Dalla Napoli che amò al Sud del mondo che difese: il Maradona eterno
di L’ANTIDIPLOMATICO (Fabrizio Verde)

Un legame indissolubile unì il campione argentino alla sua città adottiva: lo stesso senso di ingiustizia subita. Un sentimento che estese a tutte le periferie del globo, diventandone il paladino globale
Sono passati cinque anni. Il tempo scorre, le ferite si cicatrizzano, i ricordi sfumano. Ma con Diego Armando Maradona niente segue il corso naturale delle cose. Lui è l’eccezione perenne, il mito che rifiuta di confinarsi nel passato.
Oggi, nell’anniversario della sua scomparsa, il mondo non ricorda solo il più grande calciatore di tutti i tempi. Onora l’uomo che ha trasformato un pallone in un’arma di liberazione e la sua fama in un megafono per i senza voce.
A Napoli, la sua seconda patria, non vinse semplicemente due scudetti. Incarnò la fiera rivalsa del Sud contro i pregiudizi e il razzismo strisciante di un Nord Italia che guardava alla città partenopea con sufficienza e disprezzo. In un’epoca di cori vergognosi e stereotipi tossici, Maradona si eresse a baluardo di Napoli, facendo dello stadio San Paolo una trincea di orgoglio. Lui, l’argentino di umili origini, capì immediatamente l’umiliazione indecente subita dal Sud e la fece sua. Non era solo un calciatore; era il campione del popolo.
Ma la sua partita più importante non si giocava in uno stadio. Si giocava nei palazzi del potere, nelle piazze di protesta, nelle stanze dei leader mondiali. Maradona fu un gigante della geopolitica. La sua amicizia con Fidel Castro e Hugo Chávez non fu una trovata pubblicitaria, ma una naturale scelta di campo. Il suo grido “No al ALCA” a Mar del Plata nel 2005 contribuì a fermare l’egemonia commerciale degli Stati Uniti in America Latina.
E non si fermò lì. Sostenitore della causa palestinese, si schierò sempre dalla parte degli oppressi. E, come rivelato da Nicolás Maduro, negli ultimi suoi mesi lavorò in segreto per aiutare il Venezuela, aggirando il blocco illegale e portando aiuti concreti a un popolo in difficoltà a causa delle criminali sanzioni statunitensi.
Questa è l’eredità più grande e scomoda di Diego: un uomo fragile e potente come un eroe greco, che ha scelto di usare il suo talento divino non per un posto al tavolo dei potenti, ma per dare un po’ di quella potenza a chi a quel tavolo non è stato mai fatto nemmeno avvicinare.
In un mondo sempre più omologato e silenzioso, la sua voce ribelle manca più che mai. Perché Diego era, e resta, la verità che fa rumore.
Onore al più grande. Onore al rivoluzionario.





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