Il conglomerato tedesco Thyssenkrupp, il più grande produttore di acciaio in Germania, ha intenzione di licenziare il 40 per cento dei suoi addetti nel ramo siderurgico: colpa – a detta della società – dell’eccesso di offerta di acciaio in Europa e della “crescita delle importazioni economiche” dalla Cina, il primo paese produttore al mondo.
I LICENZIAMENTI DI THYSSENKRUPP…
Più nello specifico, Thyssenkrupp conta di rimuovere all’incirca cinquemila posti di lavoro entro il 2030 e di esternalizzarne altri seimila; verrà inoltre chiuso uno stabilimento di lavorazione dell’acciaio e la capacità produttiva annua dell’azienda sarà ridotta di un quarto, a 8,7-9 milioni di tonnellate. Thyssenkrupp Steel Europe, la divisione dedicata alla siderurgia dell’omonimo gruppo, ha spiegato che i licenziamenti sono necessari “per diventare più competitivi”.
… E LA SVALUTAZIONE
Negli ultimi due anni Thyssenkrupp Steel Europe è stata svalutata altrettante volte, l’ultima – per 1 miliardo di euro – solo pochi giorni fa: attualmente la valutazione ammonta a 2,4 miliardi di euro, meno della metà rispetto a due anni fa.
Su base annua, le azioni di Thyssenkrupp sono calate del 41 per cento. La perdita netta annuale prevista ammonta a 1,5 miliardi di euro.
ANCHE VOLKSWAGEN, BOSCH E FORD (E NON SOLO) TAGLIANO
Prima di Thyssenkrupp, già altre aziende tedesche avevano annunciato grossi tagli. La casa automobilistica Volkswagen, per esempio, ha intenzione di chiudere almeno tre stabilimenti, licenziare decine di migliaia di persone e tagliare gli stipendi agli operai che rimarranno. Bosch, tra i principali fornitori di componenti per auto al mondo, prevede di tagliare fino a 5550 posti di lavoro; anche ZF Friedrichshafen e Schaeffler, entrambe attive nella componentistica automotive, si preparano a licenziare. La statunitense Ford cancellerà altri quattromila posti di lavoro in Europa, principalmente in Germania, dove peraltro chiuderà la fabbrica di Saarlouis.
Per effetto di tutti questi tagli e chiusure, la Germania – prima economia dell’Unione europea e primo paese produttore di automobili – rischia un drastico ridimensionamento del suo settore industriale.
CHE SUCCEDE ALL’ACCIAIO
Non è buon momento non solo per l’industria tedesca, ma neanche per il comparto siderurgico europeo: la domanda di acciaio è fiacca e i prezzi sono bassi a causa principalmente del surplus produttivo in Cina, che viene riversato all’estero danneggiando la profittabilità degli stabilimenti nel Vecchio continente. Si prevede che nel 2024 Pechino esporterà oltre cento milioni di tonnellate di acciaio, il livello più alto dal 2016.
Per contrastare questo afflusso di acciaio cinese a basso prezzo, i produttori siderurgici europei chiedono l’imposizione di dazi.
IL PROBLEMA CON LA DECARBONIZZAZIONE
Qualche mese fa Thyssenkrupp disse al Financial Times che il “forte aumento delle importazioni di acciaio sovvenzionato” da parte dell’Europa rappresenta una minaccia ai piani di decarbonizzazione dell’industria siderurgica, che sta investendo nella (costosa) produzione di acciaio a partire dall’elettricità e dall’idrogeno verde, anziché dai combustibili fossili.
Secondo i calcoli di Aria, un’organizzazione no-profit che si occupa di clima, negli ultimi due anni Thyssenkrupp ha ricevuto sostegni economici da 2 miliardi di euro per la produzione del cosiddetto green steel. Il gruppo prevede di sostituire due altiforni con un impianto di riduzione diretta del ferro, un procedimento dalla minore intensità carbonica che utilizza il gas naturale (e in prospettiva l’idrogeno) per far reagire il minerale ferroso e ottenere un materiale chiamato preridotto; il preridotto viene poi passato in un forno elettrico, dove diventa acciaio.
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