Bruxelles sta usando Kiev in chiave antirussa, ma così spiana la strada a Mosca
da TERMOMETRO GEOPOLITICO (pagina Facebook)

Russia e USA pronte all’accordo, Europa e Ucraina no. Gli europei, però, “sfruttano” Kiev: non si accorgono che stanno sfasciando un Paese intero
Russia e Stati Uniti sono pronti a un accordo perché a entrambi fa comodo riallacciare i rapporti e sviluppare occasioni di business. Ma Ucraina ed Europa non ci stanno, perché rischiano di rimanere fuori dal gioco. Anzi l’Europa, che già dal punto di vista geopolitico ha un ruolo marginale, si oppone in ogni modo a un’intesa, arrivando addirittura a ipotizzare improbabili soluzioni (come quella dell’utilizzo degli asset russi) per sostenere Kiev.
In realtà questo – spiega Fulvio Scaglione, direttore di InsideOver – è il vero pericolo di cui nessuno sembra rendersi conto, c’è il grosso rischio che l’Ucraina imploda. L’Europa più che aiutarla la sfrutta in funzione antirussa, senza ricordare che ha perso la metà della popolazione, che la maggior parte di chi è andato all’estero non tornerà e che ha un’economia ridotta al lumicino. Eppure viene spinta ancora alla guerra. Ma andando avanti così rischia di dissolversi e questo diventerebbe un problema non solo per gli ucraini.
Alcuni giornali ucraini rilanciano l’allarme dell’intelligence americana secondo cui Putin vorrebbe conquistare tutta l’Ucraina e allargarsi ad altre ex repubbliche sovietiche. Inoltre, Zelensky è tornato a sostenere che senza un’Ucraina indipendente la Russia andrà a prendersi la Polonia. È uno scenario possibile?
Assolutamente no. La Russia non è in grado economicamente, militarmente, socialmente, di mettere in atto un piano simile. Si vede benissimo a quale stress sottoponga il sistema russo la guerra in Ucraina: immaginare che il Cremlino possa attaccare l’Europa è pura propaganda. Se invadesse, si fa per dire, l’Estonia, la Lituania e la Lettonia, quale guadagno avrebbe rispetto a ora? Diverso è il discorso, invece, sull’Ucraina, senza dimenticare la Georgia del 2008, perché quello la Russia lo considera il cortile di casa, un po’ come gli americani considererebbero il Messico. Non a caso le guerre sono scoppiate proprio nei Paesi citati, perché Mosca non può accettare in nessun modo l’insediamento della NATO in certe aree.
Neanche la prospettiva di occupare tutta l’Ucraina è credibile?
No, la Russia non è in grado di occupare e tenere un Paese che è il secondo più grande d’Europa dopo la Federazione Russa. Quando all’inizio della cosiddetta operazione speciale si era parlato delle colonne di militari pronti a occupare Kiev, si trattava di 3mila uomini: come si può pensare di occupare una città di 3 milioni e mezzo di abitanti con così pochi soldati?
Qual è il vero obiettivo di Putin, allora, sulla guerra?
Se consideriamo gli obiettivi dei russi dobbiamo ricordare che la guerra è arrivata dopo Euromaidan, la Crimea, i contrasti per il Donbass: ci sono state tante avvisaglie del conflitto. Il Cremlino inizialmente ha pensato di dare una spallata per far cadere il governo Zelensky, ma visto che non ci è riuscito ha puntato sulla parte est dell’Ucraina. Ma anche questo piano non è andato a buon fine. Adesso l’obiettivo più ragionevole è prendersi l’intero Donbass e una parte di altre regioni. Ora la Russia controlla la centrale nucleare di Zaporižžja, che è la più grande centrale nucleare d’Europa, un asset fondamentale per il futuro dell’Ucraina.
Qualcuno dice che potrebbe prendersi Odessa: è possibile?
Sarebbe complicato: non ce l’hanno fatta in quasi quattro anni di guerra e non è che non ci abbiano pensato. Senza controllare il Mar Nero prendere Odessa è molto difficile.
Perché il negoziato per la pace non decolla?
Perché non è un solo negoziato, ma tre negoziati insieme. Quello che gli Stati Uniti conducono con la Russia, quello sempre degli Stati Uniti ma con l’Ucraina e quello degli americani con se stessi: da questa vicenda vogliono ricavare anche un profitto. Conciliare questi tre aspetti è come sistemare il cubo di Rubik.
Ma su quale di questi fronti si è più lontani dal trovare una soluzione?
L’interesse fondamentale per Stati Uniti e Russia è di arrivare a una forma di accordo per riprendere tra loro relazioni meno disfunzionali di quelle dell’ultimo decennio. Conviene a entrambi: agli Stati Uniti per rivolgere l’attenzione all’Indo-Pacifico, ma anche perché ci sono opportunità di collaborazione economica in campo petrolifero e minerario. Washington poi ha interesse a cercare in qualche modo di mettere un cuneo nella collaborazione tra Russia e Cina. Mosca, oltre a riprendere le relazioni economiche con gli USA, ha interesse a eliminare almeno parte delle sanzioni.
Cosa impedisce a Russia e USA di raggiungere questo obiettivo?
L’Ucraina e l’Europa hanno l’interesse opposto: non vogliono una saldatura tra Stati Uniti e Russia. Complicano la trattativa perché così si complicano i rapporti tra russi e americani.
L’Europa cerca in questo modo di non essere lasciata ai margini?
È già ai margini, ma sta cercando di non essere espulsa dal processo e lo fa sostenendo la lotta degli ucraini in ogni maniera possibile, anche pensando di usare i beni congelati russi in Europa.
Cosa ci dobbiamo attendere allora dalle trattative?
Russi e americani si metterebbero d’accordo anche con relativa facilità, ma devono essere d’accordo anche gli ucraini, che subiscono la spinta degli europei. I ragionamenti che fanno gli europei li sentiamo tutti i giorni: i generali dicono alle famiglie di essere disponibili a sacrificare i propri figli, Tusk dichiara “O i soldi oggi o il sangue domani”. C’è tutto un fronte che a scopo di propaganda sostiene che la guerra con la Russia sia inevitabile, anzi prossima. Gli europei, tra l’altro, hanno bisogno che l’Ucraina resista ancora un po’ per mandare avanti il piano, peraltro confuso, di riarmo. Io sono molto pessimista sull’andamento di questa trattativa: ci sono forze che non vogliono un accordo.
Per l’Ucraina allora qual è la prospettiva?
Più si va avanti a combattere e più l’Ucraina rischia di smembrarsi sotto il peso dello sforzo per resistere: ha 8 milioni di persone all’estero, la stragrande maggioranza delle quali non vuole tornare, e più di 5 milioni di sfollati interni e la sua economia non esiste più. Il vero errore lo ha commesso la UE all’inizio, quando invece di gettarsi nella mischia cercando di dividere i contendenti ha finito per sostenere che bisognava sconfiggere la Russia sul campo.
È l’Europa che deve cambiare per sbloccare il negoziato? Forse questo può succedere solo se si cambia la leadership.
La leadership in Europa è stata appena rieletta. Resta il fatto che nel frattempo l’Ucraina rischia l’estinzione. L’Ucraina ha perso metà della popolazione in pochi decenni, continuare a dire che combatte per noi e che quindi dobbiamo riempirla di armi mi sembra un filo egoista. Quando è iniziata la guerra non era neppure un povero Paese indifeso: aveva un esercito da 250mila persone in armi, perfettamente addestrate. All’epoca del presidente Poroshenko era con la Moldavia il Paese più povero d’Europa, ma investiva il 6% del PIL nelle forze armate. La guerra ha consumato anche questo potenziale.
Che futuro vede l’Europa per Kiev?
L’idea che gli europei hanno dell’Ucraina è che diventi il cosiddetto Paese porcospino, che sia l’Israele d’Europa, che stia di fronte alla Russia pronta a intervenire. Dobbiamo fare attenzione a ragionare in questi termini: il sacrificio della popolazione ucraina è eroico, ma anche gli eroi possono fare una brutta fine.
intervista di Paolo Rossetti a Fulvio Scaglione
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