Elezioni in un’Europa in crisi profonda
di ROBERTO IANNUZZI (blog personale)
Le scelte paradossali delle élite politiche europee non fanno che accelerare il disastro di un continente.
La presidente uscente della Commissione UE Ursula von der Leyen al parlamento europeo (European Union 2019 – Source: EP, CC BY 4.0)
Sono molti i temi che vengono evocati in relazione alle elezioni europee che si concluderanno questo fine settimana, dalla guerra in Ucraina all’ascesa dei partiti “euroscettici”, dal cambiamento climatico all’immigrazione.
Invece un argomento, che viene perlopiù trascurato, dovrebbe spiccare su tutti gli altri. Il cosiddetto “mercato unico” non ha prodotto la prosperità promessa. Numerose regioni del Sud, del Centro e dell’Est europeo sono in preda alla stagnazione e registrano un peggioramento del tenore di vita.
Perfino alcune regioni industriali dell’Europa occidentale sono ormai affette dal declino. E’ una tendenza mai realmente invertitasi dalla crisi finanziaria del 2008, a cui fecero seguito la crisi dell’euro e le politiche di austerità.
L’UE è sempre più un’Unione delle disuguaglianze , nella quale le tendenze divergenti continuano a rafforzarsi. L’ascesa dei partiti della cosiddetta estrema destra “euroscettica” è in gran parte conseguenza del malcontento diffuso nelle regioni più penalizzate.
Le prolungate politiche di austerità, la ridefinizione delle catene di fornitura avviata con la crisi del Covid-19, e la decisione europea di rinunciare all’energia a basso costo fornita dalla Russia, non hanno fatto altro che aggravare la crisi.
A ciò bisogna aggiungere i problemi fondativi dell’Unione Europea, in particolare il suo deficit democratico. Il trattato di Maastricht entrato in vigore nel 1993 è tecnicamente un accordo intergovernativo fra Stati. Il potere è accentrato nelle mani della Commissione Europea e del Consiglio Europeo, due organi non eletti.
Il parlamento che viene votato in questi giorni, unica istituzione a essere diretta espressione dei cittadini europei, è anche quella con meno poteri, consistenti in gran parte nella facoltà di ratificare e supervisionare l’operato dei primi due organi.
dell’ingresso di ben 10 nuovi membri nell’Unione, 8 dei quali erano paesi ex comunisti).
Ci sono ora altri 9 paesi candidati all’adesione, nei Balcani e nell’Europa dell’Est, fra cui spiccano Ucraina, Georgia e Moldova, nazioni strettamente legate, storicamente e geograficamente, alla Russia.
Questo processo di allargamento a est, che ricalca per molti versi quello della NATO, è accompagnato da un altro fenomeno: quello della progressiva trasformazione dell’UE da organizzazione finalizzata in primo luogo allo sviluppo economico degli Stati membri in un’entità la cui struttura è direttamente plasmata da obiettivi di difesa e di natura strategico-militare.
continente, a sua volta incentrato sull’industria bellica francese e sull’arsenale nucleare di cui dispone Parigi.
Proposte che incontrano la freddezza del cancelliere tedesco Olaf Scholz, il quale mal sopporta anche l’attivismo militare del leader francese Macron in Ucraina, in particolare la sua ventilata ipotesi di inviare truppe europee nel paese in guerra con Mosca.
Ancora una volta, tuttavia, al centro della disputa non vi sono i problemi economici e politici che davvero zavorrano l’UE.
Emblematica di questo paradosso è la posizione del presidente francese, il quale a livello europeo si propone come leader di un’Unione strategicamente più autonoma e militarmente più aggressiva, mentre rischia di perdere le elezioni in casa propria a causa dei problemi economici e sociali di cui soffre il suo paese.
Questo articolo è apparso sul Fatto Quotidiano
FONTE: https://robertoiannuzzi.substack.com/p/elezioni-in-uneuropa-in-crisi-profonda
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