Gestazione per altri: alcune considerazioni di fondo
di LA FIONDA (Silvia D’Autilia)
Con 84 voti favorevoli, 58 sfavorevoli e nessun astenuto, lo scorso 16 ottobre è stato approvato il disegno di legge che considera reato universale la gestazione per altri (Gpa). Di fatto, nel nostro Paese questa pratica, più volgarmente nota come “utero in affitto”, era già vietata dalla legge 40 del 2004, secondo la quale: “chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600 mila a un milione di euro.” Ora, con l’approvazione a Palazzo Madama del ddl Varchi, con un solo articolo, viene ratificato che le pene previste dal comma 6 dell’art. 12 della legge 19 febbraio 2004, n.40, siano applicate anche se il fatto è commesso all’estero. Ma andiamo con ordine e proviamo ad analizzare nel dettaglio i singoli punti, partendo proprio dalle fondamenta.
La Gpa è una forma di procreazione assistita attraverso la quale una donna riceve una fecondazione, sostiene una gestazione e un parto per conto di un altro soggetto o di un’altra coppia di genitori, chiamati in questo senso “genitori intenzionali”. In base a chi dona i gameti si possono verificare vari scenari: che l’ovulo sia della stessa gestante, che in questo caso sarà anche la madre biologica del bambino; che l’ovulo venga donato da una donna ulteriore; che lo sperma sia di un donatore; che sia del padre biologico del bambino o di uno dei due genitori nel caso di una coppia omosessuale. Come si capisce, dunque, le possibilità sono differenti e molteplici, e la realizzazione della fecondazione risente già in partenza dell’incrocio oculato e studiato di queste variabili. E ancora: se la madre surrogata non viene remunerata si parla di “Gpa altruistica”, che prevede per la donna solo un rimborso spese legato ai mesi di gestazione; se è invece prevista una remunerazione si parla di “Gpa commerciale”, programmata e messa in atto da precise agenzie del mestiere, dove, tramite consulenti specializzati, vengono redatti appositi contratti che le parti coinvolte s’impegnano a rispettare.
Anche se la regolamentazione varia da Stato a Stato, gli Stati Uniti, da ormai molti anni, sono uno tra i Paese leader nella surrogacy per l’altissimo numero di bambini nati con agenzie che realizzano la pratica attraverso la vendita di veri e propri pacchetti assistenziali. Le cifre da capogiro possono variare in base alla tipologia di gestazione e possono aumentare in presenza di complicazioni gestazionali, durante il parto o post parto. Si stima che i pacchetti possano arrivare a superare i 140 mila euro a bambino o 250 mila euro, nel caso in cui la fecondazione dia vita a una gravidanza gemellare.[1] In altri Paesi come Ucraina, Grecia e Georgia, invece, dove le contrattazioni sono meno stringenti e trasparenti, i costi sono più bassi, ma comunque importanti, con stime di 50 mila euro circa a nascituro. Oltre ai già menzionati Stati Uniti, la pratica è consentita anche in Canada, Israele e Australia ma con differenze che possono riguardare l’eventuale remunerazione o rimborso spese della gestante. Particolare è il caso dell’India, che, dopo essere stata a livello internazionale una meta privilegiata per la maternità surrogata, a seguito delle numerose segnalazioni sullo sfruttamento delle madri che accettavano la prestazione perché in stato di povertà, è stata costretta a un dietrofront col Surrogacy International Bill del 2015, volto a limitare e condizionare la pratica. Per quel che riguarda il Vecchio Continente, la surrogata è già vietata in Spagna, Francia e Germania, mentre è legale in Regno Unito, Paesi Bassi, Bulgaria e Belgio, ma anche in questo caso con diversificazioni legislative riguardanti la natura del pagamento o il ricorso alla pratica da parte di residenti o stranieri non residenti. In Italia la surrogata era già vietata appunto da vent’anni, ma con l’approvazione del Ddl Varchi diviene reato universale, per cui anche nel caso in cui un cittadino italiano si rechi all’estero per usufruire del servizio verrà punito dalla legge.
L’espressione reato universale afferisce a una dimensione eccezionale del diritto penale, contrapposta al principio di territorialità, per il quale vengono perseguiti dalla legge reati commessi sul territorio italiano. Altri reati universali per la giurisdizione italiana sono ad esempio i crimini contro l’umanità, il genocidio o la pedofilia. Naturalmente, come diversi esperti non hanno mancato di notare, il concetto di universalità connesso a questo reato solleva una serie di criticità che è comunque interessante riportare. In primo luogo, l’applicazione della norma confliggerebbe con le leggi a tutela del minore, ovviamente innocente e incolpevole, e della cui gestione è anzi dovere assoluto e prioritario occuparsi d’ora innanzi. Secondariamente c’è la difficoltà di dimostrare che il bimbo provenga da una gestazione surrogata se, come abbiamo visto sopra, la pratica è in taluni Paesi consentita e dunque non sarebbe così semplice ottenere la relativa documentazione che lo dimostri.[2]
Per terzo, si potrebbe sempre ipotizzare che alcuni soggetti particolarmente facoltosi potrebbero estinguere facilmente la sanzione pecuniaria, fruendo senza problemi della pratica all’estero e determinando così implicitamente una discriminazione verso chi per ragioni economiche è invece costretto sul territorio nazionale a rispettare la legge. E infine, nell’ipotesi che appunto il genitore o i genitori riescano a liberarsi agevolmente della multa, gli stessi bambini, fin da piccolissimi, sarebbero come segnati da una sorta di marchio d’illegalità.
Oltre a queste criticità, non sono mancate aspre e accese contestazioni durante la seduta di approvazione in Senato. Come descrive il Fatto Quotidiano di mercoledì 16 ottobre, dai banchi dell’opposizione c’è chi ha parlato di “manifesto puramente ideologico”; chi ha rivendicato “di poter fare quello che meglio ritiene col proprio utero” alla stregua della donazione di organi; chi si è appellato al diritto di autodeterminazione del proprio corpo e della libertà decisionale di ogni donna; chi ha fatto presente che i bambini non devono essere bersaglio del “furore legislativo” e chi ha paragonato la legge a un “assurdo giuridico”.[3] Anche i social, a catena, hanno preso a riempirsi, come di consueto, di post e di meme sul tema.
Intento del presente testo, lungi dall’alimentare la solita guerra tra parti, è invece quello di portare alcune puntualizzazioni sulla questione, sperando di smarcare la discussione che ne è scaturita dal consueto clima di banalità e argomentazioni a colpi slogan e frasi fatte tipico del nostro tempo.
È oramai noto che il ricorso alla Gpa avviene per un ampio ventaglio di motivi: dai problemi d’infertilità alle malattie pregresse; dai desideri delle coppie omosessuali al desiderio del singolo. Ed è proprio in virtù di questa ampia casistica che la legge deve adottare una posizione unitaria e definitiva, per evitare di creare discriminazioni legate ai singoli casi. In sostanza la domanda a cui il legislatore è chiamato univocamente a rispondere potrebbe essere formulata così: è consentito dalla legge che una donna possa portare in grembo un essere vivente che partorisce e poi allontana da sé e dal suo accudimento? Di fatto, appartenendo l’uomo alla classe dei mammiferi, la domanda acquisisce già in partenza un tono retorico e pleonastico. Ma poniamo che alla legge non importi nulla della classe animale di appartenenza dell’uomo: cosa comporterebbe, in termini puramente esistenziali, questa pratica? Implicherebbe che la prima relazione umana, o meglio la relazione umana per eccellenza e per antonomasia, quella madre-figlio, possa essere accantonata e non tutelata per legge. Implicherebbe che l’irripetibile emotività sperimentata dalla madre durante i lunghi 9 mesi e durante il parto possa essere senza problemi anestetizzata per legge. Implicherebbe che il lungo e progressivo lavoro del bambino di riconoscimento della propria madre, del suo battito cardiaco e della sua voce, a guisa di rassicurazione e consolazione per il futuro, possa essere senza problemi sminuito per legge. Era il 1960 quando il chirurgo militare Adam Cowley osservò come i pazienti gravemente traumatizzati moltiplicavano le loro possibilità di sopravvivenza se riuscivano a essere presi in cura nei 60 minuti immediatamente successivi al trauma. È il concetto della cosiddetta “golden hour”, che dopo pochi anni prese piede anche in ostetricia, dove si osservò che negli istanti subito successivi al trauma del parto, il bambino s’impegnava autonomamente e per istintiva ricerca di cura, nutrimento e protezione a cercare il seno materno. Oggi questo comportamento del bambino prende il nome di “breast crawl” ed evoca proprio l’azione di brucare alla ricerca del petto della madre non appena viene adagiato pelle a pelle sul suo ventre. Secondo diversi studiosi[4] il bambino è istintivamente portato a compiere quest’azione solo riconoscendo l’odore della madre e del suo seno che gli ricorda il sapore del sacco amniotico. Scrive la psicologa perinatale Wilma Riolo, autrice del libro La vita dentro:
In questa dimora [l’utero materno] egli [il bambino] ha già sentito dei rumori, percepito della luce, esperito delle sensazioni legate al contatto e ha potuto vivere tutto ciò perché è proprio nel grembo materno che i sensi iniziano a svilupparsi. Qui le sensazioni iniziano a fiorire perché il grembo materno non è un ambiente asettico, ma un mondo relazionale in cui tanti piccoli stimoli sono compresenti e in relazione tra loro. Il grembo materno è vivo, ricco di suoni – il battito cardiaco [materno], il rumore bianco del sangue [materno] che scorre nelle vene – ma è anche ricco di odori e sapori e in esso entra anche seppure in modo tenue la luce.[5]
Sempre più studi dimostrano come i primissimi circuiti neurali del bambino si formino proprio nel grembo materno grazie alle primissime percezioni che il bambino sperimenta e non senza connessioni con gli stati d’animo che la stessa madre vive. È per questo che secondo molti studiosi della psicologia perinatale, tra cui il noto medico chirurgo Michel Odent, oltre a eseguire tutti gli esami di monitoraggio della gravidanza, è anche fondamentale curare il benessere della madre, affinché possa direttamente trasmettere il “cocktail di ormoni dell’amore” (prolattina, ossitocina ed endorfine) al figlio e iniziare così a costruire un legame di attaccamento saldo e sereno.
Quello che invece oggi si vorrebbe far credere è che tra gestazione, nascita e vita futura non esista alcun filo di congiunzione e che un legame potentissimo come quello appena descritto possa essere tranquillamente reciso, considerando l’utero una sorta d’incubatrice e il bambino una sorta di oggetto di passaggio.
Tutt’altra storia – non occorrerebbe dirlo ma sempre meglio precisare – è ovviamente quella di chi decide di adottare un minore, che per svariate ragioni è stato allontanato dalla sua famiglia d’origine. In questo caso la costruzione del legame avviene sì secondariamente dopo la nascita ma per causa di forze maggiori e per la scelta encomiabile di sottrarre il bambino dal rischio di rimanere senza genitori e famiglia.
Entriamo ora nel merito della cosiddetta “gestazione commerciale”. Questa volta, al netto dell’ampia casistica già menzionata sopra, la domanda a cui il legislatore è chiamato a rispondere potrebbe essere formulata così: è consentito dalla legge che una donna possa essere pagata per portare in grembo un essere vivente che partorisce e poi allontana da sé e dal suo accudimento? Anche in questo caso, il tono del quesito è già di per sé retorico, dal momento che il nascituro è come assimilato a un bene d’acquisto e il corpo della donna a una macchina che produce quel bene. Eppure, c’è stato un tempo in cui l’uomo si era interrogato criticamente sui confini della mercificazione e sui limiti che il Capitale non può superare. La svalorizzazione dell’umano cresce in rapporto diretto con la valorizzazione del mondo delle cose, scriveva Karl Marx nel 1844.[6] Ogni produzione di merce equivale all’aumentare dell’alienazione umana, si diceva appunto. Ma ora quei tempi paiono completamente dimenticati. La scienza ha fagocitato l’esistenza stessa. Eppure, se c’è una cosa che abbiamo imparato ormai con sufficiente certezza è che non tutto quello che proviene dalla tecnica o consente di fare la tecnica è per forza sinonimo di progresso. Esistono bisogni radicali, ovvero quelli legati alla pura sopravvivenza e che Marx chiamava “naturalmente necessari”[7], e poi esistono bisogni storicamente ed economicamente prodotti, e altro non sono che un’estraneazione dall’idea stessa di umano. Com’è possibile infatti parlare di sviluppo ed emancipazione soggiogando la vita stessa al mercato? E ovviamente non è necessario professare un credo religioso per porsi simili interrogativi: la sacralità e la genuinità della vita vengono molto prima di qualsiasi religione.
Non è invece dello stesso avviso l’esercito dei combattenti progressisti incaricato, tramite satira di meme social, di difendere la Gpa, paragonandola alla storia della Madonna, la quale ugualmente avrebbe portato avanti una gravidanza per conto terzi. Tale è il livello. Purtroppo. Ma del resto, di una simile tendenza a dileggiare e a offendere il divino era stato già fatto sfoggio durante la cerimonia d’apertura delle Olimpiadi di Parigi 2024. È solo annientando man a mano tutti i valori di una cultura che può prendere il via la qualunque fantasia mascherata da avanguardia. La nostra è un’epoca profondamente triste perché orfana di riferimenti saldi, inamovibili e inscalfibili. E quanto più si tenta come si può di difendere gli ultimi residuali capisaldi tanto più si rischia di essere catapultati nel girone dell’oltranzismo o addirittura del fascismo! Chi non sta al passo coi tempi merita il peggiore dei marchi, il non plus ultra delle critiche: oramai la strategia è collaudata. È solo il progresso che consegna patenti di democrazia!
Verrebbe allora spontaneo chiedersi – per coerenza e curiosità – dove si nascondessero esattamente questi teorici e queste militanti del pensiero libero e dell’autodeterminazione del proprio corpo negli anni drammatici della pandemia, quando senza l’adesione a un trattamento sanitario si rimaneva senza lavoro e si perdeva una cospicua fetta di diritti sociali. E quando venivano stilati identikit (sic!) di chi rifiutava la vaccinazione coatta, descrivendolo come un soggetto dotato di sola licenza di scuola media, disoccupato e con disagio abitativo[8]. Strana coincidenza quella per cui chi allora non si preoccupava di mettere in risalto i profitti di Big Pharma sulla nostra pelle oggi non si preoccupa neppure del business sotteso alla legittimazione della Gpa! Durante il Covid la macchina del fango messa a punto per chiunque osasse contraddire il discorso dominante ha raggiunto livelli così abominevoli che in una manciata di mesi sono state completamente vanificate tante litanie sui concetti di inclusione, autodeterminazione e libertà. È anche per questo che oggi è quanto mai ovvio e spontaneo guardare con sospetto chi sventola simili ideali senza averli saputi ugualmente difendere negli ultimi anni. La contraddizione è indigeribile e difficilmente dimenticabile.
E per concludere – se proprio si vuole andare per il sottile – come non pensare, in questi tempi bagnati dal sangue di tantissimi bambini palestinesi, alla ridondanza e all’imbarazzo di discutere della liceità di procreare per altri senza prima prendere una posizione netta e intransigente a difesa dei circa 15mila bambini nati sì, ma con con la colpa di averlo fatto nella parte sbagliata del mondo?
[1] Cfr. https://www.rainews.it/articoli/2024/10/maternita-surrogata-la-situazione-nel-mondo-dove-e-consentita-e-dove-come-in-italia-e-vietata-27fe4edd-aa7f-483f-84d6-06667b1e3f2e.html , consultato il 18/10/2024.
[2] Cfr. https://27esimaora.corriere.it/23_giugno_15/surrogata-reato-universale-legge-potra-essere-usata-punire-ovodonazione-spagna-f079a66a-0bb6-11ee-a43e-f9c625e8ed19.shtml, consultato il 18 ottobre 2024.
[3] https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/10/16/maternita-surrogata-reato-universale-voto-finale-al-senato-le-opposizioni-protestano-assurdo-giuridico/7732606/, consultato il 20 ottobre 2024.
[4] Varendi H. , Christensson K. , Porter RH. , Winberg J., Soothing effect of amniotic fluid smell in newborn infants. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/9570031/
[5] W. Riolo, La vita dentro, Anima edizioni, Milano, 2022, p.184.
[6] K. Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, Einaudi, Torino, 1968, p.68.
[7] K. Marx, Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica, La Nuova Italia, Firenze, 1968, vol.I, p.18.
[8]https://www.repubblica.it/cronaca/2022/01/08/news/l_identikit_del_no_vax_basso_livello_socio_economico_e_di_istruzione-333086915/
FONTE:https://www.lafionda.org/2024/10/24/gestazione-per-altri-alcune-considerazioni-di-fondo/
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