I diversi volti delle politiche migratorie
DA LA FIONDA (Di Massimo Falchetta)
Lo scontro fra governo e giudici sulla questione del “centro di rimpatrio” in Albania riapre la discussione sui migranti, in una situazione inedita: un dietrofront della politica europea, che ora sostanzialmente chiude le porte alla “migrazione irregolare” e quindi in modo più o meno esplicito guarda addirittura con interesse alla “soluzione” proposta dal governo Meloni che è quella – sostanzialmente simbolica e propagandistica – di spostare i confini all’esterno, come in una difesa preventiva o avanzata. Valore simbolico che travalica il valore economico: è per questo che la critica sullo spreco di risorse è spuntata se non inserita in un discorso più coerente sul tema.
Chiarisco subito che chiamerò migrante quello “non regolare”, ovvero quello costretto a forzare i confini terrestri o a sottoporsi alla pratica del naufragio e soccorso in mare. Pratiche molto rischiose: poiché infatti il numero di persone che vogliono migrare (coloro che chiedono di poter lavorare o di essere protetti) è molto superiore alla domanda di lavoratori, si genera il fenomeno dei “migranti”, come definito sopra. Questa disparità fra domanda e offerta è la discriminante che distingue la situazione attuale rispetto a quella dei periodi storici in cui la migrazione – ad esempio quella italiana verso l’America e verso l’Australia (terre relativamente “vergini” e in tumultuoso sviluppo a quei tempi) ma anche verso l’Europa del Nord – era tollerata se non favorita da entrambe le parti. L’immigrato è invece colui che migra con successo seguendo le vie legali, come nel caso della summenzionata migrazione italiana in America. La questione più spinosa sul tappeto è quindi la gestione dei migranti, non la migrazione in sé, che porrebbe solo questioni di tipo sociologico, affrontabili con azioni di tipo culturale.
Sulla mìgrazione e sui migranti la destra, anche europea, ha una posizione abbastanza chiara: “non appoggiamo la migrazione, per motivi ideologici, e soprattutto non vogliamo i migranti; a tal fine siamo disposti a creare dei centri avanzati (extra-europei) che agiscano da filtro spostando i confini reali oltre i nostri confini ufficiali”. Per inciso chi, come l’Albania, si appresta a fare questo “lavoro sporco” di filtro, acquisisce punti per essere ammesso al club europeo (anche se ciò non può essere ammesso esplicitamente) o ad essere remunerato per questo servizio, come la Turchia. Ed è anche abbastanza evidente che l’azione di filtro che ha finora svolto l’Italia, come è mia convinzione e come mostrerò nel seguito, ha probabilmente costituito un fattore di mitigazione della durezza europea nella questione del debito.
La sinistra invece si trova in una posizione difficile, in quanto da una parte appoggia o addirittura vuole la migrazione, e la vuole per questioni ideologiche ed economiche; dall’altra non è in grado di mettere in campo soluzioni concrete e sostenibili in merito, anche quando è al potere. Il compito della sinistra, oltre a essere difficile, si trova infatti di fronte a tutta una serie di contraddizioni. La prima è il fatto di essere europeista, e l’Europa ha in merito una contraddizione fondamentale: gli accordi di Dublino. Questi accordi sono un vero e proprio vulnus legale in quanto, a fronte di una libertà di scambio delle merci fra i vari paesi aderenti all’Unione, impongono una limitazione allo scambio di persone, nella fattispecie dei migranti. L’Europa senza confini interni per le merci ha in realtà dei confini interni per i migranti. Sulla base di questo accordo i paesi di frontiera (la frontiera d’Europa) hanno l’obbligo di trattenere i migranti eventualmente entrati dalla frontiera esterna (marittima o terrestre che sia) all’interno del proprio territorio; per di più, qualora un migrante riesca a superare la frontiera interna può essere rispedito indietro verso il paese di ingresso senza ulteriori formalità. Ciò non vale fra un paese europeo e il paese (extra-europeo) di provenienza, il quale normalmente rifiuta di riaccogliere il proprio cittadino che è scappato per fame o comunque per sostanziale necessità. Si aggiunga il fatto che spesso il migrante letteralmente fugge da un paese pericoloso (non sicuro), quindi non può legalmente esservi rispedito. I paesi europei di frontiera, come l’Italia, si trovano quindi in una posizione difficile; in pratica agiscono da filtro. Più esplicitamente, legalmente dovrebbero: “contenere” i migranti; riaccettare i migranti eventualmente sfuggiti al proprio controllo; accollarsi il respingimento verso i paesi di origine. Un “compito assegnato” abbastanza ingrato, oltre ad “accogliere” e magari trarre beneficio dai migranti; ma se i benefici fossero netti ed evidenti la questione non si porrebbe. Il compito assegnato è stato comunque accettato, anzi difeso e rivendicato di fatto dalla sinistra in quanto europeista e solidarista, ma necessariamente ciò è divenuto fonte di disaffezione da parte degli elettori italiani, in quanto percepito come compito gravoso e ingiusto. La contraddizione emerge ancora più chiaramente osservando per esempio che la Germania, paese appetibile per i migranti almeno fino a poco tempo fa, in quanto offriva discrete prospettive di lavoro, da una parte finanzia direttamente le ONG che soccorrono e portano i migranti in Italia, dall’altra chiude le proprie frontiere agli stessi migranti salvati da queste ONG. Senza parlare della Francia, che respinge i migranti ai confini alpini, addirittura in passato penetrando nel territorio italiano con proprie forze di polizia. La stessa Francia non riesce a impedire ai migranti di forzare la Manica per raggiungere l’Inghilterra, spesso naufragando, la quale a sua volta è uscita dalla Comunità Europea anche per questioni migratorie. La realtà europea è quindi molto meno soddisfacente di quanto si vorrebbe fare credere (a sinistra e da sinistra).
La seconda contraddizione è quella che, in quanto progressista, la sinistra appoggia l’evoluzione tecnica del lavoro, che spinge verso una crescente automazione e informatizzazione di tutti i settori produttivi e dei servizi. Ciò richiede una manodopera sempre più formata e specializzata. Non è cioè sufficiente una formazione generica, una semplice presenza o prestanza fisica, occorre una formazione specifica, a partire dalla lingua. Il mercato del lavoro è, cioè, sempre più esigente. Chi non risponde alle “specifiche” rimane quindi ai margini della società, o si mantiene in vita attività a basso valore aggiunto, comunque marginali.
La terza contraddizione è che la sinistra ha adottato da tempo l’ottica del mercato. In quest’ottica il migrante è una merce, che entra fatalmente in concorrenza con la merce locale, cioè la forza lavoro locale, abbassandone il valore di mercato. Non per niente sono le classi più popolari che sono le più restie ad accettare la migrazione (non solo i migranti), mentre le classi più abbienti e acculturate sono favorevoli, quando non se ne servono direttamente in modo profittevole.
Queste due contraddizioni messe insieme fanno sì che i migranti di fatto “non si vedono” se non quando sono protagonisti attivi o passivi di eventi di cronaca o addirittura luttuosi. Le occasioni reali di arricchimento culturale reciproco sono ben al di sotto della potenzialità, e avvengono in un’ottica “paternalista” (quindi razzista) in cui il migrante è tutt’al più oggetto di pietà e/o carità.
La quarta contraddizione è infatti che la sinistra non ha una soluzione efficace a fronte del fatto che il migrante, soprattutto in una fase iniziale, non riesce agevolmente ad essere “assorbito” dal mercato del lavoro (e in alcuni casi difficili ciò non avverrà mai) e va quindi assistito fornendogli vitto, alloggio, formazione linguistica, sociale e tecnica, se non si vuole che venga marginalizzato o finisca preda della criminalità. Questa assistenza costa una cifra dell’ordine di 10000 euro all’anno pro-capite, se deve essere assistenza efficace, dignitosa e foriera di successo nell’inserimento lavorativo e sociale. La sinistra non è in grado di indicare esplicitamente chi deve accollarsi questa assistenza, se sia lo Stato o l’ente locale o altri soggetti; assistenza che può facilmente raggiungere svariati miliardi di euro all’anno, in un frangente di sempre maggiori restrizioni alla spesa pubblica. Se l’ha fatto in passato, non è più in grado di proporlo in termini efficaci e riattualizzati. In altre parole, non è in grado di proporre soluzioni sostenibili, ovvero virtuose piuttosto che unicamente onerose per le finanze pubbliche.
La quinta contraddizione, in realtà la principale, è che la sinistra non ha una visione di insieme (globale) della questione migratoria, ovvero della causa profonda dell’attuale fenomeno migratorio, e di come farvi fronte. Si dirà che la migrazione è un fenomeno naturale, da che esiste l’umanità. C’è sempre stata, ed è positiva per rimescolare, quindi migliorare, il genere umano, eccetera. Ciò è vero, ma la sinistra è nata anche per proporre soluzioni alle naturali tendenze umane, quando producono o riproducono ingiustizia o disordine. Di fatto la migrazione fa fronte a una spinta individuale senza affrontare la questione globale dello squilibrio. La migrazione inoltre spesso e volentieri toglie risorse al paese di origine. Se parliamo poi di naturali tendenze umane alla migrazione, si può anche parlare di una naturale tendenza umana a resistere alla migrazione (appunto la posizione di destra). Se si potrebbe a ragione sostenere che la migrazione va favorita in quanto consente al migrante di migliorare la propria condizione, quando ciò avviene a scapito dell’autoctono (colui che si considera, per la propria origine, un autoctono) si produce una reazione di rigetto che riduce il consenso rispetto al fenomeno migratorio stesso e alla prospettiva di accoglienza. Si crea un conflitto, che potrebbe essere visto come “rivoluzionario” se fosse sufficientemente ampio e contenesse una visione rivoluzionaria, mentre se è incontrollato è sterile ed è solo fonte di “reazione”. In realtà, la tendenza attuale alla migrazione è esacerbata, rispetto a una tendenza “naturale”, dallo squilibrio di ricchezza, benessere e prospettive fra i cittadini europei e i cittadini delle aree sfortunate, o meglio sfruttate del pianeta. La grande ricchezza finanziaria che è stata accumulata, ed è nelle mani del sistema finanziario occidentale, non viene investita per far fronte a questo squilibrio, anzi lo esacerba. Questo è il problema fondamentale. Per di più l’Occidente è simbolicamente attrattivo; attraverso l’etere in vario modo lancia messaggi attrattivi a tutto il mondo (compresi i potenziali migranti: il mondo ormai è connesso quasi in toto) proponendo i suoi modelli di consumo; ma non riesce a soddisfare i bisogni che induce fra gli autoctoni, figuriamoci fra i migranti. La sinistra non ha una chiara visione su questa problematica, in quanto ha sostanzialmente accettato la visione capitalista e neo-liberista, rivolgendo la propria attenzione ai diritti civili (che sono sostanzialmente diritti individuali) e abbandonando ogni visione di tipo sociale e globale. In altre parole, chi ha le risorse per intervenire a monte sulle cause che generano la spinta migratoria? Il sistema finanziario! Non certo i cittadini comuni, gli elettori, che possono fare fronte al problema dei migranti solo riducendo il proprio welfare; oppure magari finanziando qualche ONG che opera in loco, o che li salva ma poi non è in grado di accoglierli. Gli autoctoni non sono quindi in grado di agire sulle potenti cause a monte della migrazione, ma possono solo adattarsi al fenomeno.
Qualora la sinistra tornasse al potere, e dovesse quindi gestirlo, avrebbe l’obbligo di rispondere agli elettori italiani, e non solo alle istituzioni europee, affrontando in primo luogo in modo esplicito le contraddizioni.
Se si dovessero trarre le estreme conseguenze, sarebbe necessario che il sistema finanziario occidentale intervenisse a sanare i guasti che ha creato a partire dal colonialismo. La Cina ci sta superando in attrattività nei confronti dei paesi da cui proviene la migrazione! Forse saranno loro a toglierci le castagne dal fuoco? Potrebbe darsi, ma niente avviene gratis, e di mezzo c’è anche la Russia, che non è certo una nostra alleata al momento. Poiché è comunque poco probabile che il nostro sistema finanziario si faccia carico del problema, la solidarietà verso le “classi povere, danneggiate e bisognose” imporrebbe allora che i migranti potessero migrare senza restrizioni; semplicemente prendendo l’aereo, o una nave, o un treno, come si faceva una volta. Mentre oggi possono migrare solo sottoponendosi a pratiche pericolose, con l’aiuto dei “trafficanti di uomini” (termine sommamente ipocrita, contraddittorio rispetto alla dichiarata volontà di accoglienza) ovvero forzando i confini o naufragando e venendo successivamente soccorsi. Questo è il combinato disposto della concreta inattuabilità dell’eliminazione tout court delle restrizioni e della scelta ipocrita di non guardare in faccia la realtà.
Se esaminiamo le leggi attuali in fatto di migranti, possiamo osservare che l’Italia è in una posizione difficile. L’UE afferma che gran parte dei paesi non europei (in pratica tutti i paesi da cui provengono i migranti e gli altri lungo il percorso, ad esempio quelli sulla sponda mediterranea) sono classificabili come non sicuri. Ovviamente la sinistra tende ad aderire, viceversa la destra classificherebbe sicura pure la Libia e la Palestina (ma non la Corea del Nord). E pure l’Afghanistan (a proposito, perché non accogliamo gli afghani?)! Le norme internazionali giustamente affermano che i migranti vanno soccorsi e portati nel porto sicuro più prossimo. Fatalmente, Lampedusa è quello più candidato e gettonato, in quanto il più vicino e raggiungibile risparmiando carburante. Vale la pena di ripetere che le leggi europee impongono che sia il paese di primo ingresso che si deve accollare sia l’accoglienza che le operazioni di discriminazione e “auspicabile” respingimento (perché l’Europa ormai auspica il respingimento, anche se proclama l’accoglienza), avendo cura che il migrante non filtri verso il territorio europeo, impegnandosi quindi a riaccogliere senza ulteriori formalità i migranti che fossero eventualmente sfuggiti al controllo. La legge italiana, infine, giustamente impone procedure molto lunghe e onerose per stabilire un eventuale respingimento forzato verso il paese di origine.
Di fatto, anche se ciò non è l’aspetto principale, è ovvio che i migranti funzionali al sistema produttivo europeo non vengono respinti. Ciò assomiglia alla nostra fuga dei cervelli verso il sistema produttivo nord-europeo, ahimè più performante del nostro, privando il PIL italiano dell’apporto di questi giovani ben qualificati. A livello europeo tutto ciò è indifferente, anzi auspicabile nell’ottica della “migliore allocazione delle risorse”; non a livello italiano. La questione è ben nota agli europeisti italiani, che invero sono necessariamente e “radicalmente” propugnatori di questa pratica di mercato. In definitiva, l’Italia si trova effettivamente in una morsa fattuale e legale, e ciò dovrà essere affrontato anche dalla sinistra, qualora tornasse al potere. Ma difficilmente ciò avverrà a breve termine, pare di capire. Le persone, anche se non hanno grande capacità di analisi, traggono comunque conclusioni per semplice intuizione.
FONTE: https://www.lafionda.org/2024/10/29/i-diversi-volti-delle-politiche-migratorie/
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