Intervista dell’agenzia di stampa russa RIA Novosti all’Ambasciatore della Federazione Russa nella Repubblica Italiana Alexey Paramonov
da AMBASCIATA RUSSA IN ITALIA (Ufficio Stampa)
Signor Ambasciatore, sono già trascorsi quattro mesi dal momento in cui Lei si è insediato a Roma come nuovo Ambasciatore della Federazione Russa. In generale, come descriverebbe la situazione attuale nei rapporti con l’Italia, Paese che Lei conosce molto bene e nel quale, in passato, ha lavorato a lungo?
A mio parere, le relazioni tra la Russia e l’Italia stanno attraversando un momento drammatico. Già da un anno e mezzo osserviamo come l’Italia, soggetta a influenze derivanti dall’appartenenza a un blocco, alle pressioni esterne e a reazioni emotive, abbia finito per allontanarsi unilateralmente dalla Russia. Roma ha aderito a tutte le possibili azioni anti-russe: la fornitura di armamenti e di informazioni di intelligence al regime di Kiev, la diffusione della propaganda ucraina anti-russa, e così via. E, ahimè, allo stesso modo degli altri membri della NATO, la Repubblica Italiana ha preso indirettamente parte al conflitto ucraino schierandosi a fianco di Zelensky.
Nonostante ciò, per il momento Russia e Italia mantengono le relazioni diplomatiche. I nostri interlocutori a Roma, compresi quelli ai vertici, dichiarano di continuo che ciò non è meno importante di quanto lo fosse prima, quando la situazione a livello globale era diversa. Noi utilizziamo questi canali per trasmettere informazioni, comunicati ufficiali di vario genere, difendere gli interessi di persone fisiche e giuridiche, e per preservare anche solo un livello minimo di comunicazione interstatale, ma anche per scongiurare pericolosi malintesi riguardanti aspetti chiave delle relazioni bilaterali e internazionali. Bisogna riconoscere che il danno arrecato ai rapporti tra i nostri due paesi è enorme, ma se il punto di non ritorno ancora non è stato raggiunto, non è certo saggio sostare in equilibrio instabile.
Per quanto noto, Lei finora non ha mai circoscritto i suoi contatti alle autorità e ai loro rappresentanti ufficiali, ma ha sempre cercato di relazionarsi con il maggior numero possibile di italiani. Che cosa pensa riguardo al rapporto tra l’opinione pubblica italiana e la posizione del Governo sulla questione riguardante la fornitura di un’assistenza a tutto campo, quindi anche militare, all’Ucraina?
I nostri rapporti con la società civile italiana, e cioè con i cittadini comuni che non ricoprono incarichi amministrativi, ci rassicurano in merito alla saggezza, al buon senso e all’apertura del popolo italiano. La gran parte degli italiani si posiziona inequivocabilmente a favore del mantenimento di un rapporto amichevole con la Russia. Non si augurano altro che il conflitto ucraino possa terminare rapidamente, che le sanzioni siano ritirate e che si possa tornare al dialogo costruttivo e reciprocamente vantaggioso che esisteva prima. Molti italiani, essendo cattolici e autentici sostenitori delle posizioni antimilitariste, danno ascolto alla visione umanitaria ed equilibrata di Papa Francesco. Sostengono gli sforzi diplomatici da lui compiuti e comprendono perfettamente che è soltanto perché l’Italia e gli altri paesi occidentali stanno inviando a Kiev grandi quantità di armi e di altri aiuti militari che il conflitto in Ucraina non accenna a concludersi. Questa estate, alcuni attivisti locali hanno anche cercato di indire un referendum per la cessazione della massiccia erogazione di armi in favore del regime di Zelensky. Anche in una situazione di totale boicottaggio dell’informazione, sono riusciti a raccogliere circa 400.000 firme, cosa che mostra in maniera eloquente quale sia il sentimento prevalente.
Dalle più alte cariche italiane abbiamo udito frequentemente dichiarazioni riguardanti la necessità di arrivare a una risoluzione del conflitto in Ucraina per vie diplomatiche. E tuttavia, allo stesso tempo, il Governo italiano continua a fornire armi alle autorità di Kiev. Che cosa può dire a questo proposito? Qual è la logica che sta dietro a simili decisioni?
Nel suo approccio alla risoluzione della crisi in Ucraina, l’attuale Governo italiano non sta dando prova di particolari inclinazioni diplomatiche.
Se prendiamo le dichiarazioni rilasciate dalle alte cariche dello Stato, notiamo che si riducono ad affermazioni inconsistenti, secondo le quali per porre termine al conflitto è necessario riunire gli sforzi e fornire a Kiev quanti più armamenti possibile, aiutare Zelensky a vincere e ottenere così quelle che loro definiscono “pace giusta” e “libertà dell’Ucraina”.
L’affermazione più sconvolgente che sentiamo a Roma è che Zelensky e il suo regime starebbero difendendo i principi cardine della civiltà europea e, allo stesso tempo, anche le radici antifasciste della Costituzione italiana. Ci tocca spiegare ai nostri interlocutori che, in realtà, Kiev professa l’ideologia dei criminali hitleriani e dei loro complici Bandera, Šhukhevych e Konovalec’: ideologia che prevede di “liberarsi” da tutto ciò che è russo, e quindi proibire la lingua, la letteratura, la musica, la religione e molto altro, rifiutando di conseguenza la propria storia. È l’ideologia di un piccolo führer, nel quale si è tramutato il personaggio che adesso risiede negli uffici della Presidenza ucraina. La Repubblica Popolare di Donetsk, la Repubblica Popolare di Lugansk, e poi anche le oblast’ di Zaporozhye e di Kherson, se ne sono convinte nei fatti fin dal 2014, tanto che in occasione dei referendum, hanno espresso l’auspicio diliberarsi da tale ideologia e di tornare alla Russia.
Lei legge costantemente la stampa italiana, e guarda la televisione locale. E, allo stesso tempo, deve relazionarsi con i rappresentanti delle élite del mondo politico e degli affari, nonché con eminenti intellettuali. Secondo Lei, in Italia si è riusciti nell’intento di creare un’immagine negativa della Russia?
Purtroppo, l’informazione italiana di mainstream, in quanto parte dello spazio mediatico panoccidentale, non fornisce informazioni esaustive sulla Russia. I media locali tacciono intenzionalmente in merito a quasi tutte le notizie relative all’agenda interna della Russia, allo svolgimento di importanti forum internazionali, ai successi ottenuti nella realizzazione dei piani di sviluppo nazionale, alla vita culturale, ai progetti infrastrutturali e di rigenerazione delle aree urbane ecc. Si tratta di obiettivi che nessuno ha revocato, e che, nel contesto dell’Operazione Militare Speciale, sono al centro dell’attenzione delle autorità e dell’opinione pubblica in Russia.
Tra l’altro, la propaganda locale è riuscita a creare un alone di tossicità attorno a qualunque personalità che mostri reazioni positive nei confronti della Russia e delle sue azioni. Alla propaganda possono far seguito non solo linciaggi mediatici, ma addirittura l’interruzione della carriera e gravi danni sul piano della reputazione. Per questa ragione, molti di coloro che la pensano come noi, e in Italia ce ne sono molti, non si espongono pubblicamente.
Un tempo, Russia e Italia sono riusciti a costruire un patrimonio significativo nell’ambito della collaborazione a livello economico e commerciale. Adesso la situazione è cambiata radicalmente. Così, ad esempio, Roma ha intrapreso la strada del totale rifiuto del gas russo. Cosa può dire al riguardo?
Tutti in Italia sono preoccupati per il peggioramento delle condizioni socio-economiche, per i prezzi saliti alle stelle, per la crescita del tasso di povertà, per l’aumento del debito pubblico e del deficit di bilancio.
In questo contesto, manca totalmente una narrativa, una spiegazione chiara riguardante le cause di tale crisi. In effetti, un ruolo significativo lo hanno giocato le sanzioni, e il sovvertimento da parte dell’Occidente di un modello sostenibile di cooperazione economica tra la Federazione Russa e l’Unione Europea. Ad esempio, l’Italia di sua iniziativa ha già tagliato l’acquisto di gas naturale a basso costo dalla Russia passando da 30 a 8 miliardi di metri cubi, ed intende rinunciare del tutto ai vettori energetici russi. Di qui, l’aumento della spesa per la ricerca di nuovi fornitori, metodi di consegna e catene logistiche. Parallelamente, i costi delle bollette e di beni di prima necessità, tra le altre cose, hanno subito una forte impennata. Lo verifichiamo di persona anche noi osservando le fatture dell’energia elettrica che arrivano in Ambasciata, e che dall’inizio di quest’anno sono quasi raddoppiate.
In relazione all’evoluzione della crisi ucraina, in Occidente ha preso piede la questione della “cancellazione” della cultura russa. L’Italia è da sempre una grande potenza culturale. Nel Paese esiste questo problema?
I vertici italiani, cioè il Presidente della Repubblica e il Presidente del Consiglio dei Ministri, si sono espressi numerose volte contro la cancellazione della cultura russa. E d’altronde, noi siamo certi che non sarebbe potuto essere altrimenti. Nella cultura, l’Italia è una delle grandi “superpotenze”, è la culla della civiltà europea e di quella mondiale. Eppure, nella realtà dei fatti le cose non vanno sempre bene. Sono ampiamente noti gli episodi in cui in Italia sono stati annullati spettacoli di artisti russi quali Valerij Gergiev, Denis Matsuev, Valentina Lisitsa, Sergei Polunin, e altri. In più, siamo testimoni di un nuovo fenomeno quando, ad esempio, soltanto gli artisti che hanno condannato pubblicamente l’Operazione Militare Speciale vengono invitati ad esibirsi sui più grandi palcoscenici della musica classica. Che cos’è questa, se non censura ideologica e discriminazione delle personalità del mondo della cultura basata su motivazioni politiche?
Inoltre, soggetti radicali isolati tra le fila dei rappresentanti della diaspora ucraina in Italia, che per la gran parte è costituita da grandi lavoratori, negli ultimi tempi hanno preso l’abitudine di esercitare pressioni, anche minacciando violenza fisica, sui responsabili di quegli enti che hanno avuto il coraggio di organizzare iniziative congiunte con i cittadini russi impegnati nello sviluppo dei legami culturali o dei rapporti bilaterali, e che hanno invitato in Italia musicisti, ballerini e artisti russi di vario genere.
Noi registriamo scrupolosamente tali casi e ne informiamo le autorità italiane. Tuttavia a oggi, nonostante le rassicurazioni, non abbiamo osservato da parte delle autorità italiane il desiderio di contrastare nei fatti gli intenti aggressivi degli esagitati militanti nazionalisti ucraini che si sono stabiliti in territorio italiano.
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