Le domande di Elena Basile a Lilli Gruber: Il silenziamento del dissenso e la necessità di una stampa pluralista nella democrazia italiana
DA LA FIONDA (Di Elena Basile)
Gent ma Dott. ssa Gruber
Vorrei rivolgerle alcune domande che mi sono state indirizzate da molti cittadini italiani sui social media. Sono seguita su Facebook e altri social in quanto ex Ambasciatrice con un pensiero non aderente alla narrativa occidentale, a volte di aspra critica alla politica degli ultimi decenni degli Stati Uniti e della NATO. Le risposte potrebbero contribuire a far diminuire il divario impressionante che esiste tra società civile da un lato e società politica e spazio mediatico dall’altro, basti pensare al recente alto grado di astensionismo dal voto.
Ricorderei il contesto. Dopo avere partecipato alla sua trasmissione Otto e mezzo lunedì 9 ottobre, arrivata a casa ho ricevuto una chiamata dalle sue collaboratrici che, nel sottolineare come gli indici di ascolto della trasmissione fossero cresciuti, mi hanno trasmesso il suo invito a essere presente nuovamente il mercoledì successivo. Paolo Mieli, durante la puntata dell’11 ottobre perse per un secondo la sua elegante ironia, e le si rivolse con modi inquisitori, riferendosi alla eventualità che io partecipassi con allarmante frequenza al suo programma. Non sono infatti più stata invitata.
- Ritiene, dottoressa, che la censura delle voci in grado di rappresentare il dissenso diffuso nella società civile nei confronti della politica estera sostenuta dal centro-sinistra e dal centro-destra, vada a beneficio della democrazia italiana?
- Condivide sul piano deontologico l’atteggiamento del conduttore televisivo Corrado Formigli, il quale si era impegnato nei miei confronti, in qualità di ospite, a una determinata modalità di partecipazione, alla quale è venuto meno nel corso della trasmissione, senza scusarsene?
- Ho molto rispetto per le donne che si sono affermate, malgrado le oggettive difficolta, nei diversi settori professionali. Tendo a dare per scontata la solidarietà femminile. Sono rimasta sorpresa quando dopo gli attacchi subiti dalla sottoscritta sui principali giornali (sono stata considerata una usurpatrice di titoli, appartenente ai gradi medio bassi della carriera diplomatica) non vi siano state reazioni da parte sua o di altre femministe. La maggioranza dei capi di rappresentanze diplomatiche sono uomini, Ministri plenipotenziari con funzioni di Ambasciatori. Una volta cessati dal servizio vengono chiamati Ambasciatori per una consuetudine di cortesia. Potrei fornirle gli esempi di tanti colleghi Ministri plenipotenziari uomini introdotti dai giornalisti e conduttori televisivi come Ambasciatori. Si è quindi nel mio caso in presenza di un linciaggio contro un diplomatico donna, una delle poche ai gradi apicali della carriera, che ha espresso un pensiero critico. Sono ammissibili tali comportamenti in una società democratica che difende le pari opportunità?
- Ogni qualvolta, dottoressa, abbia lodato la sua professionalità e la sua capacità, rispetto ad altri conduttori televisivi, di far esprimere ai suoi ospiti un pensiero compiuto malgrado il poco tempo a disposizione, molti cittadini hanno sottolineato che lei partecipa alle riunioni del Gruppo Bilderberg, foro che riunisce a porte chiuse le élite imprenditoriali e politiche con i rappresentanti della stampa. Il mondo è troppo complesso, a mio avviso, per essere diretto da incontri periodici tra gruppi di classi dirigenti. Potrebbe spiegare come la sua partecipazione al Bilderberg non la impegni a una precisa agenda politica?
- In diverse occasioni ho sottolineato la mancanza di un diritto di informazione corretto e pluralista. Ritiene che i giornalisti siano una casta che non possa essere criticata?
- Nel caso vi fossero sospetti sulla mia collusione con servizi segreti di Stati stranieri (tali diffamazioni sono state numerose sulla stampa) non crede che si potrebbe chiederne conto alla mia collega di concorso, Elisabetta Belloni, mai stata Ambasciatrice all’estero e con una splendida carriera interna, oggi Direttrice del DIS?
C’è un diffuso malcontento nella società civile e l’impressione che non sia più possibile analizzare gli eventi di politica internazionale con strumenti culturali idonei ad approfondirne le cause storiche. Nelle democrazie occidentali nelle quali la libertà di pensiero e di espressione sono pilastri della società liberale, si ascolta lo stesso catechismo e gli stessi slogan sono ripetuti sui media europei. Chi non si conforma rischia di essere criminalizzato, isolato e linciato. Bisogna affermare che Putin è un criminale di guerra, che c’è un aggredito e un aggressore, che Israele ha il diritto di difendersi per poter essere considerati persone a modo. Un incubo orwelliano di cui la gente soffre e che fa male alla democrazia. Come protagonista del giornalismo italiano sarebbe importante si esprimesse sui temi che le ho riassunto.
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