Molti amici, molti favori
da CONFLITTI E STRATEGIE (Gianfranco La Grassa)
“Stiamo lasciando affondare l’Italia”
Questo dovrebbe essere il vero slogan della Premier Giorgia Meloni e non quello falso e irricevibile, “Stiamo cambiando l’Italia”.
Ancora una volta condivido l’analisi di Marcello Veneziani, anche se le mie conclusioni sono diverse. Non credo che Russia e Cina contribuiscano a peggiorare il caos mondiale, credo che, quanto più la confusione geopolitica aumenti, tanto più essa diventerà favorevole per gli avversari di questo decadente Occidente.
La destra ha tradito ogni aspettativa. Dopo anni di annunci barricaderi, di “Io sono Giorgia”, resta soltanto un ego senza prospettiva politica. Il “male minore” è diventato semplicemente un “minore male” che punta al massimo disastro in tempi più lunghi, ma inarrestabili. Meloni non sta salvando l’Italia, la sta guardando affondare.
Certo, è vero che se al Governo ci fossero le Schlein e le Picerno, con tutte le loro finte contraddizioni, la corsa verso il baratro sarebbe senza infingimenti. Ma la sinistra l’abbiamo smascherata da decenni, mentre i sovranisti fasulli sono molto più recenti, e ci toccherà ancora qualche tempo per vederli completamente delegittimati.
Chissà quanti altri Geronimo La Russa dovranno essere sistemati per eguagliare l’amichettismo di sinistra e il familismo di destra. Ma il vero dramma è sempre la politica internazionale. Meloni si è piegata ai peggiori poteri mondiali, in cui erano di casa, come camerieri e maggiordomi, i peggiori sinistri. Ora sono i destrorsi a sgomitare e a scalciare per i posti della servitù. Molti amici, molti favori.
Quando c’era Lui, almeno si moriva in piedi. Questi invece si sono già adattati a vivere una vita in ginocchio e a farsi accarezzare la testa come cani da qualsiasi presidente straniero. Non rinfacciamo loro di fare come la sinistra, rinfacciamo loro di aver ruggito come leoni quando erano all’opposizione e di essere diventati pecore da quando governano. Il motto diceva diversamente, direi l’esatto contrario.
È vero, sono i tempi a creare i leader, ma qui mi sembra si stia esagerando con la fine della Storia. Oggi un vero politico, in questa epoca di rimescolamento dei rapporti di forza, dovrebbe mettere in conto che fare il proprio dovere è molto più che firmare carte, leggi, decreti e altre cazzate. Per essere capo, bisogna rischiare di perdere il collo.
Non sono giorni normali i nostri, viviamo in una lunga fase di rischio, e chi non sa assumerli non è adatto allo scopo. Fare politica, in questa situazione, è molto pericoloso, si può essere fatti fuori se non ci si allinea. La selezione deve diventare molto più stringente. Un politico, per essere adatto all’epoca in corso, deve essere pronto a buttarsi nel fuoco come un pompiere. Questi, invece, sono passati dal regalare macchinine giocattolo ai figli a metterli direttamente all’ACI.
Marcello Veneziani:
“Non siamo in grado di distinguere il bene dal male, e neppure dal meno peggio.
Finché era al governo interno e mondiale la Cappa con le sue dirette emanazioni – come avevo chiamato tre anni fa quel clima e quel potere che costituiscono l’establishment e il mainstream globale – era relativamente più semplice rivolgere il tuo sguardo critico sul potere interno e internazionale, sulla cultura dominante e le sue ideologie di supporto.
Anche con tutte le conseguenze che ne derivano, inclusa l’emarginazione e il silenzio a cui sono ormai abituato. Ma oggi che in Italia governa ormai da tre anni la destra, oggi che negli Stati Uniti c’è Trump, oggi che la situazione internazionale è più controversa e meno uniforme, ci sarebbe da guardare le cose in maniera diversa, vedere profilarsi nuove prospettive, segnali di cambiamento, nutrire aspettative diverse.
Invece la Cappa perdura e non riesco a vedere nulla di promettente e di diverso rispetto a ieri. Anzi, per essere più preciso, quello che è diverso rispetto a ieri non è promettente; tutto il resto prosegue come prima…
tutto prosegue – bombe e stragi incluse – e il mondo non fa nulla rispetto ai massacri quotidiani di Gaza da più di venti mesi, alla bestialità di uccidere bambini affamati e assetati, agli attacchi rivolti a tutti i vicini del Medio Oriente. E i primi a difendere tutto questo sono proprio quelli «di destra» o paraggi moderati.
Quanto alla Russia, oltre a sposare il riarmo euroatlantico e a sostenere con nuovo ardore l’Ucraina, il governo italiano di destra prende le sue misure difensive, chiedendo – col ministro della Cultura Giuli – di non far esibire un direttore d’orchestra russo a Caserta, pericoloso cavallo di Troia di Putin; e preserva la moglie ucraina del ministro Urso, facendole saltare la fila all’aeroporto perché altrimenti potrebbero attaccarla, presumo sempre i russi.
Piccoli episodi, per carità, ma piccoli segnali di un modo furbetto di allinearsi al coro o di ripristinare in modo altrettanto furbetto i privilegi del solito, vecchio notabilato politico (“lei non sa chi sono io”).
Ma il quadro complessivo che ne esce è desolante e non concede scampo. Gli avversari, gli oppositori di questo governo, sono forse peggio, comunque non sono migliori, anzi. Non sarebbe una soluzione un governo di sinistra, semmai la continuazione in altri modi della china discendente, magari un gradino più in basso Tante cose non sono cambiate, e mai cambieranno, pur con l’avvento di un governo di destra. Anzi, mi fa ridere la critica rivolta da sinistra a questo governo in quanto sovranista, quando proprio di sovranismo non c’è traccia. Semmai prosegue la linea del sottanismo, che è il suo esatto contrario e la vera linea di continuità del Paese.
Ho cercato e ancora cerco di giustificare con il realismo tutto quello che succede. E probabilmente è quella l’unica chiave di sopravvivenza, non solo per chi governa ma anche per chi osserva; ma diventa sempre più difficile attenersi a quello spirito, ingoiare tutto nel nome di questo.
E la persistente, invincibile simpatia che proviamo per la premier, il riconoscimento delle sue abilità e del suo impegno, ci porta ancora a ripetere, come un atto di fede incrollabile: meglio lei che gli altri. Però non si va oltre.
Quando un realista, un uomo della tradizione, con forti passioni ideali e civili si scopre ogni giorno più estraneo a questo mondo interno e internazionale circostante, senza scampo, si scopre ogni giorno di più ribelle, anarca e autarca, alla fine si chiede: ma possiamo continuare a occuparci di queste cose con questo senso crescente di delusione?
FONTE: http://www.conflittiestrategie.it/molti-amici-molti-favori





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