Lobbismo, corruzione e nuovi scandali: l’Unione europea al collasso è un’associazione a delinquere
di OTTOLINATV (Redazione)
Nelle ultime settimane, due clamorosi scandali hanno colpito l’Unione europea. Il primo riguarda la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen nel caso Pfizergate: con una sentenza storica, i giudici del Tribunale europeo hanno condannato la decisione della Commissione di non permettere ai giornalisti del New York Times di leggere gli sms che si erano scambiati, ai tempi del covid, la von der Leyen e l’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla, prima dell’acquisto di milioni di dosi di vaccini, il più grande contratto di appalto nella storia dell’Unione. Vedremo mai quei messaggini? Neanche per sogno: la Commissione ha infatti deciso di distruggerli e, proprio negli stessi giorni, l’organismo antifrode dell’Ue (acronimo OLAF) ha scoperto che l’Agenzia europea per l’asilo di rifugiati stava ristrutturando interi dipartimenti per permettere a dirigenti di sistemare amici nei posti di comando. Conseguenze? Nessuna: caso archiviato, senza provvedimenti disciplinari, coerentemente al clima di ormai assoluta impunità che si respira da quelle parti. Persino Politico, tra i giornali del mainstream più importanti a livello mondiale e (solitamente) su posizioni che più europeiste non si può, ha recentemente pubblicato un lungo articolo in cui accusa l’Unione europea di essere pervasa da una sorta di atmosfera culturale da tardo impero romano, un concentrato di opulenza, decadenza e assoluta mancanza di virtù civili. E dal Qatargate, al Huaweigate, al Pfizergate – solo per ricordare i casi più clamorosi – questi scandali sono solo la punta dell’iceberg di un baraccone corrotto nelle sue fondamenta, e da una strutturale commistione e conflitto tra interessi pubblici e privati, da renderla la più fulgida incarnazione del capitalismo neoliberale.
Vogliamo poi parlare delle attività di lobbying? Non c’è decisione importante che venga presa a Bruxelles che non sia preceduta da un’intensa e legalizzata pressione delle oligarchie economiche di tutto il mondo. Per lobbying si intendono tutte le attività svolte con l’obiettivo di influenzare direttamente o indirettamente la provvigione di milioni (quando non miliardi) di finanziamenti e, dopo i casi del cosiddetto lobbismo verde, con gruppi di interessi economici scoperti a fare pressione per far approvare normative green, vi potete solo immaginare il lobbismo che stanno facendo in questo momento le società di armamenti per accaparrarsi i gli 800 miliardi di Rearm Europe. Come appena verificato da Ilfattoquotidiano.it dagli elenchi aperti sul portale del Berlaymont, in soli tre mesi di attività la squadra von der Leyen II ha già ricevuto 18 visite da aziende e gruppi di pressione nel campo della Difesa e dell’aerospazio: si va da Leonardo ad Airbus, da Dassault a Safran, da Thales a OHB; tanto per darvi un dato emblematico, da quando è iniziata la guerra in Ucraina i budget per le attività di lobbying delle principali aziende europee nel campo della Difesa sono aumentati di ben il 40% dal 2022 al 2023 e la maggior parte di esse ha utilizzato i soldi per ampliare i propri team con sede a Bruxelles. Insomma: oltre a tutti i limiti politici insuperabili dell’Europa di Maastricht e dei tecnocrati, ormai chiari persino alle Pina Picerno di tutto il mondo (se solo fossero in buona fede), l’Unione europea, nonostante nessuno ne parli, si sta rivelando forse una delle istituzioni più corrotte della storia; anzi, degli ultimi 5000 mila anni, per citare uno dei suoi giullari più fedeli. E se anche tu vuoi contribuire a rendere gli europeisti per Maastricht e per la corsa al riarmo una minoranza di pazzi fanatici innocua per il Paese, aiutaci a costruire un media veramente libero e indipendente iscrivendoti a tutti i nostri canali e destinando il tuo 5 x mille a Mulitpopolare.
Henrik Hololei è un funzionario lettone ai vertici dell’amministrazione pubblica europea; nell’inverno del 2023, Hololei viene scoperto ad accettare viaggi gratuiti offerti dal governo del Qatar proprio mentre il suo dipartimento stava negoziando un redditizio accordo aereo con quel Paese, ma quando la notizia appare sulla stampa, la Commissione europea dichiara che andava tutto bene: tutti i suoi voli gratuiti erano stati approvati da una persona anziana del dipartimento. Peccato, però, che quella persona fosse lo stesso Hololei… Il giornale francese Libération ha rivelato che l’organismo antifrode dell’Ue aveva poi scoperto che Hololei aveva condiviso informazioni riservate al Qatar in cambio di regali per sé e per il suo entourage, inclusi soggiorni in hotel a cinque stelle a Doha. Ma, secondo voi, questo ha avuto un qualche impatto sull’accordo con il Qatar? Naturalmente no: questo caso, scrive Mari Eccles su Politico, “Dalla risposta fiacca della Commissione alla conclusione incredibile che nessuna regola dell’Ue fosse stata violata, al fatto che Hololei, dopo essersi dimesso, si sia semplicemente spostato lateralmente in un comodo ruolo di consigliere senior, e all’atteggiamento di omertà e connivenza di Bruxelles, è l’esempio perfetto del senso strisciante di impunità che infetta il sistema”. Chi lavora da anni a Bruxelles è dunque tutto fuorché stupito dai vari scandali e -gate che periodicamente esplodono.
A proposito di Qatar, al tempo stesso celebre e raccapricciante è stato il caso Qatargate: in vista dei Mondiali del 2022, il governo del Qatar somministrava laute somme di denaro a politici, funzionari e lobbisti per ottenere decisioni favorevoli all’interno delle istituzioni europee e, in particolare, per nascondere le condizioni disumane in cui i lavoratori qatarioti erano costretti a lavorare per esaudire i sogni di grandezza del sultano; è il 9 dicembre 2022 e, su mandato della Procura federale del Belgio, la polizia di Bruxelles sequestra più di un milione e mezzo di euro in contanti nelle abitazioni di alcuni figure di spicco dei i vertici europei, tra i quali la vicepresidente greca del Parlamento europeo Eva Kaili, l’europarlamentare italiano Pier Antonio Panzeri e il suo collaboratore Francesco Giorgi, a sua volta compagno di Eva Kaili, tutti ai soldi del sultano (e molti di loro si trovano ancora oggi ai domiciliari). Denis MacShane, ex ministro britannico per gli Affari europei, ha dichiarato: “Più che a uno Stato nazionale, la Ue è più vicina al modo in cui operano il Vaticano o le Nazioni Unite, e infatti entrambe nella storia sono state continuamente travolte da accuse di impunità e corruzione”.
Ma veniamo ai giorni nostri: Pfizergate. In piena crisi covid, a novembre 2020, von der Leyen inizia a puntare sui vaccini della Pfizer – oltre a quelli di Moderna, AstraZeneca, Novavax – per dare il via all’imponente e discussa campagna vaccinale; a gennaio 2021 viene ufficializzato l’acquisto per 300 milioni di dosi Pfizer, a cui si aggiungono acquisti per ulteriori 100 milioni di dosi ad aprile: tante dosi, tanti soldi in ballo, tanti possibili conflitti di interesse e commistioni illecite. Matina Stevis-Gridness, giornalista del New York Times, chiede di visionare la corrispondenza tra i principali protagonisti di questo appalto multimilionario, la presidente della Commissione e l’amministratore delegato di Pfizer; la Commissione europea, però, nega di accedere ai messaggi sottolineando che si trattava di una situazione senza precedenti e che non esisteva, al tempo, alcuna legislazione per contratti di quel tipo con le industrie farmaceutiche. La cosa puzza da lontano un miglio e, nella sentenza emessa il 15 maggio dallo stesso tribunale dell’Unione, i giudici osservano che le risposte fornite dalla Commissione nel corso dell’intero procedimento in merito ai messaggi di testo richiesti si basavano “o su ipotesi, oppure su informazioni mutevoli o imprecise“. Avremo mai accesso a quei messaggi? Neanche per sogno: sono stati distrutti e una delle pagine più opache dell’intera storia della Ue, quella dei contratti firmati al tempo dalla Commissione e dalle multinazionali del farmaco, rimarrà un mistero; per ironia della sorte, nel 2019 la von der Leyen aveva promesso trasparenza come elemento centrale del suo mandato, facendo poi marcia indietro su tutto, come sulla creazione di un organismo etico con reali poteri sanzionatori. Anzi: alla prima riunione della nuova Commissione, il 1° dicembre del 2024, la tedesca ha approvato una norma che rende ancora più facile bloccare l’accesso ai documenti: “Eppure” scrive Mari Eccles, “l’Ue dispone di numerosi organismi di controllo: il Mediatore europeo, la Procura europea, le commissioni parlamentari, persino un sistema giudiziario completo. Ma quando questi denunciano comportamenti illeciti (e succede spesso), sembra che non cambi nulla”.
Il punto fondamentale del problema, insieme alla totale mancanza di democraticità e controllo dei cittadini su quello che avviene in questo baraccone tecnocratico, è lo spaventoso potere che le oligarchie economiche esercitano su di esso: al di fuori forse di Parenzo, ormai praticamente tutti hanno capito come la Ue sia diventata un formidabile strumento politico in mano a interessi privati che mirano ad aumentare i propri profitti smantellando i popoli nazionali del loro potere decisionale e garantendo la solidità dell’assetto imperiale occidentale a guida USA. Tra porte girevoli e attività di lobbying, fare l’elenco di tutti gli scandali sarebbe un po’ come sparare sulla croce rossa, e noi non siamo certo un Israele qualunque… Ma prendiamo una breaking news: dopo cinque anni come commissario Ue all’Economia, l’eroe della sinistra ZTL Paolo Gentiloni ha appena ottenuto un nuovo incarico come speaker e una retribuzione di 30mila euro con la The European House Ambrosetti, lo stesso think tank che organizza ogni anno a settembre il Forum di Cernobbio. Hai capito Gentiloni! E la decisione di diventare lobbista/consulente per un grande gruppo economico dopo aver svolto incarichi di governo o da europarlamentare non è l’eccezione; è la regola: si parla di vere e proprie porte girevoli e normative tutto fuorché stringenti, come nel caso celebre di José Manuel Barroso quando, nel 2016, concluso l’incarico con la Commissione Europea si unì a nientepopodimeno che a Goldman Sachs.
Ma veniamo a Rearm Europe: che l’Europa che, dopo aver contribuito a provocare la guerra in Ucraina, ne avrebbe approfittato per riarmarsi in barba a decenni di puttanate sull’austerity e a scapito di scuole e ospedali, era chiaro a molti, soprattutto ai lobbisti; dal 2022, le multinazionali degli armamenti hanno sguinzagliato la loro potenza di fuoco inondando Bruxelles di lobbisti per stimolare lo stanziamento di fondi e la creazione di programmi d’investimento. Si sa… La guerra è un’opportunità di guadagno senza eguali: più proiettili si sparano, più mezzi vengono impiegati e soprattutto distrutti, più soldi entrano nelle casse dei giganti degli armamenti che, oltre a stimolare politici e istituzioni affinché si promuovano politiche che reindirizzino sempre più fondi al settore, fanno anche gara tra loro ad accaparrarsi una fetta più grande possibile di questa enorme torta. Come anticipavamo nell’introduzione, un dato su tutti è emblematico: da quando è iniziata la guerra in Ucraina, i budget per le attività di lobbying delle principali aziende europee nel campo della Difesa sono aumentati di ben il 40% dal 2022 al 2023 e la maggior parte di esse ha utilizzato i soldi per ampliare i propri team con sede a Bruxelles; per dare un’idea della portata del fenomeno, basta ricordare che nel 2022 la spesa cumulativa delle prime dieci aziende nel campo del lobbying Difesa in Ue (Airbus, Leonardo, Thales, Rheinmetall, Naval, Saab, Safran, KNDS Deutschland, Dassault e Fincantieri) era compresa tra 3,95 milioni di euro e 5,1 milioni di euro, mentre, l’anno successivo, tale cifra è salita, rimanendo compresa tra 5,5 milioni di euro e 6,7 milioni di euro. Saab, ad esempio, ha raddoppiato la sua spesa da 400 mila a 800 mila euro di investimenti in attività di lobbying, seguita da Airbus, che è passata da circa 1,2 a 2 milioni di euro, e Dassault, passata da 300 mila a 500 mila euro, mentre Thales è passata da 300 mila a 700 mila euro. Bene. Anzi: una merda.
Ma arrivati a questo punto non ci rimane che chiederci: dopo 30 anni di corruzione, fallimenti a tutto campo e lotta di classe dall’alto verso il basso e dal centro verso la periferia, come fa la Ue a stare ancora in piedi a farla sempre franca? Ci sarebbe molto da dire; un’osservazione interessante, per quanto riguarda il rapporto con l’opinione pubblica, ci arriva dall’articolo di Politico: “Nella politica nazionale”, si legge, “criticare un’istituzione o il comportamento di un funzionario non è visto come un attacco allo Stato. Nell’Ue, invece, criticare la Commissione è spesso visto come un attacco all’Unione stessa”. Per fare un esempio, “L’ex mediatrice O’Reilly, che aveva parlato della presenza di consiglieri potenti (termine usato, in origine, per descrivere i consiglieri dei boss mafiosi) ai vertici della Commissione, si è sentita costretta a precisare che non stava attaccando l’idea stessa dell’Ue”. Purtroppo è così: grazie a dosi da cavallo di propaganda, il mainstream è riuscito a far passare l’idea che criticare le politiche delle istituzioni, o anche solo le losche figure che le popolano, equivalga a criticare la cooperazione europea nel suo complesso; ma essere europeisti, oggi, vuol dire prima di tutto voler abbattere l’Unione dell’austerity e della guerra. E se vuoi darci la forza di continuare nella nostra battaglia per l’Italia e per l’Europa – e quindi contro l’Unione europea – aderisci alla nostra campagna di sottoscrizione su GoFundMe e su PayPal.
E chi non aderisce è Paolo Gentiloni.





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