Nuovi aiuti dal Nord Europa ma i rifornimenti militari a Kiev sono scesi al minimo storico
da ANALISI DIFESA (Gianandrea Gaiani)
(aggiornato alle ore 23,55)
Dopo l’annuncio di un nuovo pacchetto di aiuti militari statunitensi da appena 200 milioni di dollari, reso noto in occasione della visita del presidente Volodymyr Zelensky a Washington, il supporto bellico occidentale a Kiev continua a registrare un costante calo. A Washington fanno sapere che in assenza di uno sblocco dei fondi per l’Ucraina da parte del Congresso sarà possibile fornire ancora un solo ulteriore pacchetto di aiuti (per lo più munizioni). “Questi sono i mezzi che abbiamo a disposizione, non possiamo fare più di questo”, ha detto il portavoce per il Consiglio della sicurezza nazionale americana, John Kirby, sottolineando che i negoziati sono andati avanti al Congresso per tutto il weekend.
Oggi inoltre i leader democratici e repubblicani del Senato hanno dichiarato che Washington non potrà approvare nuovi aiuti all’Ucraina prima della fine dell’anno anche nel caso, non scontato, che democratici e Repubblicani trovino un accordo di compromesso.
Le nazioni del Nord Europa sembrano invece mobilitarsi per continuare a sostenere per quanto possibile le forze di Kiev che dopo aver fallito la controffensiva sviluppatasi tra giugno e novembre sono ora in gravi difficoltà e arretrano in diverse aree del fronte. Francia e Gran Bretagna hanno confermato il sostegno all’Ucraina “finché sarà necessario” e che “è essenziale che Putin perda” ma Parigi sono mesi che invia nuove forniture a Kiev, forse delusa dal fatto che gli ucraini non hanno acquisito nessun sistema d’arma francese oltre a quelli donati.
Il 13 dicembre Danimarca, Norvegia, Finlandia, Svezia e Islanda hanno sottoscritto un documento congiunto in cui si impegnano a continuare a fornire all’Ucraina ogni forma di sostegno economico e militare. La lettera è stata siglata dalla prima ministra danese, Mette Frederiksen, dal primo ministro norvegese Jonas Gahr Store, dal presidente finlandese Sauli Niinisto, dal primo ministro svedese Ulf Kristersson e dalla prima ministra islandese. Katrin Jakobsdottir. “Noi, Paesi nordici, continueremo a fornire assistenza completa all’Ucraina, compreso il sostegno economico e militare, l’assistenza umanitaria prioritaria ai civili e il sostegno finanziario per aiutare a ricostruire la società Ucraina quando le condizioni lo consentiranno”, si legge nella lettera pubblicata dal Financial Times.
Il 18 dicembre Stoccolma e Copenhagen hanno annunciato una nuova intesa per fornire all’Ucraina veicoli da combattimento BAE Systems CV90 che la Danimarca acquisterà dalla Svezia in numero imprecisato per 241 milioni di euro. L’hanno annunciato i ministri della Difesa dei due Paesi nordici in una conferenza stampa a Copenaghen in cui il ministro della Difesa danese, Troels Lund Poulsen e il suo omologo svedese, Pal Jonson, ha dichiarato che si tratta di un “passo importante per sostenere le forze di difesa ucraine insieme alla Danimarca”.
La fornitura, che dovrebbe riferirsi a veicoli di nuova produzione al contrario dei 50 cingolati CV90 già donati la scorsa estate a Kiev (insieme a 10 tank STRV 122/Leopard 2A5 e 8 semoventi d’artiglieria Archer) 9 e prelevati dai magazzini dell’esercito svedese, prevede che i danesi finanzino la messa a punto dei veicoli svedesi nell’ambito dell’accordo concluso tra la Swedish Defence Materiel Administration e l’Ucraina nel luglio di quest’anno. “Utilizzeremo la nostra capacità industriale per garantire la fornitura dei nuovi veicoli da combattimento Stridsfordon 90 all’Ucraina”, ha dichiarato Jonson. “Il veicolo si è dimostrato molto capace e molto apprezzato in Ucraina”. Trattandosi di veicoli di nuova produzione non sono noti i tempi di consegna alle forze ucraine.
Il 14 dicembre anche l’Estonia ha annunciato che invierà all’Ucraina un nuovo pacchetto di aiuti militari del valore di 80 milioni di euro. Lo ha annunciato il ministro della Difesa estone, Hanno Pevkur. “L’ultimo pacchetto di aiuti comprende, oltre a un gran numero di missili anticarro Javelin, anche mitragliatrici, munizioni per armi leggere, varie attrezzature terrestri e nautiche, nonché’ attrezzatura subacquea” aggiungendo che il volume esatto e i dettagli delle consegne non vengono divulgati per motivi di sicurezza.
Anche l’Italia sta mettendo a punto un nuovo pacchetto di aiuti militari già presentato al Copasir e oggi il ministro della Difesa Guido Crosetto ha dichiarato che “sul nuovo decreto dipende dai tempi del Parlamento. Siccome non è una cosa urgente e vorrei passasse da un dibattito parlamentare, vorrei non ci fossero scorciatoie, tipo “Mille Proroghe”, perché sarebbe come nascondersi dentro qualcos’altro. Non c’è fretta, quindi lo faremo a gennaio, quando il Parlamento avrà smaltito i lavori”.
Nel complesso però il crollo delle forniture occidentali all’Ucraina è stato negli ultimi mesi ben evidente. Fonti statunitensi hanno riferito alla ABC che le munizioni giunte a Kiev sono calate del 30 per cento da quando Washington deve rifornire anche le forze israeliane e il 7 dicembre il Kiel Institute for the World Economy (IfW Kiel), ha reso noto che “le dinamiche del sostegno all’Ucraina sono rallentate” e “hanno raggiunto un nuovo minimo tra agosto e ottobre 2023, con un calo di quasi il 90% rispetto allo stesso periodo del 2022”.
Per Christoph Trebesch, capo del team che ha realizzato lo studio Ucraina Support Tracker, “le prospettive non sono chiare, dal momento che il più grande impegno di aiuti in sospeso – da parte dell’Unione Europea – non è stato approvato, e gli aiuti da parte degli Stati Uniti sono in calo. I nostri dati confermano l’impressione di un atteggiamento più esitante da parte dei donatori negli ultimi mesi. Data l’incertezza su ulteriori aiuti statunitensi, l’Ucraina può solo sperare che l’UE approvi finalmente il pacchetto di sostegno da 50 miliardi di euro annunciato da tempo. Un ulteriore ritardo rafforzerebbe chiaramente la posizione di Putin”.
Il presidente russo il 14 dicembre ha annunciato nella conferenza stampa di fine anno che le forze armate russe hanno già distrutto 747 carri armati e circa 2.300 veicoli blindati dall’inizio della controffensiva di Kiev. “Solo a partire dalla cosiddetta controffensiva, abbiamo distrutto 747 carri armati. Questi sono i dati di ieri sera. Quasi 2.300 veicoli blindati di varie tipologie”, ha detto Putin aggiungendo che l’Occidente ha promesso di fornire all’Ucraina poco più di 400 carri armati.
Oggi il ministro della Difesa russo Sergej Shoigu, ha dichiarato che l’Ucraina ha ricevuto 203 miliardi di dollari di aiuti internazionali: 5.220 carri armati, veicoli da combattimento di fanteria e blindati, 28 aerei, 87 elicotteri, 23 mila droni e oltre 1.300 sistemi di artiglieria.
Shoigu ha aggiunto che le perdite ucraine dall’inizio della controffensiva ammontano a 159 mila militari uccisi o feriti (383.000 dall’inizio del conflitto oltre a 5.800 “mercenari” stranieri) , 121 aerei, 23 elicotteri, 776 carri armati e 2.348 veicoli corazzati di vario tipo di cui 50 Bradley forniti dagli Stati Uniti. “A quanto pare, questo è il motivo per cui ancora non vediamo carri armati statunitensi Abrams, consegnati diversi mesi fa, sul campo di battaglia”, ha osservato ironicamente Shoigu (nella foto sotto) facendo eco alle voci dell’ordine di Washington a Kiev di non esporre gli Abrams al fuoco russo per evitare perdite.
Come sempre è impossibile verificare tali numeri, così come quelli forniti dagli ucraini circa le perdite russe (quasi 350 mila caduti dal 22 febbraio 2022, 120 mila secondo fonti statunitensi citate dal New York Times) ma il grafico (qui sopra) presente nel rapporto dell’IfW Kiel fotografa impietosamente come il flusso di aiuti a Kiev abbia raggiunto il culmine nel giugno di quest’anno, in concomitanza con l’avvio della controffensiva (4 giugno) il cui fallimento è stato rapidamente recepito dell’Occidente, a giudicare dal fatto che nei mesi immediatamente successivi ha ridotto al lumicino gli aiuti.
Se sul piano politico va rilevato il veto ungherese al maxi finanziamento UE di 50 miliardi di euro all’Ucraina e il fatto che anche la Slovacchia ha rinunciato a fornire aiuti militari a Kiev, non si può negare che il calo dei rifornimenti militari europei è legato anche a un fattore strutturale: l’Europa non ha quasi più nulla da cedere dopo aver ridotto al lumicino le sue scorte già limitate di munizioni ed essersi liberata di tutti i vecchi mezzi corazzati presenti nei magazzini.
La migliore conferma a questa valutazione è costituita dalla “saga” del milione di proiettili di artiglieria promessi a Kiev entro marzo 2024 di cui ne è stato consegnato meno di un terzo.
Ieri il generale Oleksandr Tarnavsky ha ammesso la riduzione delle operazioni militari lungo tutta la linea del fronte a causa della riduzione dei rifornimenti militari occidentali, in particolare di munizioni.
“I volumi che abbiamo oggi non sono sufficienti, considerate le nostre necessità. Quindi, stiamo ridistribuendoli. Ripianifichiamo compiti che ci eravamo prefissati per ridurli”, ha affermato, sottolineando che anche i russi (che secondo alcuni analisti impiegano oggi tra 5 e 7 volte più munizioni d’artiglieria degli ucraini) hanno problemi con le riserve di munizioni.
Dettaglio quest’ultimo che non sembra però trovare conferme sul campo di battaglia dove i russi da settimane hanno ripreso l’iniziativa respingendo il nemico su diversi fronti e guadagnando terreno nei settori di Kupyansk, Siversk, Vuledar, Robotino, Marynka (ormai quasi del tutto in mani russe) e soprattutto nei settori di Bakhmut e Avdiivka.
Anche l’Institute for the Study of the War (ISW), think tank americano apertamente schierato con Kiev, valuta oggi che le forze russe e ucraine avrebbero ormai esaurito una parte significativa delle loro scorte di proiettili di artiglieria da 122 mm e 152 mm dell’era sovietica. Secondo gli analisti, la mancanza di proiettili di artiglieria, unita ai ritardi nella fornitura degli aiuti occidentali, potrebbe ritardare le future operazioni controffensive di Kiev.
“La carenza di artiglieria e i ritardi negli aiuti occidentali ridurranno probabilmente la capacità dell’Ucraina di pianificare e prepararsi per queste azioni. I ritardi nella pianificazione operativa concreta dell’UCRAINA e nella fornitura delle risorse materiali necessarie per prepararsi alla controffensiva, a loro volta, porteranno probabilmente a un ritardo nella conduzione delle operazioni controffensive nel 2024″ si legge nel rapporto dell’ISW.
In realtà, come hanno evidenziato negli ultimi tempi molte fonti occidentali e ucraine, i problemi ad alimentare nuove ipotetiche controffensive ucraine nel 2024 non sono legati solo alla carenza di armi e munizioni ma soprattutto alla carenza di truppe e rincalzi per sostituire le fortissime perdite.
Secondo fonti diplomatiche citate dall’agenzia Reuters il timore degli europei e che una vittoria di Donald Trump alle prossime elezioni presidenziali statunitensi possa portare al taglio degli aiuti militari americani all’Ucraina. Secondo quasi 20 attuali ed ex assistenti e diplomatici senti anonimamente, Trump probabilmente insedierà i lealisti in posizioni chiave nel Pentagono, nel Dipartimento di Stato e nella CIA nel caso in cui vinca le elezioni presidenziali del 2024. Ciò gli consentirebbe di “apportare cambiamenti radicali alla posizione degli Stati Uniti su questioni che vanno dalla guerra in Ucraina al commercio con la Cina”.
Otto diplomatici europei intervistati da Reuters hanno affermato che “ci sono dubbi sul fatto che Trump onorerà l’impegno di Washington di difendere gli alleati della NATO e che si teme fortemente che possa tagliare gli aiuti all’Ucraina nel contesto della guerra con la Russia”.
Dello stesso tenore sono state oggi le dichiarazioni del presidente ceco Petr Pavel, che in un’intervista alla testata Seznam Zpravy ha detto che “per il presidente Putin l’interlocutore per i negoziati possibili non può essere nessun altro che gli Stati Uniti, sicuramente nessuno dei principali Paesi europei. Quindi, se Donald Trump vincerà le elezioni presidenziali di novembre 2024, Putin potrebbe voler negoziare con lui ignorando quello che pensano l’Ucraina o il resto dell’Europa”. Secondo il presidente ceco i negoziati fra Putin e Trump potrebbero portare a “una sorta di compromesso che restituirà alla Russia lo status di protagonista, e gli altri dovranno in qualche modo accettarlo”.
Pur sostenendo l’Ucraina, Pavel (che, meglio non dimenticarlo, è un militare) si mostra da tempo scettico circa la possibilità di un successo di Kiev. “L’evoluzione del conflitto in Ucraina dimostra che è molto probabile che il prossimo anno si verifichino sviluppi significativi e le indicazioni finora sono quelle che vorremmo”.
Queste valutazioni riferite al possibile futuro inquilino della Casa Bianca oggi forse mirano ad avere una ricaduta propagandistica favorevole all’ Amministrazione Biden nella lunghissima campagna elettorale per le presidenziali ma non devono far dimenticare che il dietro-front di Stati Uniti ed Europa nei rifornimenti militari a Kiev ha preso il via dal vertice NATO di Vilnius del luglio scorso.
Innanzitutto col rifiuto di varare una road-map per l’ingresso dell’Ucraina nella NATO, poi con il successivo crescente disappunto delle cancellerie occidentali per il fallimento della tanto mitizzata controffensiva ucraina che ha comportato perdite enormi in truppe, armi e mezzi e infine con la irrealistica determinazione di Zelensky a riconquistare tutti i territori oggi controllati dalle forze russe.
Foto: Ministero Difesa Ucraino, Presidenza Ucraina, Ministero Difesa Russo
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