La mente umana è narrativa
di GABRIELE GERMANI (Pagina FB)
La mente umana è narrativa, crea un’identità attorno a un racconto. Noi possiamo essere religiosi o atei, cattolici o ebrei, italiani o sardi, o molte di queste cose insieme, cercheremo etichette e storie della nostra vita che giustifichino questa o quella appartenenza rendendola coerente.
La narrativa è uno dei primi passaggi a cui veniamo esposti sin dalla più tenera infanzia in tutte le culture. Qualcuno si prende cura di noi e ci racconta episodi, favole, fatti, la propria giornata.
Impariamo così a distinguere toni di voce, espressioni facciali (anche micro-movimenti), intenzioni, impariamo ad avere un’attenzione condivisa e lentamente arriveremo a concepire l’altro come uguale-ma-diverso da noi.
L’uomo in età adulta deve sviluppare una teoria della mente, qualcosa che gli permetta di capire e interpretare le proprie e altrui azioni.
L’uomo è un mammifero con un’infanzia lunga. La nostra specie raggiunge tardivamente la maturità sessuale, ha una prima infanzia completamente dipendente dall’adulto e nei maschi continua a vedere una maturazione del cervello fino ai venti anni (nelle femmine si conclude poco prima, raggiungendo lo stesso risultato).
La socialità e il linguaggio sembrano ormai patrimoni condivisi con i nostri cugini-genitori Neanderthal.
La teoria del soppiantamento violento è in difficoltà.
Le tracce di DNA neanderthaliano negli euroasiatici di oggi sono prova inequivocabile di incontri tra comunità. Ad oggi non abbiamo evidenze conclusive sulla presenza di DNA mitocondriale Neanderthal nei Sapiens: gli incroci avvennero per lo più tra uomini N. e femmine S. e non al contrario. Possiamo pensare che le coppie del secondo caso fossero sterili o che lo fossero gli ibridi.
Sappiamo anche di scambi tra popolazioni più antiche e gli odierni Sapiens: probabilmente Erectus arrivati nella prima uscita dall’Africa in Eurasia; di scambi tra Denisova e Sapiens (evidenti nel DNA asiatico e oceaniano); e tra Neanderthal e Denisova. Abbiamo trovato individui misti nelle varie comunità, adulti e bambini.
Come possiamo escludere il massacro? Per cominciare non abbiamo prove evidenti di questo.
Non solo, la densità abitativa era tale, per cui è già difficile capire come fecero ad accoppiarsi, figuriamoci ad uccidersi!
Infine i ritrovamenti sembrano indicare altro.
Gli ultimi siti neandertaliani in Spagna mostrano chiari segni dell’endogamia, con corpi piccoli e scheletri fragili. Il cambiamento climatico interglaciale non favorì questa robusta specie adatta a temperature rigide; lentamente i gruppi diventarono sempre più piccoli e chiusi.
I ritrovamenti presso le Isole del Canale mostrano invece gruppi (forse) misti o fortemente ibridati, in ambienti piccoli, dove la convivenza ravvicinata avrebbe favorito la “fusione” S/N.
Più scaviamo nella nostra storia profonda e più scopriamo di non conoscerci, ma scopriamo anche che i pregiudizi sull’innata cattiveria umana, sul bisogno di competere e uccidersi a vicenda, sono fantasie da filosofi anglosassoni più che realtà biologiche.
Fonte: https://www.facebook.com/share/p/Z982tw7AXjQzn71q/
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