1. Invereconde devono qualificarsi le contorsioni logiche, ancor prima che etiche, con cui i venditori di morte del Regno del Bene e della Democrazia (venduta alla plebe semicolta come Potere del Popolo) tentano di giustificare le atrocità di cui si macchiano la coscienza. L’onestà intellettuale è merce rara nel mondo distopico che ci circonda, mentre è chiaro come il sole che tutto ciò che ascoltiamo o leggiamo sul palcoscenico mainstream (ma proprio tutto!) impedisce ogni ipotetico avvicinamento del corso della verità a quello della realtà. Non è dunque tempo perduto tornare a riflettere su tutto ciò, tanto più che, secondo i saggi del passsato, repetita iuvant.
Solo una mente educata – affermava Aristotele – è in grado di comprendere un pensiero diverso dal suo senza la necessità di accettarlo. La Macchina occidentale della Menzogna è ormai un mostro dalle mille teste, costruisce notizie su misura come i sarti di un tempo, impedisce di dar senso agli eventi e sopprime ogni sussulto di quell’educazione critica che Aristotele suggeriva quale intreccio ideale di garbo, ascolto e crescita intellettuale.
Il potere generatore di spazzatura dell’impero malato infesta il nostro vivere come uno sciame di mosche in una latrina, servendosi di uno stuolo di maggiordomi – comodamente reperibili, purtroppo, sul palcoscenico politico/burocratico, mediatico e accademico – che in cambio di onori, carriere e denari, ha il compito di divertire le plebi inebetite da consumismo e mercificazione, o dall’angoscia di soccombere in una società spietata, mentre la spazzatura mediatica sfida persino la legge di gravità.
Se interporre una distanza siderale tra noi e tutto ciò non risolve il problema, ça va sans dire, consente però di tener in vita gli eterni ideali che danno senso all’esistenza, di infastidire insieme la coscienza dell’oppressore e la sonnolenza di qualche suddito, oltre che (e non è poco!) di non passare per imbecilli. A proposito di imbecillità, le tipologie sono molteplici, alcune individuali o per così dire spontanee, altre socialmente strutturate da un potere persuaso di nasconderne il profilo in labirinti impenetrabili, che tali però non sono.
Ora, pur esprimendo profonda esecrazione nei riguardi degli scrivani di giornali e dei pronunciatori televisivi di pensieri fabbricati e sconclusionati, nutriamo però nei loro riguardi un’umana comprensione, essendo essi in maggioranza precari, una condizione che invece non vivono le altre categorie di camerieri, pur essendo tutti altamente nocivi e antisociali. Il tallone del potere sarebbe comunque meno pesante se non potesse contare sui servigi di costoro, i quali – fatte salve le immancabili, ininfluenti eccezioni – devono considerarsi appartenenti a una stirpe espunta di ogni umana empatia, priva di morale personale ed etica collettiva.
D’altro canto, poiché lungo e penoso resta il processo di acquisizione della consapevolezza, le presenti riflessioni devono accogliersi con indulgenza da parte di chi dispone di poco tempo per vincere la quotidiana battaglia contro la menzogna, disponendo di strumenti insufficienti o dovendo riservare al lavoro le proprie energie.
2. Per svelare qualche interrogativo di uno scenario intricato, occorre chiarezza, terreno arduo, beninteso. Tuttavia, l’aggregazione delle componenti del prisma che abbiamo di fronte aiuta a riconoscere i nemici principali del nostro vivere civile: essi sono, sul piano economico un insaziabile neoliberismo, globalista e bellicista, su quello dei valori la mercificazione della società, sul piano politico il sistema democratico tutt’altro che democratico, su quello filosofico il nichilismo narcisista, sul piano sociale il dominio di una plutocrazia priva di limiti e su quello geopolitico l’impero più militarizzato che la storia abbia registrato, gli Stati Uniti d’America, un paese che minaccia la sopravvivenza del genere umano. Malauguratamente, i pochi che nella nostra società si battono contro tali patologie sono divisi, talora prede di impulsi solipsistici o dissociazioni insensate. Un errore fatale.
Quando si riflette su disgrazie e turbolenze della scena internazionale è pratica diffusa occultare il nome di chi le ha generate, gli Stati Uniti, e non per disattenzione o scarsa memoria, ma per corruzione, morale o materiale. Va detto e ripetuto che con Stati Uniti non intendiamo il popolo americano, quei 335 milioni di abitanti anch’essi spremuti e sottomessi, ma quello 0,1% che come una piovra proietta ovunque la sua ombra vorace. Le 800 basi militari in 145 paesi al mondo sono notoriamente incaricate di aiutare le anziane signore ad attraversare la strada o, en passant, proteggere la sicurezza americana a 10 mila chilometri di distanza: un abisso di falsità che la metà basta a ubriacare la mente. Solo un’incomprensibile cecità da parte della società e della classe una volta dirigente dell’Europa, da tempo umiliata e devitalizzata dalla propaganda dominante, impedisce di prendere atto di tale metastasi.
La buonanima di H. Kissinger – uno dei maggiori organizzatori di colpi di stato che la storia ricordi – affermava con tono canzonatorio che
“essere nemico degli Stati Uniti è pericoloso, ma esserne amici è fatale”.
Passato egli a miglior vita, e soprattutto alla luce dei profondi cambiamenti in corso sulla scena planetaria, l’ora sembrerebbe giunta per sfidare tale indecente canzonatura, prendendo distanza dall’impero e verificando l’attendibilità della minaccia occulta del caro estinto. W. Churchill, non K. Marx, affermava che
non sono i nemici che dobbiamo temere. Essi sono davanti a noi e li guardiamo in faccia, ma i falsi amici, di solito alle nostre spalle e con un pugnale in mano.
Davanti al pericolo di essere annientati in conflitti pianificati da un impero in decomposizione, un paese suddito ed esposto alla rappresaglia come l’Italia (accantoniamo gli altri europei) godrebbe di una preziosa occasione per recuperare qualche spazio di autonomia, stracciare i patti segreti impostici nel 1943/45 (un secolo fa!), cacciare le truppe imperiali dal nostro territorio, che vestano insegne Nato o statunitensi fa poca differenza (nessuno ci minaccia!), aggiornare la nozione di atlantismo/europeismo, divenuti dogmi religiosi sui quali ogni riflessione è giudicata un crimine e interrompere il declino del Paese, che così tornerebbe gradualmente ad essere la Regina di quel Mare che un tempo chiamavamo Nostrum. A questo punto, il lettore è cortesemente invitato a trattenere il riso o lo scherno. Sognare, tuttavia, resta uno dei privilegi della scrittura.
3. Tornando al punto, deve ritenersi colpa grave assistere senza far nulla alla demolizione delle nostre culture da parte di un impero onnivoro, per di più eticamente e politicamente analfabeta. I pochi amerindi sopravvissuti ai massacri conoscono bene l’esito salvifico delle pratiche assimilatorie di quella grande democrazia – che per indolenza chiamiamo America (ci perdonino i nobili abitanti di quel grande Continente!). A fronte di un processo demolitorio valoriale, sociologico, antropologico e finanche linguistico che minaccia tutti i paesi del globo, in primis i vassalli europei, facili prede ormai di una spirale autodistruttiva, sarebbe un dovere storico erigere idonee barricate, se ve ne fosse la coscienza, aggiungerebbe qualcuno, ed avrebbe ragione.
4. Tali riflessioni puntano a catturare la ragione per la quale le società del Regno del Bene hanno creato una mistica interpretativa di due guerre la cui escalation scatenerebbe l’apocalisse, guerre nutrite dal complesso militare/industriale Usa.
In Palestina, lo scenario è chiaro persino alle pietre dell’antica Giudea, ma il lavaggio cerebrale impedisce ai sudditi delle democrazie occidentali di dare nome a quanto avviene. Dopo aver gettato uno sguardo distratto sulla martoriata terra di Gaza i maggiordomi mediatici si strappano le vesti sul lessico da usare: quel che fa Israele non può essere qualificato genocidio, come se chiamarlo massacri, omicidi di massa, bombardamenti indiscriminati o altro facesse per i palestinesi qualche differenza. Che vergogna! Israele si colloca ormai fuori dalla civiltà contemporanea, giuridica e di valori, e come tale andrebbe trattato. Uno stato terrorista, che giustifica persino lo stupro di prigionieri palestinesi – che il 46% degli israeliani reputa legittimo, mentre il 67 % pensa che il governo stia facendo troppo poco contro i palestinesi, come se non bastassero le bombe su scuole e ospedali (quei pochi rimasti), e su esseri umani, donne e bambini, inermi e incolpevoli – meriterebbe l’ostracismo da parte della comunità delle nazioni. Fa meraviglia che ciò non sia ancora avvenuto.
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