Falsi contenuti giornalistici pagati dalle aziende: La Repubblica di nuovo nella bufera
di L’INDIPENDENTE (Stefano Baudino)
L’ennesimo caso di commistione tra pubblicità e informazione ha scatenato una nuova protesta all’interno del quotidiano La Repubblica, portando il Comitato di redazione a mobilitarsi. Il sindacato, che manifesta da tempo insofferenza nei confronti della direzione di Maurizio Molinari – già sfiduciato lo scorso aprile – ha infatti indetto uno sciopero redazionale per i giorni del 25 e del 26 settembre, lamentando in una nota «le gravi ingerenze nell’attività giornalistica da parte dell’editore, delle aziende a lui riconducibili e di altri soggetti privati avvenuti in occasione dell’evento Italian Tech Week», organizzato da Exor e attualmente in corso a Torino. Il Comitato di redazione ha rivelato che il 25 settembre è uscito insieme al quotidiano un inserto di oltre 100 pagine con una serie di articoli apparentemente “giornalistici” ma, in realtà, pubblicati dietro compenso delle aziende. Una nuova dimostrazione di come, su molti giornali mainstream, la linea di confine tra informazione e pubblicità sia evaporata.
La protesta dei giornalisti di Repubblica ha bloccato la copertura di “Italian Tech Week”, evento di Exor (prodotto tramite la sua società Vento), proprietaria di Gedi e, quindi, dello stesso quotidiano. Una settimana prima dell’inizio della manifestazione, sette giornalisti dell’area Economia hanno ricevuto una comunicazione da una dirigente di Exor, con la descrizione del programma della tre giorni e dei pezzi per la pianificazione dell’inserto in uscita il 25 settembre con Repubblica. Come ricostruito dal portale Professione Reporter, nella lettera si evidenziava che di fatto, a “comandare” dovessero essere proprio gli sponsor. Il Comitato di redazione ha richiesto un incontro con il direttore Maurizio Molinari, che in prima battuta ha parlato dei fatti descritti dai rappresentanti dei giornalisti come di «cose gravissime». Successivamente, ha rivelato che la lettera era stata autorizzata dal vicedirettore con delega all’Economia, Walter Galbiati. Quest’ultimo ha presentato le dimissioni, che però Molinari ha deciso di respingere: scelta apertamente contestata dal Cdr. L’Azienda ha poi reso noto di aver aperto un provvedimento disciplinare nei confronti di Galbiati, il quale, nel frattempo si sarebbe “autosospeso”.
Il livello di tensione ha subito però un’impennata, sfociando nella scelta di scioperare, quando il Cdr ha scoperto un file in cui gli articoli dell’inserto da 112 pagine venivano allineati ai relativi contributi finanziari da parte delle aziende coinvolte. All’interno dell’inserto, gli articoli risultavano apparentemente giornalistici, inducendo così in errore i lettori, che non venivano avvertiti del fatto che in realtà si trattasse di contenuti brandizzati. Che, peraltro, come dimostrerebbe lo stesso file, sarebbero stati visionati, corretti e aggiustati dagli uomini Exor. Ricordando come, ormai «da tempo», si denuncino «i tentativi di piegare colleghe e colleghi a pratiche lontane da una corretta deontologia e dall’osservanza del contratto nazionale», nel comunicato il Cdr ha tirato in ballo direttamente l’ad di Exor: «Ci rivolgiamo anche all’editore – e non padrone – di Repubblica John Elkann affinché abbia profondo rispetto della nostra dignità di professionisti e del valore del nostro giornale, testata con una propria storia e identità che non può essere calpestata. La democrazia che ogni giorno difendiamo sulle nostre pagine passa anche dal reciproco rispetto dei ruoli sul posto di lavoro». Come se non bastasse, con un significativo colpo di mano e a sciopero in corso, la proprietà ha deciso di trasmettere comunque in streaming sul sito di Repubblica l’evento “Italian Tech” il 25 settembre.
Non è certo il primo caso in cui la direzione de La Repubblica provoca le proteste dei giornalisti. Lo scorso aprile, il Cdr del gruppo GEDI aveva approvato a larga maggioranza una mozione di sfiducia al direttore Maurizio Molinari, proclamando uno sciopero di 24 ore. L’episodio era stato scatenato dalla decisione del direttore di mandare al macero 100 mila copie già pronte dell’inserto economico Affari&Finanza, in uscita lunedì 8 aprile, a causa dell’articolo di apertura, riguardante i legami economici tra Italia e Francia – tra cui il ruolo del governo italiano con Stellantis, presieduta dalla famiglia Elkann – che portava la firma di Giovanni Pons. Il pezzo era stato cancellato e sostituito da un articolo sullo stesso argomento, redatto proprio dal vicedirettore Walter Galbiati, con titolo, catenaccio e parte del testo differenti. Ciononostante, Molinari è rimasto al suo posto, imponendo una linea editoriale talmente propagandistica da censurare interviste – caso esemplare quella al cantante Ghali, ritenuto troppo filo-palestinese –, e da spingere i “disallineati” ad andarsene, come accaduto al giornalista e collaboratore di lungo corso Raffaele Oriani. Quest’ultimo ha denunciato come il massacro israeliano su Gaza sia in corso anche grazie «all’incredibile reticenza di gran parte della stampa europea, compresa Repubblica».
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