Gli Alauiti e la Babele della Siria
da GIUBBE ROSSE NEWS (Maria Morigi)
Con l’avanzata dei ribelli verso Damasco – e ormai Damasco è caduta – nel sobborgo di Jaramana a maggioranza drusa e cristiana, una folla di manifestanti ha rovesciato la statua di Hafez al-Assad, padre del presidente siriano appena fuggito all’estero. Il trattamento di damnatio memoriae è riservato, come sappiamo, ai “dittatori” travolti dalla furia popolare in altre primavere, quando le proteste erano ben sovvenzionate da “aiutanti” sponsor occidentali e contemporaneamente da formazioni come al-Qa’ida che tentavano di gestire le proteste delle primavere arabe in concorrenza con gli interessi degli stessi sponsor occidentali.
Quello che sta avvenendo in Siria lascia poche prospettive future se non una spartizione del territorio siriano secondo il tornaconto di grandi potenze NATO tra cui la Turchia e la spinta dei popoli oppositori al regime Assad, cioè alauiti, sunniti, curdi + drusi. Situazione simile a quella del 1991 con la caduta della Repubblica Democratica Somala, o nel 2011 con la caduta della Libia, che generarono disgregazione continuata senza che Somalia e Libia riuscissero più a recuperare sovranità ed integrità territoriale.
Siccome sono abbastanza Cassandra, scarsa in analisi strategico-militari, ma con diretta esperienza della vita nella Siria di Hafez al-Assad, non voglio parlare di grandi potenze che interferiscono e di fazioni jihaediste, parlerò invece di minoranze etnico-religiose, segno distintivo della realtà storica siriana e lievito della “guerra civile”. In Siria, oltre agli arabi, vive un mosaico di gruppi etnici: armeni, assiri, circassi, curdi, dom e turcomanni. Vivono anche gruppi etnico-religiosi (da qualcuno definiti “sette” e sottovalutati dal desacralizzante laicismo occidentale) come drusi, alauiti e alevitii i quali derivano dal gruppo della shi’a che decise di seguire Alì bin Abi Talib cugino e genero del Profeta, creando una corrente all’interno dell’Islam ritenuta deviante o eretica. Infatti sia i sunniti che gli sciiti negarono a tali gruppi lo status di musulmani.
Gli alauiti abitano le montagne lungo la costa del mar Mediterraneo, le pianure attorno a Hama e Homs e tutte le principali città. Sono circa tra 5 – 6 milioni, il 20% della popolazione sirianaii.
La storia degli alauiti è strettamente legata alle vicende politiche dell’area siriana, è stata segnata da persecuzioni, tanto che furono spesso sull’orlo dell’estinzione. Gli alauiti sono noti anche come nusairiti, dal nome di Muhammad ibn Nusayr, discepolo dell’11° imam duodecimano, che a Baghdad, alla metà del 9° secolo, gettò le basi della dottrina, ma venne allontanato dalla comunità sciita quando sostenne di aver ricevuto dal suo Maestro la vera conoscenza sulla natura di Dio e del cosmo che l’avrebbe reso bab (porta) attraverso cui i fedeli potevano accedere ai segreti iniziatici. La religione alauita è sincretica, si ispira a gnosticismo orientale, neoplatonismo, religioni persiane antiche (zoroastrismo), cristianesimo; ha prodotto un credo esoterico rivelabile a pochi iniziati. All’inizio del X secolo la maggior parte dei seguaci emigrò da Baghdad ad Harran, inTurchia. Da qui la dottrina si diffuse nella Siria nordoccidentale mantenendo sempre una disposizione alla segretezza e all’isolamento. Forse queste informazioni non interessano i lettori di social, ma le trovo importanti perché offrono il “retroscena” di un gruppo che, abbastanza impenetrabile alla propaganda, oggi insiste sul proprio laicismo all’occidentale, eppure rivela un bisogno di identità relativo alla dimensione etico-spirituale.
Per sopravvivere, i leader alauiti chiesero alle autorità sunnite della Siria (mamelucchi e ottomani) di essere riconosciuti come ahl al-kitab (gente del Libro e monoteisti che avevano ricevuto la Rivelazione) e disposti a pagare la tassa (jizya) imposta a cristiani ed ebrei per poter rimanere all’interno dei domini musulmani ed isolandosi in aree montuose nella zona di Latakia. In base all’accordo Sykes-Picot, nel 1920 il mandato francese in Siria creò piccoli Stati autonomi per le minoranze. Tra essi, gli alauiti erano uno dei gruppi più poveri e meno scolarizzati, ma, essendo favorevoli alla dominazione coloniale, ricevettero un proprio dominio con capitale Latakia. Nel 1946, alla fine del mandato francese, il potere passò in mano alla maggioranza sunnita per cui la regione di Latakia era fondamentale come sbocco sul mare. Gli alauiti dovettero rinunciare a formare uno Stato indipendente e si integrarono nella società siriana ottenendo ruoli chiave nell’esercito. Giovò a questa integrazione la loro passata apertura verso la dominazione francese cui i sunniti erano stati ostili e d’altronde la carriera militare era l’unico modo per i giovani provenienti dalle zone rurali e povere per ottenere uno stipendio remunerativo.
Molti giovani alauiti, specie studenti, furono attirati dal partito laico socialista Ba’ath fondato nel 1947 che non considerava importanti le differenze religiose. L’8 marzo 1963 il governo siriano venne rovesciato da un colpo di Stato baathista organizzato dall’esercito in cui gli alauiti ebbero un ruolo fondamentale grazie alla presenza attiva del giovane ufficiale Hafez al-Assad. Il partito Ba’ath prese il potere nel paese proprio per garantire che le minoranze non fossero schiacciate dalla maggioranza sunnita e si oppose drasticamente ai Fratelli Mussulmani. Nel 1970 Hafez organizzò un secondo colpo di Stato, divenendo presidente e cercando di creare un’identità nazionale unitaria in cui le differenze settarie dovevano essere superate in nome dell’integrazione. Per fare ciò, ottenne una fatwa (responso giuridico) che dichiarava che gli alauiti erano sciiti. La comunità alauita, insieme a quella cristiana e drusa sottoposte a secoli di marginalizzazione e persecuzioni, ha sostenuto Hafez perché garantiva loro sicurezza. Del resto il sunnismo (maggioranza sunnita con 64% della popolazione) non fu oppresso dal regime, anzi venne presentato come l’Islam “ufficiale” della Siria. In realtà Hafez favorì ampiamente gli alauiti, affidando loro ruoli chiave nel governo, nell’esercito e nei servizi segreti. Il potere in Siria divenne così appannaggio degli alauiti, mentre i sunniti erano ridotti al quasi – silenzio.
Con la morte di Hafez al-Assad nel 2000, il potere passò al figlio Bashar, che pur negando ufficialmente le differenze settarie, ha continuato a distribuire ruoli chiave agli alauiti. Tuttavia, nel corso del conflitto civile, gli alauiti hanno manifestato nuove posizioni polemiche nei confronti di Assad e nel 2016 i leader della khassa (élite religiosa che ha avuto “accesso alla conoscenza”) dichiararono in un documento che un governo legittimo deve basarsi sulla democrazia e i diritti, affermarono anche di non appartenere allo sciismo, ma ad un ramo separato dell’Islam (cosa che politicamente li allontana dall’Iran).
In conclusione, la famiglia Assad ha creato gli alauiti come borghesia laica per poi vedere all’opposizione gli appartenenti della sua stessa religione, i quali hanno avuto rapporti di totale incomprensione anche con l’Occidente, prima e durante la guerra civile. Da questo bisogna partire per ricostruire, tenendo presente quanto in Siria – e in altri paesi – le forze di opposizione hanno ignorato la virulenza della minaccia jihaedista e l’espansione dell’ISIS.Credo che la Siria potrà veramente rinascere solamente se le varie fedi, etnie e gruppi culturali sapranno riconoscersi reciprocamente. E, a risolvere la situazione, dubito fortemente che sarà l’ultimo epigono di al-Qa’ida, manovrato dagli interessi di Turchia e Occidente.
Consiglio di lettura: Alberto Negri, Il musulmano errante. Storia degli alauiti e dei misteri del Medio Oriente, Rosenberg & Sellier, Torino 2017.
Gli alauiti non devono essere confusi con gli aleviti della Turchia. Gli aleviti turchi discendono infatti dai Kizilbāsh, una diramazione sciita-sufi fortemente connessa al primo movimento safavide in Persia (16° secolo), che ha ben poco in comune con il movimento dei nusayri alauiti.
In Libano gli alauiti sono meno di 200.000 (Akkār e Tripoli), ancor meno vivono in Turchia nelle regioni di Hatay, Adana e Mersin.
FONTE: https://giubberossenews.it/2024/12/09/gli-alauiti-e-la-babele-della-siria/
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