MANIFESTO TQ SUL PATRIMONIO STORICO E ARTISTICO DELLA NAZIONE ITALIANA

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15 risposte

  1. Monica ha detto:

    Quoto in pieno, chiedo se posso condividerlo anche sul mio sito.

  2. stefano.dandrea ha detto:

    Certo Monica. Non è necessaria l'autorizzazione :)

  3. Tonguessy ha detto:

    "il suo fine non è quello di produrre reddito. Che, cioè, il patrimonio storico e artistico della nazione non è il petrolio d’Italia."

     

    Qui viene smentita la funzione del terziario tout court. In un mondo che l'etica protestante definisce funzione del movimento di denaro, il patrimonio artistico non può essere l'eccezione che conferma la regola. Trovo molto difficile sostenere queste posizioni anticapitaliste, dato che siamo una costola dell'Impero. Sostenere questo valore significa rendere insignifcante il denaro, cosa non semplice.

    Una posizione più "modernista" consiste nel rilevare il valore anche monetario del turismo culturale.

    D'altronde le opere in questione furono ordinate da magnifici committenti, con notevole dispendio di denari. Quindi è solo una questione di soldi, già dall'inizio. A meno che non si parli di dolmen, dove il discorso si fa un po' più complicato.

  4. Gianluigi Leone ha detto:

    “Ottavo. Occorre dunque mettere radicalmente in discussione l’invenzione dei corsi e delle facoltà di Beni culturali”
    A questo stanno già pensando i tagli, e anche la scardità di domanda: nella mia città ha recentemente chiuso un corso in conservazione dei beni culturali.
    Direi che anche per la conservazione e la fruizione del patrimonio culturale (in tutto il mondo si chiama patrimonio, solo noi lo indichiamo con l’espressione discutibile e impropria di “beni culturali”) occorra principalmente restituire maggiore capacità di spesa allo Stato.

  5. Gianluigi Leone ha detto:

    Dimenticavo: mi sento di condividere la posizione di Tonguessy e aggiungo: anche la vita culturale ha bisogno di essere domandata e offerta, per non indebolirne la posizione nell’immaginario. La cultura, e con essa la percezione del bello, deve essere una continua conquista. Non può essere un regalo. Lasciano il tempo che trovano le campagne che invitano pateticamente a visitare musei o siti archeologici vuoti, minacciando magari di trasferirli altrove.

  6. stefano.dandrea ha detto:

    Bene. Mi sembra che sia emersa una osservazione importante (Tonguessy e Gianluigi) della quale potremmo tener conto, articolandola in modo analitico, in un eventuale documento dell'ARS.

    Mi piacerebbe sapere cosa ne pensa Giampiero.

  7. Giampiero Marano ha detto:

    Grazie a tutti, mi fa piacere che questo manifesto abbia destato interesse. Per replicare alle perplessità espresse in alcuni commenti, che non condivido pur trovandole sensate, partirei dall'ultimo punto del documento, il decimo: "Il fronte più importante nella battaglia per la salvezza del patrimonio storico e artistico italiano è quello che passa nella scuola". Se è di primaria importanza incentivare l'accesso ai beni culturali da parte degli studenti, allora non si può che smentire la funzione del terziario, per usare le parole di Tonguessy, e sottrarre decisamente, anzi SOVRANAMENTE, il patrimonio artistico italiano alla morsa del capitalismo. La cultura e l'istruzione non sono una merce: è lo stesso principio che affermiamo nel documento ARS Scuola approvato dall'assemblea nazionale. Per inciso, ricordo che una delle nostre proposte concerne il "riconoscimento del diritto civile alla formazione ciclica degli adulti, che lo Stato ha il dovere di rendere operativo". Dunque nella prospettiva ARS il termine "scuola" assume una valenza piuttosto ampia: "studenti", per noi, sono anche gli adulti.
     

  8. Roberto Caravella ha detto:

    Condivido, con una sola eccezione; pensare che l'arte in se sia soltanto espressione del "bello" è aberrante, improprio e mortificante. In assoluto l'arte (tutta e quindi la cultura nel suo complesso) è espressione interiore di una percezione e il bello e il brutto è solo un incidente di percorso causato dal grado di capacità intelletuale soggettiva. A me non piace Wagner; raramente vi scorgo "bellezza"… ciò potrà dar fatidio a qualcuno, ma il mio giudizio non toglie nulla alla sua arte, semmai la rafforza. L'arte va difesa con ogni mezzo perchè è memoria, continuità, consapevolezza, testimonianza, fonte iniziatica, sapienza, conoscenza, ma anche raccordo con il sapere e la sapienza dell'oggi. Grandi saggi e grandi filosofi ci insegnano che tutto ciò che siamo oggi lo dobbiamo all'arte, sia essa arte pittorica, astronomica, filosofica, musicale o altro. La radice ariana AR significa andare, muoversi, progredire. Da questa radice si diparte una serie di sensi tutti connessi tra loro come Artios= perfetto, compiuto; Arya = eccellente, nobile…; Arthmos = legame, empatia, amicitia…;  Arethe = virtù… ma anche artigiano, articolazione, artato, artefatto, aritmetica…
    Lo svilente quadro che oggi si dà all'Arte in generale mi pare confuso poichè impone ad essa un destino fatto di mode e di mercati oltre che di "capricci" d'artista. E' una decadenza morale e intellettuale da cui si esclude soltanto il riconoscimento all'artista mentre il mercato fiorisce e ne gode. Nel peggiore dei casi, quello italiano, appunto, l'arte di tradizione appare perlopiù inflazionata a causa dell'abbondanza e dell'estrema confidenza che popolo e governanti hanno nei suoi confronti. E' questo il punto dolente. Noi dovremmo essere educati all'arte, competere per l'arte, vivere di arte, produrre arte per produrre cultura. Sarà poila cultura a produrre target e dunque mercato.

  9. Tonguessy ha detto:

    Scrive Giampiero:

    "La cultura e l'istruzione non sono una merce"

    Il discorso si fa complicato, quando lo si applica ai notevoli tesori architettonici che popolano il suolo italiano. Difficile sostenere che tali tesori siano frutto di casualità o di "volontariato", molto semplice invece dimostrare che sono frutto di investimenti resi possibili dalla mancanza di esazioni da parte di uno Stato centrale. Tali tesori sono parte integrante della cultura italiana. E hanno bisogno di ingenti investimenti di manutenzione e restauro. Ma uno Stato-azienda ha ben altre priorità. Ben diversamente stavano le cose nell'età dei Comuni, dove si faceva a gara a dimostrare la propria forza tramite l'architettura (tra le altre cose). Adesso la dimostrazione di questo tipo non è più richiesta.

    Se vogliamo cercare la giusta definizione: la cultura non è una merce, ma un bene. Purtroppo tutti i beni (vedi l'acqua) sono o stanno per diventare merci, e questa è la filosofia di base di ogni Stato-azienda. Comunque la si veda non c'è molto da stare allegri.

    Certo, sottrarre la cultura dalla morsa del capitalismo è una visione stupenda (che peraltro inseguo da almeno quarant'anni), ma temo che problemi come la disoccupazione abbiano maggiore priorità. Perchè si discute di filosofia a pancia piena, a pancia vuota riesce male.

    Scusate la franchezza….

  10. Gianluigi Leone ha detto:

    Il patrimonio culturale deve produrre reddito, e quindi occupazione, oltre che fungere da catalizzatore per la cultura. Lo Stato dovrebbe essere ovviamente libero di aumentare le voci di spesa relative alla conservazione e all'accessibilità del patrimonio, in base alle necessità. Non ci trovo nulla di immorale.
    Diverso è invece il caso del capitale che cerca di valorizzarsi, come nel recente caso del restauro del Colosseo, svilendo e piegando un simbolo stesso della cultura italiana alle esigenze di profitto.
    Sarà per un mio limite, ma ritengo che la fruizione di un "bene culturale" debba essere domandata e offerta, con relativa produzione di reddito. E' nella natura stessa di tutti i beni produrre reddito. Non mi si accuserà di simonia, a meno che non si decida di fondare la nuova religione dei beni culturali.
    Ricordiamoci poi che comunque c'è un biglietto di ingresso da pagare. Se così non è, aumentano le tasse, il che è la stessa cosa.

    Sono d'accordo che la scuola debba essere il fronte più importante per l'educazione al patrimonio culturale.

  11. Giampiero Marano ha detto:

    @Roberto: "L'arte va difesa con ogni mezzo perchè è memoria, continuità, consapevolezza, testimonianza, fonte iniziatica, sapienza, conoscenza, ma anche raccordo con il sapere e la sapienza dell'oggi" – sottoscrivo parola per parola. Mi permetto di aggiungere un'osservazione sul vocabolo latino "ars, artis", che potrebbe avere un'origine semitica anziché indoeuropea (Semerano, Dizionario latino, ed. Hoepli, p. 345) dalla radice HAR-, "abilità magica".

    @ Tonguessy: "Certo, sottrarre la cultura dalla morsa del capitalismo è una visione stupenda" – e allora crediamoci! Anche le società pre- e anti-capitaliste hanno prodotto posti di lavoro e ricchezza.

    @Gianluigi: nulla in contrario al biglietto d'ingresso, purché il prezzo sia accessibile a tutti. Nella scuola statale, del resto, si pagano tasse e libri.

  12. Gianluigi Leone ha detto:

    I beni culturali producono reddito in quanto domandati. E’ il profitto privato che va tenuto lontano. Se invece il reddito ricavato è a beneficio della collettività la musica cambia. Sbaglio forse?

  13. Giampiero Marano ha detto:

    Sì Gianluigi, il punto due del manifesto è molto esplicito in tal senso e, per quanto mi riguarda, condivisibile in toto.

     

  14. Gianluigi Leone ha detto:

    Certo, è chiaro. Condivido in toto anche io. Il punto è sull’inutile pleonasmo: “occorre anche dire che, dunque, il suo [del patrimonio] fine non è quello di produrre reddito. Che, cioè, il patrimonio storico e artistico della nazione non è il petrolio d’Italia.” Come se il reddito derivato dalla gestione (statale) dei beni culturali apparisse cosa vile rispetto alla funzione civile e costituzionale.

  1. 11 Agosto 2013

    […] Senza cultura, purtroppo, lo si può percepire unicamente come fonte di profitto, per cui manifesti come questo non possono che rimanere inascoltati. Lo abbiamo trovato al link : https://www.appelloalpopolo.it/?p=9271 […]

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