se fare in fretta significa fare male, è meglio fare bene ma valutare attentamente le situazioni, perché è un’occasione unica”.
Nell’intervento a Rimini Giorgetti non parla esplicitamente di salario minimo, tema diventato caldo su spinta delle opposizioni e ancora di più della cronaca di tutti i giorni con i racconti degli stipendi di alcune categorie. Per il ministro bisogna “abituarci a ragionare in modo diverso rispetto a quanto fatto dagli anni Settanta ad oggi: innescare crescita e quindi sviluppo alimentando soprattutto la domanda. Penso che invece ci si debba concentrare moltissimo sul lato dell’offerta, della dimensione delle imprese e anche del lavoro. Il tema dell’offerta del lavoro, della qualità e della giusta ed equa remunerazione del medesimo è un tema fondamentale”. Il ragionamento di Giorgetti è che “se riflettiamo sulla crescita economica o sullo sviluppo è estremamente opportuna – anche se scontata, inflazionata e quali banale – l’aggiunta del termine sostenibile. Lo sviluppo sostenibile è oggi declinato sotto l’aspetto più ambientale, che è fondamentale, ma se uno affronta la questione a tutto tondo non può negare che il sistema si tiene se le generazioni hanno una continuità e se c’è una solidarietà intergenerazionale“.
Ma che volete… Che dia onore alle dichiarazioni della lega? Popolo senza memoria.