I danni irreversibili delle scuole chiuse ignorati dalla politica
di ECONOPOLY (Francesco Bruno)
Luca Ricolfi, in un recente libro[1] sul mondo della scuola, ricorda un esperimento alquanto cruento, per effettuare un parallelismo sui problemi dell’istruzione. L’esperimento in questione (condotto dai premi Nobel Hubel e Wiesel), che prevedeva la cucitura di un occhio a dei gattini appena nati (tristezza infinita), mirava a dimostrare l’irreversibilità del danno causato ai piccoli felini anche a seguito della scucitura della palpebra. Allo stesso modo, secondo Ricolfi, quando uno studente “perde” mesi o anni di studio, non riesce più a recuperarli, poiché “anche in campo cognitivo i periodi critici esistono”.
Se pensiamo a quanto sopra e lo applichiamo alle chiusure delle scuole causate dalla pandemia, vengono un po’ di brividi sui possibili danni generati ad un immenso numero di studenti coinvolti. Ma oltre al danno cognitivo, un’altra paura riguarda gli effetti sulla disuguaglianza causati dalle chiusure forzate. Recentemente ho sfiorato il tema su questi pixel. Adesso arrivano nuove prove empiriche. Allarmanti, ma purtroppo non sorprendenti.
Il lavoro -a cura di Francesco Agostinelli, Matthias Doepke, Giuseppe Sorrenti e Fabrizio Zilibotti- cerca di dimostrare il triplo impatto della chiusura delle scuole sulla disuguaglianza nell’istruzione. Lo studio è condotto su studenti americani, partendo da un lavoro precedente dei medesimi autori.
I tre livelli di indagine riguardano il rapporto con la scuola da remoto, i rapporti con i coetanei e quelli con la famiglia di appartenenza. In particolare, secondo l’ipotesi, la scuola da remoto ridurrebbe la produttività nell’apprendimento. L’allontanamento fisico dai compagni di classe implicherebbe la necessità di frequentare unicamente coetanei dello stesso vicinato (possibile effetto segregazione). Infine, la chiusura delle scuole causerebbe una nuova sfida per i genitori, chiamati ad integrare anche la parte che solitamente spetta agli insegnanti. Ed ovviamente con risultati diversi a seconda della famiglia di appartenenza.
Le ipotesi sembrano trovare conferma nei dati. Secondo gli autori, si registrano gravi perdite di apprendimento negli studenti appartenenti a famiglie di basso reddito. Il canale che sembra avere un peso maggiore, sembrerebbe essere quello del rapporto con i coetanei. E penso che chiunque sia andato a scuola non possa che convenire con tale risultato empirico.
Proprio come nell’esperimento dei gattini, gli autori prevedono che, nonostante le riaperture delle scuole, si dovrà fare i conti con metà della disuguaglianza generata della pandemia. Che a sua volta si trasformerà in una riduzione del 25% delle possibilità di guadagno futuro. Il tutto in danno della preziosa capacità della scuola di fungere da propulsore della mobilità sociale.
Gli autori provano a suggerire anche qualche intervento politico per rimediare al danno. Come, ad esempio, programmi specifici con sessioni aggiuntive per gli studenti che mostrano maggiori difficoltà, sussidi per le famiglie meno abbienti per investire nel recupero. Si possono e si devono trovare altre idee per cercare di porre in qualche modo rimedio.
Ma questi studi dovrebbero servire soprattutto a far riflettere le classi dirigenti. Naturalmente è inevitabile che anche le scuole siano state e siano luoghi dove il virus si diffonde rapidamente. E proclamare teorie di pretesa “sicurezza delle scuole”, come se derivasse da benevolenza divina, non ha aiutato. Ma troppo spesso i politici nazionali (durante il primo anno di pandemia) e soprattutto quelli locali hanno spesso fatto finta di non capire l’importanza di mantenere le scuole aperte.
Durante il primo lockdown, le restrizioni colpirono quasi tutti. Persino molte fabbriche chiusero i battenti per un certo periodo. Successivamente, le attività produttive sono sempre state salvaguardate. E anche per le attività economiche si è fatto il possibile (nonostante la sofferenze subite e subende di alcuni settori). La stessa vigorosità di difesa non si è vista nei confronti della scuola. Probabilmente si riesce meglio a capire il danno economico che può subire un’attività se viene costretta alla chiusura. “Quel tizio, padre di famiglia, sta perdendo migliaia di euro al giorno”. Di contro, non si riesce a misurare il costo morale, sociale culturale e certamente anche economico che comporta la chiusura delle scuole. E il fatto che spesso non si comprenda, non è certamente di buon auspicio.
Twitter @francis__bruno
[1] Mastrocola P. Ricolfi L., “Il danno scolastico”, La Nave di Teseo 2021, citazione da pag. 39
Fonte: https://www.econopoly.ilsole24ore.com/2022/01/31/danni-scuole-politica/?uuid=96_rzZJhnZU
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