Bollire l’orso
di GIUBBE ROSSE NEWS (Enrico Tomaselli)
Mentre nel corso dei primi due anni della guerra ucraina, il palmares del bellicismo era quasi equamente diviso tra USA e UK, in tempi più recenti questo è stato rivendicato da Macron. Le ragioni sono svariate, e spaziano dalla grande difficoltà in cui si trova oggi la Francia all’illusione di poter profittare della crisi tedesca per assumere la leadership europea, al nanismo politico del suo presidente. Ma la ragione di fondo è che le leadership europee, quasi unanimemente, si sono sostanzialmente rassegnate ad eseguire il compito lasciato dagli Stati Uniti: assumersi l’onere del conflitto ad est, sostenendo Kiev anche oltre l’ultimo ucraino, se necessario.
Anche qui, le ragioni per cui gli europei si sono convinti di non potersi sottrarre a tale incarico sono molteplici, e ne ho scritto altre volte. Quel che conta comprendere è come pensano di farlo, quando pensano di farlo, e ovviamente se davvero pensano di poterlo fare.
A giudicare da come si stanno intensificando le dichiarazioni interventiste, sembrerebbe che la scadenza non è poi così lontana; probabilmente, nelle segreterie europee si immagina di avviare una fase operativa quantomeno dopo le elezioni americane – anche per avere un quadro più chiaro in merito agli orientamenti della Casa Bianca, ed alle sue tempistiche di sganciamento. Al tempo stesso, l’evoluzione sul campo di battaglia non sembra molto compatibile con queste ottimistiche previsioni: l’arrivo della bella stagione ha già rilanciato l’iniziativa russa lungo tutta la linea del fronte, e le carenze strutturali dell’esercito ucraino stanno venendo al pettine. Gli avvenimenti, quindi, potrebbero subire un’accelerazione.
In merito al come, sembrerebbe abbastanza chiaro che l’idea è quella di bollire l’orso russo come la proverbiale rana. Un passo alla volta, contando sul fatto che Mosca, volendo evitare un’escalation, alla fine lasci che le cose accadano senza una risposta forte. Tutto sommato, si pensa, la Russia aveva posto varie linee rosse, ma poi ha lasciato che venissero varcate senza reagire. Di conseguenza, far salire la temperatura poco alla volta può essere una buona strategia.
Peraltro, il discorso pubblico (la narrazione con cui si preparano le opinioni pubbliche) è un mix di sciocchezze e mezze verità, ma leggendole in filigrana risulta chiaro il disegno.
Macron gonfia il petto e fa dichiarazioni aggressive, ma poi tra le richieste ucraine e le disponibilità europee viene fuori lo schema: cominciare addestrando gli ucraini in Ucraina (150.000 uomini…) così che siano più prossimi (e pronti) al fronte [1]. In fondo, sono anni che i paesi NATO li addestrano, cambia solo la location… Si immagina che un esordio del genere sia più accettabile per i cittadini europei, e che in fondo Mosca non reagirebbe al di là di “dure proteste”. Poi da lì in avanti si vedrà.
Ovviamente, il punto debole è la possibilità effettiva di realizzare il disegno in base al proprio schema.
Innanzi tutto, la premessa è che la Russia si comporti esattamente come previsto a Bruxelles – il che però non è affatto detto. Come sempre preda del proprio autismo, i leader europei non ascoltano, e se pure lo fanno non capiscono. Qui, infatti, siamo oltre le intemerate verbali di Medvedev; quando un diplomatico come Lavrov dice chiaro e tondo che se gli europei vogliono la guerra loro sono pronti, non è per niente da prendere sottogamba. Del resto, quando Monti dice a sua volta che “per fare l’Europa” bisogna versare del sangue, è solo più sincero e pragmatico di Macron.
Il problema, ovviamente, è che uno schema di piccoli passi rischia semplicemente di tradursi in una serie di passi inutili. Le criticità dell’esercito ucraino sono fondamentalmente tre: carenza di munizionamento per l’artiglieria, carenza di personale, carenza di sistemi anti-missile ed anti-aerei.
Alla prima, gli europei non sono in grado di porre rimedio. Se pure la relativa produzione industriale russa non crescesse (come sta invece accadendo) e restasse ai livelli attuali, agli europei occorrerebbero anni e anni per eguagliarla.
Alla seconda, le difficoltà nel risolverla sarebbero almeno uguali. Inviare anche 20-30.000 uomini, non avrebbe alcun impatto decisivo. Innanzi tutto, si parlerebbe di uomini senza alcuna esperienza reale di combattimento, tanto meno di una guerra d’attrito come quella in corso. La logistica di supporto sarebbe complicatissima, poiché le retrovie dovrebbero allocarsi in Polonia e/o in Romania, a mille chilometri dal fronte. E comunque, anche una cifra del genere equivarrebbe a 5-6.000 uomini in combattimento. Irrilevanti. Bisognerebbe inviare almeno 2-300.000 uomini, praticamente tutta la forza di impiego della NATO europea, per incidere in qualche misura.
Gli europei potrebbero trasferire quasi tutti i propri sistemi di difesa anti-missile / anti-aerei, lasciando pressoché sguarniti i rispettivi paesi, ma anche questo avrebbe un impatto limitato nel tempo: i russi sfrutterebbero le grandi quantità di cui dispongono per saturare le difese e distruggere le batterie una dopo l’altra.
La sola cose che potrebbe introdurre un elemento di discontinuità, sarebbe l’intervento dell’aviazione. Caccia bombardieri europei che decollano da aeroporti fuori dall’Ucraina, e colpiscono le retrovie russe. Ma questo, inevitabilmente, porterebbe la guerra sul suolo europeo, poiché a quel punto è chiaro che i russi colpirebbero le basi aeree di partenza con i loro missili balistici ed ipersonici. La stessa cosa accadrebbe qualora le batterie anti-missile venissero utilizzate a partire dai paesi vicini. Oltretutto, semmai questo livello d’intervento riuscisse comunque a creare problemi alle forze armate russe, è praticamente sicuro che a quel punto Mosca farebbe ricorso alle armi nucleari tattiche. Poiché per la Russia il rischio di una sconfitta in questa guerra equivarrebbe ad una minaccia esistenziale. E qui torna in gioco Macron, il quale spavaldamente promette la copertura dell’ombrello nucleare francese, la force de frappe. Purtroppo il confronto con la Federazione Russa è impietoso, e la quantità di armi nucleari francesi (nonché dei vettori per portarle a bersaglio) è ridicolmente minore: la Francia può tutt’al più offrire il riparo di un ombrellino da cocktail, e Mosca farebbe di Parigi un frappé.
La strategia europea di bollire l’orso russo un po’ alla volta, quindi – anche ammesso che sia stupido come una rana – non può funzionare. La gradualità rischia semplicemente di far pagare un prezzo (in termini di caduti, feriti, sistemi d’arma distrutti, etc) assai elevato, senza ottenere alcun risultato degno di nota. Una accelerazione, d’altra parte, portando velocemente in combattimento una forza consistente, equivale in pratica a precipitare l’Europa in un conflitto esteso, e senza ugualmente riuscire a cambiare i termini dell’equazione.
Senza un intervento diretto degli Stati Uniti, i soli paesi europei non sono assolutamente in grado di impegnare significativamente la Russia [2]. Ma l’impegno diretto è esattamente ciò che a Washington rifuggono, e sono ben consapevoli che una volta che metti boots on the ground, non puoi più tornare indietro, e la logica della guerra ti trascina dentro sempre più. Una cosa che hanno imparato bene dal Vietnam, e che non hanno più dimenticato.
La partita, quindi, si presenta comunque come un azzardo. È come avere molte meno fiches dell’avversario, e ciononostante fare all-in con in mano neanche una coppia di due.
In tutto questo, naturalmente, non abbiamo assolutamente preso in considerazione il fatto che non c’è alcuna identità di vedute – al di là della facciata – tra le varie capitali europee. Con buona probabilità, ci sono paesi – non solo l’Ungheria, o la Slovacchia, ma anche la Germania e l’Italia… – che segretamente sperano in un subitaneo collasso dell’esercito ucraino, così da rendere inutile qualsiasi ipotesi di schieramento delle proprie truppe.
Nonostante quello sommariamente descritto sia uno scenario assai realistico però, è evidente che c’è chi ritiene che invece gli europei avrebbero ottime chance in un confronto con la Russia. Che ciò lo si creda possibile tra le leadership politiche, per quanto pericolosamente sconfortante è però anche plausibile; assai peggio è quando a sostenerlo sono alti gradi militari della NATO, la cui opinione non può non influenzare poi le scelte politiche. E non pochi generali, francesi, tedeschi e di altri paesi, sembrano convinti di poter avere partita vinta (o forse semplicemente sognano un momento di gloria, dopo una vita dietro una scrivania o a fare giochi di guerra) [3].
Di sicuro, quel che accade sullo scacchiere europeo dipende anche da cio che accade altrove, perché questa è una partita globale, in cui tutto è interconnesso. Il problema è che i leader europei non solo non hanno potere decisionale, neanche marginalmente, rispetto a questa dimensione, ma sono anche del tutto privi della visione d’insieme. Di quella reale, s’intende, non quella raccontata dai tg.
I prossimi mesi, pertanto, saranno per gli europei gravidi di conseguenze, ma anche – in buona misura – giocati come pedine, le cui mosse sono in gran parte eterodirette, ma i cui effetti saranno in gran parte a nostro esclusivo carico. Ed è evidente che l’interesse degli Stati Uniti è quello di spingere gli europei, ma non la NATO, a farsi carico dei rischi e degli oneri del conflitto, che Washington vorrebbe protrarre all’infinito [4].
L’inadeguatezza delle leadership è un ulteriore fattore di rischio, che si aggiunge a quelli oggettivi. In tale quadro, da quel che vediamo, queste leadership tendono a chiudersi a riccio; consapevoli della propria debolezza, sia verso il nemico contro cui vengono scagliate, sia verso i propri cittadini che non hanno alcuna voglia di morire per Kiev (né tantomeno per Washington), e procedono sempre più verso la militarizzazione dello spazio pubblico, verso la restrizione degli spazi di democrazia, verso la torsione autoritaria. Muovono guerra al dissenso dei propri cittadini per poter domani muovere guerra alla Russia.
E se i popoli europei perdono questa guerra, finiranno trascinati in quell’altra, nella quale la sconfitta potrebbe coincidere con l’estinzione della civiltà europea quale l’abbiamo conosciuta.
1 – Secondo il New York Times, a causa della carenza di truppe, il governo di Kiev ha chiesto agli Stati Uniti e alla NATO di “contribuire all’addestramento di 150.000 nuove reclute” all’interno dell’Ucraina, in modo che possano essere inviate al fronte più rapidamente. Ovviamente, siamo di fronte ad una gigantesca sciocchezza. Questi campi di addestramento dovrebbero comunque essere dislocati il più lontano possibile dalla linea del fronte, per ridurre al minimo il rischio che vengano colpiti (grandi concentrazioni di truppe sono ovviamente un bersaglio appetibile), e richiederebbero una adeguata protezione per attacchi dall’aria; rischi e sforzi logistici sarebbero enormemente superiori al minimo vantaggio di avere i coscritti in addestramento un po’ più vicini alla linea di combattimento. Si tratta sfacciatamente di un escamotage per portare personale militare NATO sul terreno.
2 – Un’inchiesta del britannico The Daily Mail, a stabilito che in caso di conflitto aperto tra NATO e Russia le forze della NATO non saranno sufficienti. Per quanto in termini numerici la forza dell’Alleanza Atlantica appare superiore, tale superiorità si deve essenzialmente alle forze armate degli Stati Uniti, senza le quali degrada significativamente. Peraltro, l’inchiesta non tiene conto, se non marginalmente, di fattori come la produzione industriale, l’esperienza e la capacità di combattimento, etc.
3 – Secondo il comandante delle forze armate combinate dell’Alleanza in Europa, generale Christopher Cavoli (USA), le forze armate russe “non hanno le competenze e le capacità per operare sulla scala necessaria per sfruttare qualsiasi svolta per un vantaggio strategico”.
4 – In proposito, un’autorevole rivista statunitense come Foreign Affairs ha esplicitamente indicato questa direzione, e di certo non casualmente. Secondo FA, ovviamente assai vicina alla Segreteria di Stato, “i paesi europei devono fare di più […] Devono prendere seriamente in considerazione il dispiegamento di truppe in Ucraina per fornire supporto logistico e addestramento, per proteggere i confini e le infrastrutture critiche dell’Ucraina o anche per difendere le città ucraine. Devono chiarire alla Russia che l’Europa è disposta a proteggere la sovranità territoriale dell’Ucraina.” Dopo aver escluso che ciò possa portare alla terza guerra mondiale, gli autori suggeriscono maliziosamente che “una missione rigorosamente non di combattimento sarebbe più facile da vendere nella maggior parte delle capitali europee.” Sottolineando subito dopo però che “l’Europa deve prendere in considerazione una missione di combattimento diretto che aiuti a proteggere il territorio ucraino”. Tanto, “poiché le forze europee agirebbero al di fuori del quadro e del territorio della NATO, eventuali perdite non innescherebbero una risposta ai sensi dell’articolo 5 e non chiamerebbero in causa gli Stati Uniti.”
E per tranquillizzare i leader europei – a cui è chiaramente diretto il messaggio – aggiungono: “A un certo punto, i leader europei devono ignorare le minacce di Putin, poiché sono solo propaganda”.
FONTE:https://giubberossenews.it/2024/05/18/bollire-lorso/
Commenti recenti