Niger e Ciad hanno iniziato ad espellere le truppe USA dal proprio territorio
da L’INDIPENDENTE ONLINE (Giorgia Audiello)
Le autorità del Niger e del Ciad hanno recentemente dato inizio all’espulsione delle truppe statunitensi dalle basi che controllavano nei due Stati del Sahel, confermando così l’indebolimento dell’influenza occidentale in Africa, in favore di altre potenze, tra cui spicca in particolar modo la Russia. Il mese scorso, infatti, il Niger – guidato da una giunta golpista in seguito al colpo di Stato del luglio 2023 – ha posto fine alla pluriennale collaborazione militare con gli USA, non rinnovando un accordo che consentiva alle truppe americane di operare nel Paese. Il 16 marzo il governo militare del Niger ha interrotto «con effetto immediato» l’accordo di cooperazione militare firmato con gli Stati Uniti nel 2012 e il portavoce della giunta, il colonnello maggiore Amadou Abdramane, ha definito la presenza militare statunitense «illegale» e in violazione di «tutte le regole costituzionali e democratiche» e l’accordo stesso è stato definito illegittimo e ingiusto, in quanto «imposto unilateralmente» dagli Stati Uniti, tramite una «semplice nota verbale», il 6 luglio 2012. Allo stesso modo, il capo di Stato Maggiore dell’aeronautica militare ciadiana, Idriss Amine, agli inizi di aprile ha chiesto la partenza dei soldati statunitensi dalla base di N’Djamena, capitale del Ciad, a causa della mancanza di documenti relativi all’accordo che ne avrebbero permesso la presenza. La lettera fa riferimento al ritiro dalla base aerea di Adji Kossei, dove i militari statunitensi erano impegnati nell’addestramento delle forze speciali ciadiane per combattere il gruppo jihadista Boko Haram. Si tratta di una perdita importante per gli USA, in quanto il Niger svolge un ruolo chiave nelle operazioni militari statunitensi nella regione del Sahel, dove Washington sarebbe presente per combattere il terrorismo jihadista. Lo Stato africano rappresentava, inoltre, uno dei pochi alleati strategici rimasti agli Stati Uniti nell’area prima del golpe che ha rovesciato il presidente Mohamed Bazoum sostenuto dagli Stati occidentali.
Gli Stati Uniti non hanno ancora specificato un calendario del ritiro, ma le attività militari in Niger sono già state sospese. Nel frattempo, i funzionari statunitensi starebbero cercando di negoziare dei nuovi accordi con Niamey, la capitale, e l’ammiraglio della Marina americana Christopher Grady – vicepresidente dei capi di stato maggiore congiunti – ha affermato che «ci sono ancora trattative in corso». «Non credo che ci sia una decisione finale sulla disposizione delle forze americane nel Paese», ha aggiunto. Anche in Ciad il personale militare americano sta lavorando per sostenere la causa della permanenza delle forze statunitensi sul territorio, ha detto Grady. Nel caso di un’espulsione definitiva, l’ammiraglio ha spiegato che i militari dovranno cercare alternative per condurre missioni antiterrorismo nel Sahel, una vasta area a sud del deserto del Sahara. Oltre a quella nella capitale, il Niger ospita un’importante base aerea statunitense nella città di Agadez, a circa 920 chilometri da Niamey, che viene utilizzata per voli di sorveglianza. Inoltre, Washington ha investito centinaia di milioni di dollari, a partire dal 2013 per addestrare le forze nigeriane.
A non volere più la presenza americana sul territorio del Niger non è solo la giunta golpista, ma la popolazione stessa: il 21 aprile ad Agadez si è tenuta una manifestazione popolare dove centinaia di persone hanno chiesto la dipartita dei soldati americani dalla base: «Questa è Agadez, non Washington, l’esercito americano se ne vada. Il nostro messaggio è chiaro: soldati americani, fate i bagagli e tornate a casa», recitava uno striscione secondo quanto riferito da alcune agenzie di stampa. I manifestanti hanno sventolato le bandiere della Russia, del Niger, del Burkina Faso e del Mali. La cacciata delle truppe USA, infatti, va di pari passo con una maggiore collaborazione militare del Niger con Mosca. Non a caso, all’inizio di aprile sono arrivati nello Stato africano istruttori militari russi, portando attrezzature russe con cui addestrare le forze nigeriane e rafforzare le difese del Paese. «Siamo qui per sviluppare la cooperazione militare tra Russia e Niger», ha affermato uno degli istruttori russi parlando in francese alla televisione di Stato.
La decisione del Niger e del Ciad rientra in un contesto più ampio che vede diversi Stati africani in lotta contro l’imperialismo occidentale e che trova concretizzazione nei sette colpi di Stato che si sono succeduti dal 2020 a oggi nell’Africa centro-occidentale con l’obiettivo di smarcarsi dall’influenza e dal dominio di nazioni come Francia e Stati Uniti. In uno degli ultimi viaggi del presidente francese in Africa, ad esempio, il capo dell’Eliseo ha dovuto affrontare veementi critiche e proteste da parte delle popolazioni e dei governi degli Stati visitati, vale a dire Gabon, Angola, Repubblica democratica del Congo (Rdc) e Congo Brazzaville. Inoltre, le truppe francesi sono state cacciate da diversi Stati del Continente nero, compreso il Niger dal quale il contingente francese si è ritirato lo scorso dicembre. Un’altra iniziativa fondamentale nella direzione dell’emancipazione africana dal dominio occidentale è quella delle giunte militari golpiste di Niger, Mali e Burkina Faso, che intendono creare una moneta comune regionale anticoloniale che sostituisca il franco Cfa attualmente in uso. In questo senso, appare indicativa anche la recente elezione in Senegal di Bassirou Diomaye Faye, il cui programma politico è incentrato sulla sovranità del Senegal contro la colonizzazione e le politiche “occidentaliste” del predecessore Macky Sall. La decisione di espellere i militari americani dal Niger e dal Ciad è, dunque, l’ultima tappa di un processo più ampio che sta decretando la fine dell’influenza occidentale in un continente strategico per gli equilibri internazionali.
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