La Cina approda a Ravenna
di BOLLETTINO IMPERIALE DI LIMES (Giorgio Cuscito)
Gli eventi geopolitici più importanti di giugno lungo le nuove vie della seta. A cominciare dall’apertura del centro di ricerca e ingegneria navale di China Merchants in Italia.
Il Bollettino Imperiale è l’osservatorio settimanale di Limes dedicato all’analisi geopolitica della Cina e alle nuove vie della seta. Grazie al sostegno di TELT. Puoi seguirci su Facebook e Twitter.
INDICATORE GEOPOLITICO: 8
È il numero di posizioni scalate dalla Cina nella classifica dei più influenti donatori di aiuti economici all’estero dal 2014 a oggi secondo il rapporto di AidData.
Perché è importante
Gli aiuti economici sono uno strumento tramite cui espandere la propria influenza lontano dai confini nazionali. In quattro anni, la Repubblica Popolare è passata dal ventinovesimo al ventunesimo posto superando India e Giappone in questa speciale classifica. Ai primi tre posti si trovano il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e gli Stati Uniti.
Lo scorso marzo, la Cina ha incaricato la sua nuova Agenzia per la cooperazione allo sviluppo internazionale di promuovere la Belt and Road Initiative (Bri o nuove vie della seta) e coordinare meglio gli aiuti all’estero. Nel lungo periodo, la loro crescita potrebbe aiutare Pechino a vincere la diffidenza che diversi paesi stranieri nutrono riguardo la sua ascesa economica e militare.
RAVENNA LUNGO LE NUOVE VIE DELLA SETA
China merchants industry technology (Cmit) ha aperto la sua sede a Ravenna. Cmit è una branca della China merchants group (Cmg), seconda tra le aziende statali cinesi per fatturato e prima per asset nel 2017. Cmg opera in 53 porti nel mondo, incluso quello di Hambantota nello Sri Lanka (di cui controlla il 99%) e quello di Gibuti. La conglomerata controlla anche la China merchants bank, la quale investe nei progetti delle nuove vie della seta.
Il primo centro d’ingegneria navale di Cmg lontano dai confini della Repubblica Popolare si occuperà dell’ingegneria di base per le piattaforme petrolifere e per le navi da crociera fino a 250 mila tonnellate. Inoltre, sarà il centro degli acquisti per le costruzioni navali e l’ufficio marketing e commerciale per l’Europa.
Cmit ha subito acquisito know-how italiano assumendo 24 ingegneri nostrani provenienti dall’italiana Comart (in liquidazione da marzo scorso), che potrebbero diventare cento entro il 2019.
Considerata la rilevanza di Cmg nei progetti infrastrutturali cinesi, la presenza di Cmit a Ravenna potrebbe essere propedeutica a un coinvolgimento della conglomerata nello sviluppo del porto locale. La città rappresenta il terminale meridionale del corridoio Baltico-Adriatico della Trans european network-transport (Ten-t), passante anche per Trieste e Venezia, pure impegnate nel guadagnarsi un posto nella Bri. Il completamento della rete centrale della Tent-t è previsto per il 2030.
GLI USA OSTACOLANO GLI INVESTIMENTI DELLA CINA
Washington vuole limitare i nuovi investimenti della Repubblica Popolare nell’ambito della guerra commerciale con Pechino. Il provvedimento restrittivo dovrebbe essere applicato alle imprese di cui il 25% è di proprietà cinese (sia statali sia private) che vogliono acquisire compagnie tecnologiche statunitensi. Per adottare queste restrizioni, gli Usa dovrebbero servirsi dell’International emergency economic powers act del 1977. Il documento è già stato usato per impedire i finanziamenti alle organizzazioni terroristiche dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001.
L’obiettivo degli Usa è ostacolare lo sviluppo del piano Made in China 2025, con cui la Repubblica Popolare punta a diventare una superpotenza manifatturiera entro i prossimi sette anni.
A causa delle tensioni sino-statunitensi, gli investimenti cinesi negli Usa sono da tempo in fase calante. Nella prima metà del 2018, questi sono stati pari a 1.8 miliardi di dollari, il 92% in meno rispetto all’anno precedente secondo un rapporto di Rhodium Group. Nel 2016, gli investimenti della Repubblica Popolare negli Stati Uniti avevano raggiunto i 46 miliardi. Questo declino è dovuto all’incremento delle restrizioni adottate da Pechino nei confronti delle acquisizioni estere condotte dalle proprie aziende e al più intenso monitoraggio statunitense delle operazioni negli Usa della Repubblica Popolare.
LE NUOVE VIE DELLA SETA TOCCANO LA PAPUA-NUOVA GUINEA
La Papua-Nuova Guinea è diventata partner della Belt and Road Initiative. Si tratta del secondo paese firmatario dell’iniziativa geograficamente più vicina all’Australia insieme a Timor Est.
Negli ultimi sei anni, la Repubblica Popolare ha elargito aiuti per un totale di circa 1,8 miliardi di dollari nel Pacifico. La Papua-Nuova Guinea è il principale destinatario, seguito dalle Fiji, Vanuatu e Tonga. Tuttavia, sono l’Australia (7,7 miliardi di dollari) e gli Usa (1,9 miliardi di dollari) a elargire le cifre maggiori.
La presenza economica cinese nel Pacifico è osservata con attenzione da Canberra, la quale spenderà 14 milioni di dollari per aiutare Vanuatu a consolidare la sua sicurezza cibernetica in chiave anti-Cina. Lo slancio australiano dipende probabilmente dal fatto che qualche mese fa si vociferava di un possibile accordo tra Port Vila e Pechino per la costruzione di una base militare. L’ipotesi è stata seccamente smentita da entrambi i governi ma è bastata per porre Canberra in allerta.
PECHINO AMPLIA LA BASE DI GIBUTI
La Cina sta costruendo nella sua base militare di Gibuti (l’unica all’estero) un nuovo molo per l’attracco delle proprie navi impegnate in operazioni antipirateria. La misura non sorprende visto che lo scopo formale della struttura inaugurata lo scorso agosto è fornire “supporto logistico” a questo genere di missioni e a quelle di peacekeeping a largo del Corno d’Africa.
Eppure, nel lungo periodo il significato strategico della base va oltre queste attività. Da Gibuti è infatti possibile monitorare i flussi commerciali marittimi tra Oriente e Occidente passanti per lo Stretto di Bab el Mandab e il Canale di Suez. Non a caso anche Usa, Giappone, Francia, Arabia Saudita e Italia hanno infrastrutture militari in questo paese.
Nel lungo periodo, questa convivenza potrebbe diventare sempre più complicata, come confermano le schermaglie sino-statunitensi del mese scorso.
L’AIIB FINANZIA L’INDIA
L’India è diventata il più grande destinatario di finanziamenti dall’Asian infrastructure investment bank (Aiib), ma la sua avversione per le nuove vie della seta non cesserà. Negli ultimi tre anni, la banca creata nella cornice della Bri ha fornito a questo paese 4.4 miliardi di dollari per lo sviluppo di progetti infrastrutturali domestici.
Tuttavia, i rapporti sino-indiani sono lacerati dalle dispute di confine e dalla crescente presenza economica cinese in Pakistan, Nepal, Myanmar, Maldive e Sri Lanka. L’incontro dello scorso mese tra Narendra Modi e Xi Jinping ha placato le tensioni solo a livello epidermico, lasciando intatta la rivalità strategica dei loro due paesi.
L’India infatti è stato l’unico paese partecipante al recente summit della Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (Sco) a non appoggiare ufficialmente le nuove vie della seta.
LA COREA DEL NORD NELLA BELT AND ROAD INITIATIVE?
In futuro le nuove vie della seta potrebbero coinvolgere anche la Corea del Nord.
Nelle ultime settimane, Pechino e i media cinesi hanno sottolineato in più occasioni la volontà di sostenere lo sviluppo economico del paese eremita. Secondo il Global Times, la sua posizione geografica potrebbe facilitare il collegamento tra la sua rete infrastrutturale, quella cinese e quella sudcoreana.
Pechino vuole influenzare il destino di P’yongyang e impedire che questa accetti gli aiuti economici e la protezione in chiave anti-Cina offerta da Donald Trump a Kim Jong-un durante il vertice di Singapore. Questa dinamica e la guerra dei dazi tra Usa e Repubblica Popolare spiegano perché poco tempo dopo l’evento Xi Jinping abbia accolto il dittatore nordcoreano per la terza volta in soli cento giorni.
I DUBBI DEL MYANMAR
Secondo fonti consultate dal Financial Times, Naypidaw intende rinegoziare i costi del progetto per la costruzione del porto in mare aperto di Kyaukpyu finanziato dalla Cina. Il governo birmano vuole evitare che questo determini un eccessivo indebitamento e quindi un’eccessiva dipendenza da Pechino, come accaduto allo Sri Lanka con l’oneroso porto di Hambantota.
La Repubblica Popolare vuole servirsi di Kyaukpyu per ridurre (se necessario) la dipendenza dei suoi flussi commerciali dallo Stretto di Malacca, collo di bottiglia in cui gli Usa potrebbero ostacolarne il passaggio per danneggiare gli interessi economici di Pechino.
La Cina sostiene il processo di pace promosso da Auung San Suu Kyi (ministro degli Esteri, consigliere di Stato e leader de facto del Myanmar) e ha ancora una certa influenza su alcuni gruppi etnici armati che combattono contro Naypidaw. Inoltre, la Repubblica Popolare è il principale partner commerciale del Myanmar e la sua principale fonte d’investimenti. Pechino potrebbe far leva su questi fattori per evitare che il governo birmano comprometta il progetto di Kyaukpyu.
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