Populista, xenofobo, omofobo, filorusso, no vax, amico di Putin, divisivo, responsabile della “spaccatura in due della politica del Paese”, accusato di ’Ndrangheta. È l’impietoso ritratto del premier slovacco Robert Fico che emerge dalle colonne dei quotidiani internazionali.
Mentre il primo ministro, vittima di un brutale attentato, era ancora in sala operatoria e lottava contro la morte, i media hanno impresso alla notizia la loro impronta particolare, ritraendo la vittima come un mostro e descrivendo, invece, l’assalitore come uno “scrittore e poeta”, (“un artista” per Enrico Mentana), attivista, uno dei fondatori del club letterario DÚHA, un sostenitore della non violenza che votava per i partiti europeisti, che avrebbe agito «per motivazioni politiche, in disaccordo con le scelte del governo». Il leit motiv che emerge in maniera granitica è che Juraj Cintula disapprovava le politiche scellerate e illiberali del premier (La Stampa titola la versione cartacea: “Spari al premier slovacco: ‘Fico vuole la dittatura’”).
Se il sottotraccia pericoloso – che tende quasi a giustificare l’attentatore – non fosse abbastanza evidente, ci pensa l’Economist citando nel suo articolo Milan Nic, analista slovacco del German Council on Foreign Relations: «In un’atmosfera politica così feroce, dice, i tentativi di omicidio “potrebbero capitare a chiunque”». E l’atmosfera “politica feroce” sarebbe proprio colpa della “retorica odiosa” adottata dallo stesso Fico.
Neppure i quotidiani e le agenzie di stampa italiane hanno brillato di imparzialità nel descrivere il premier slovacco. L’Ansa precisa fin dal titolo le caratteristiche illiberali di Fico: si tratta di un “leader populista vicino a Orban e Putin” e lo descrive come «Filorusso, contro le armi a Kiev e l’ingresso dell’Ucraina nella Nato, duro con i migranti, chiuso a ogni concessione sul fronte dei diritti Lgbt e delle nozze gay».
Nell’edizione serale del Tg de La7, il direttore Enrico Mentana, sebbene abbia biasimato come “odiosissimo” l’attentato, ha regalato un ritratto al vetriolo di Fico: «[…] il più filorusso dei leader europei, […] contrario all’arrivo dei migranti, contro le comunità LGBT, insomma è il classico “rossobruno”». Poco più avanti, in un servizio del TG La7, si paragonano «Gli spostamenti di Robert Fico» a quelli «di Bidzina Ivanishvili, oligarca georgiano arricchitosi immensamente in Russia».
La medaglia nera va sicuramente a Repubblica per l’articolo a firma di Tonia Mastrobuoni, che prima titolava “Chi è Robert Fico, il premier slovacco filorusso vittima di un attentato” e nella notte è stato modificato, con un peso da novanta, in “Chi è Robert Fico, il premier slovacco accusato di ‘Ndrangheta tra l’amicizia con Putin e la guerra ai giornalisti”. Come se non bastasse, nell’occhiello leggiamo: «Un ritratto del leader progressista di Bratislava trasformatosi in un populista xenofobo, No Vax e amico di Putin che ha messo nel mirino magistrati, media e ong».
Sempre Repubblica si occupa di indagare le cause che avrebbero spinto Juraj Cintula ad assalire il premier: “Chi è l’uomo che ha sparato a Robert Fico: da pacifista a killer i dubbi sui contatti esteri del pensionato Cintula”. Fabio Tonacci sembra spaesato dall’apparente cortocircuito di un “poeta” e “pacifista” che prima di abbracciare la violenza avrebbe avuto dei contatti con il gruppo paramilitare filorusso Slovenský Branci. La raffigurazione di Cintula è quasi romantica: «L’uomo qualunque ha sparato al premier slovacco. Da qualsiasi lato lo si prenda, infatti, il profilo personale del pensionato 71enne Juraj Cintula Bra, ex guardia giurata di professione e poeta per passione, è quello di un cittadino al di sopra di ogni sospetto: nessun precedente, nessuna segnalazione da parte dell’intelligence, nessun contatto segnalato con personaggi potenzialmente sospetti».
Il Corriere si inerpica persino in un clamoroso parallelo con Majakovskij: «Girava armato, come Majakovskij; come Majakovskij scriveva poesie e manifesti politici. E se il cantore russo della rivoluzione d’ottobre si tolse la vita a trentasei anni, il poeta slovacco Juraj Cintula ha dato ieri, settantunenne, una svolta finale alla propria nel segno del sangue, con cinque colpi di pistola contro il premier Robert Fico».
La descrizione che viene fatta dai media di Juraj Cintula risulta paradossalmente più neutra e positiva di quella di Fico, se non addirittura appassionata, evocando l’idea dell’artista che si è sacrificato con un gesto estremo per difendere la collettività dal pericolo di autoritarismo, incarnato dal leader slovacco. Quest’ultimo, la vittima, invece, finisce sul banco degli imputati e incarna il consueto ruolo del nemico pubblico numero uno per l’Occidente collettivo, che ormai addita in maniera compulsiva i divergenti con il ripetuto mix di etichette diffamatorie per criminalizzare chi non si piega al pensiero unico globalista.
Anche in questa occasione, molti giornalisti hanno disatteso il loro compito di accertare e ricostruire la verità in modo imparziale, comportandosi invece come degli spin doctor. Gli spin sono capaci di imprimere la propria visione della realtà inducendo la stampa a seguirli, arrivando a controllare il ciclo delle informazioni. I media, in questo caso, senza nemmeno il bisogno di essere imbeccati, hanno adottato le stesse logiche della propaganda sporca e della campagna elettorale, dimostrandosi parziali, manipolando gli eventi e l’informazione, offrendo un’interpretazione binaria e alterata degli eventi, in modo da diffamare la reputazione del premier slovacco e parteggiando apertamente per un atto criminoso, che risulta addirittura “romantico”, se compiuto da un “poeta” contro un populista, filorusso, no vax.
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