Esiste la Costituzione, non il modello Milano.
di FERDINANDO PASTORE (Pagina FB)
A Sesto San Giovanni un settantenne si è gettato dal balcone durante lo sfratto esecutivo.
Abbiamo tutti bisogno di riappropriazioni. Per prima cosa riacquisire e rigenerare il vocabolario dei fatti sociali. La questione abitativa si risolve guardando la Costituzione, quindi impegnando le risorse pubbliche per costruire abitazioni popolari o per adibire palazzi dismessi ad abitazioni popolari. Perché la casa è un diritto; non è una fragranza né una sensazione.
Per casa si intende una casa, non una scatoletta con muri di cartongesso e microscopici angoli cottura. Né palazzoni che si ripetono identici in comprensori dove l’eroina distribuirà disperazione. Ci si deve poter vivere comodi e in tanti in una casa.
Motivo per cui lo Stato deve assicurarsi che il prezzo degli immobili non possa essere condizionato da speculazioni finanziarie, pena l’arresto degli speculatori, anche internazionali.
La questione abitativa si chiama “diritto alla casa” e non “modello Milano” perché il “modello Milano”, che poi è stato il modello di qualsiasi metropoli del capitalismo globalizzato e finanziario, è anticostituzionale. Lo è ancor prima di essere considerato illegale per i comportamenti dei suoi protagonisti. Il secondo aspetto è pressoché irrilevante di fronte a uno scempio reazionario qual è il renzismo degli affari spiccioli, perché la moralità è una predisposizione personale prepolitica.
Ecco, quando si parla di lotta, di lotte che parlano del reale, il diritto alla casa è questione che viene prima delle riqualificazioni urbane, promosse dalla commistione tra fondazioni bancarie, imprenditoria illuminata, amministrazione progressista e architetti influencer, nelle quali i capannoni industriali vengono trasformati in officine della creatività con attorno un alveare di appartamenti da affittare a peso d’oro.
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