I meccanismi di finanziamento dei partiti della maggior parte dei Paesi europei sono estremamente opachi. È quanto emerge da un’inchiesta svolta dalla piattaforma Follow The Money, che, in collaborazione con 49 giornalisti d’inchiesta e 27 media partner provenienti da 24 Stati membri, ha esaminato le entrate finanziarie di oltre 200 partiti politici che saranno protagonisti delle prossime elezioni europee. Grazie all’esame di 1.200 rapporti annuali dei partiti europei e a diverse fonti pubbliche recanti informazioni sulle donazioni individuali, gli autori della ricerca hanno attestato come, nell’arco temporale compreso tra il 2019 e il 2022, queste forze politiche hanno ricevuto finanziamenti per una quota complessiva di 941 milioni di euro. E che, di questi, ben 664 milioni sono arrivati da donatori di cui non si conoscono le generalità.
A livello quantitativo, a incassare di più sono stati i partiti spagnoli, che hanno ottenuto ben 791 milioni di euro di donazioni. Segue, a poca distanza la Germania, con 791 milioni, mentre a ricoprire la terza posizione è il Belgio, con 296 milioni. Ci sono poi Francia (250), Romania (205) Svezia (198) e Finlandia (114). L’Italia si posiziona a metà classifica, con 73 milioni di euro. Dalla ricerca emerge che le maggiori criticità sono presenti in Germania – dove Follow The Money attesta “una soprendente mancanza di trasparenza” -, i cui partiti incamerano il 75% circa delle donazioni risultate anonime. Qui i nomi dei donatori vengono resi noti soltanto se essi finanziano un partito con più di 10mila euro. Se entrano tra i 500 e i 10mila euro, il partito deve conoscere le generalità dei finanziatori e riferire al Parlamento, senza che l’informazione arrivi ai cittadini, mentre importi inferiori a 500 euro possono essere accettati dalle forze politiche senza conoscere il nome dei donatori. In Germania – così come in Danimarca, Svezia, Ungheria, Irlanda, Lussemburgo, Estonia e Bulgaria – non vi sono limiti sulle cifre che è possibile donare ai partiti. Tutti gli altri Stati hanno fissato un limite, ma si va tra i 500 euro del Belgio a i 300.000 euro della Slovacchia.
Una situazione simile è quella della Francia, dove non vengono resi pubblici i nomi dei donatori, ufficialmente per motivi di “privacy”. Rivelare il nome di un donatore è “soggetto alla riservatezza della sua vita privata”, ha infatti scritto in una e-mail un portavoce dell’autorità incaricata di verificare i conti dei partiti politici in Francia, Paese in cui i cittadini non possono dunque conoscere chi, nell’arco di 4 anni, ha finanziato 11 partiti nazionali per 47 milioni di euro e i partiti regionali e locali per una cifra di tre volte superiore. Un contesto similare è quello della Spagna, dove i nomi dei donatori vengono pubblicati solo se la donazione supera i 25.000 euro. Cosa che, dal 2015, non è mai avvenuta, anche perché vige una scappatoia che consente a chiunque sia formalmente affiliato a un partito politico di donare somme ben più consistenti senza che si applichino le regole sulle donazioni. In Portogallo e Lussemburgo si può accedere alla documentazione solo recandosi fisicamente presso la Corte dei conti o il parlamento nazionale. Anche in questo caso, è vietato rendere pubblici i nomi dei donatori per motivi di “protezione dei dati”.
A distinguersi per trasparenza, secondo i risultati dell’inchiesta, sono i Paesi Baltici. Il caso più virtuoso è probabilmente quello dell’Estonia, dove vengono resi pubblici i nomi dei quasi 50.000 iscritti ai 13 partiti del Paese e le quote mensili che pagano. Inoltre, le donazioni a partire da 1 euro sono visibili a tutti, con gli elenchi delle generalità e degli importi versati che vengono pubblicati a cadenza trimestrale. Il quadro è simile nella maggior parte dei paesi dell’Europa centrale e orientale, che ogni anno pubblicano i dati sulle donazioni e sui finanziatori. Eppure, Follow The Money fa notare come anche in Estonia e Lettonia, dove “vengono rese pubbliche informazioni dettagliate come la data di nascita di un donatore”, si sono verificati “diversi casi in cui si è scoperto che il donatore nominato non era la persona effettiva che aveva donato il denaro”, poiché “gli uomini d’affari che avevano bisogno dei favori dei politici usavano uomini di paglia per nascondere la propria identità”.
Un discorso a parte va fatto per l’Italia. Nel nostro Paese il finanziamento pubblico ai partiti è stato abrogato nel 2013, ma i partiti possono ancora ottenere risorse grazie al 2 per mille che deriva dalle dichiarazioni dei redditi dei cittadini. Il partito che nel 2023 ha incamerato più denari è stato il PD (8,1 milioni), seguito da Fratelli d’Italia (4,8) e dal M5s (1,2). Nonostante la rigidità delle regole sulla rendicontazione delle donazioni, Follow The Money scrive che in Italia “i partiti sembrano aver trovato un modo per aggirarli”. Infatti, “le aziende e gli individui tendono a donare non direttamente ai partiti, ma ad altre entità correlate, come fondazioni politiche o comitati elettorali”, contribuendo a creare di fatto “un sistema parallelo per la raccolta di fondi e l’organizzazione di eventi a beneficio dei partiti politici”. Il report ricorda infatti che “quando il governo ha creato nuove regole nel 2019 per costringerle a pubblicare i nomi dei loro donatori, le fondazioni si sono trasformate in organizzazioni senza scopo di lucro e hanno potuto, ancora una volta, mantenere segreto da chi ricevevano denaro: le organizzazioni no-profit sono esenti dalle regole di divulgazione”.
In conclusione, in Italia e in generale in tutta Europa, il sistema di finanziamento pubblico dei partiti è stato progressivamente smantellato e sulle sue ceneri si è sviluppato un sistema di finanziamenti privati che però è totalmente opaco. E, quindi, potenzialmente di facile accesso per interessi lobbistici e particolari.
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