Il risparmiatore razionale
di Luca Correani
Per secoli "`risparmiare"' ha voluto significare "`accantonare, mettere da parte"' in previsione di spese future importanti o impreviste. Il risparmio permette di pianificare, progettare e migliorare le prospettive di vita e lavoro delle generazioni presenti e future; basti pensare al padre che rinuncia ai consumi presenti per garantire al figlio la possibilità creare una propria impresa o di accedere a master di specializzazione.
Quello che invece è accaduto negli ultimi venti anni è un totale stravolgimento del concetto di risparmio, operato dall'economia del Pil.
Per sostenere la fantascientifica, costante e inarrestabile crescita del Pil, si è pensato di sostenere in modo altrettanto fantascientifico il livello dei consumi. D'altronde si insegna anche nelle università che aumentando i consumi aumenta la produzione, si generano più posti di lavoro, quindi più stipendi da spendere in consumi e di nuovo più produzione (anche l'assiduo frequentatore del bar dello sport è in grado di fare questo ragionamento). L'effetto sul Pil (cioè sulla produzione di beni) è moltiplicativo. L'esponenziale produzione di rifiuti generata da questo processa produrrà altro Pil visto che occuperà manodopera e imprese che altrimenti non sarebbero esistite. Dal momento stesso in cui il reddito delle famiglie si è rivelato non sufficiente al sostenimento del livello desiderato dei consumi, si è pensato di aumentarlo virtualmente attraverso la concessione illimitata di credito al consumo. Questo ha permesso la nascita di un numero smisurato di finanziarie (quelle che fanno credito anche ai cattivi pagatori privi di reddito) e la realizzazione di sogni a tutti coloro che fino a quel momento si vedevano preclusa la possibilità di acquistare un SUV 5000 a benzina o di vivere una vacanza di sette giorni nel paradiso dei pedofili in Thailandia.
Il paradosso di tutto questo processo, considerato virtuoso dagli economisti, non sta tanto nelle esternalità negative prodotte (si pensi all'inquinamento o alla possibilità di impiegare il denaro speso in attività più fruttuose come imparare a suonare un strumento musicale) ma nel fatto che il consumatore, pur avendo speso tutto il suo reddito presente e quello futuro dei suoi figli in merci di consumo (si badi che parlo di merci e non di beni), ha la percezione di aver risparmiato.
Frasi del tipo "`grazie alla rottamazione ho acquistato una nuova autovettura risparmiando 2000 euro"', senza considerare il fatto che l'auto rottamata poteva durare ancora per parecchi anni o "`il negozio X faceva gli sconti, così ne ho approfittato acquistando un set da poker con fiches numerate, 6 bicchieri (made in China), una bilancia digitale e una tenda da campeggio, risparmiando ben 100 euro", non curante del fatto che a poker non ci gioca mai, di bicchieri ne ha piena la credenza, di bilancia ne possiede una meccanica perfettamente funzionante che non ha bisogno di pile e infine l'ultima volta che è andato in campeggio aveva 18 anni (ora ne ha 40). In entrambi gli esempi il consumatore è convinto di aver risparmiato, pur avendo speso denaro per merci del tutto inutili.
E' questo il geniale incantesimo dell'economia del Pil: illudere il consumatore che sta risparmiando, anche nel momento in cui sta ipotecando il futuro dei propri figli acquistando un'auto grande come un Tir, rigorosamente con lettore MP3 integrato (pagato qualche centinaio di euro – si rende noto che i lettori MP3 [certo, non integrati] costano poche decine di euro.)
I consumi, così, rimangono alti ma alle strette dipendenze del sistema finanziario. Se questo crolla crollano inevitabilmente anche i consumi. E' con la crisi finanziaria che il consumatore si accorge che è un poveraccio e che al massimo poteva permettersi un televisore mivar bianco e nero piuttosto che il 100 pollici al plasma (pagabile in 100 comode rate da 20 euro al mese).
A quel punto ci si accorge che non si ha niente da parte e che i libri scolastici dei figli, così come l'iscrizione all'università, costano troppo; che si è preferito un lavoro privo di qualunque prospettiva di crescita e gratificazione perchè permetteva da subito un guadagno basso ma sicuro che dava la possibilità di ottenere credito per acquistare l'auto, il pc portatile e altre merci il cui acquisto poteva (ma ce ne accorgiamo solo ora) essere rinviato al futuro.
Se tutti i consumatori si accorgessero del raggiro cui sono stati vittime sarebbe comunque un buon risultato e da lì si potrebbe ripartire per riformulare un nuovo paradigma dei consumi che abbia come elemento centrale i beni e non le merci. Purtroppo il cambio di mentalità, reso possibile anche dal fondamentale ruolo svolto dalla televisione e dai media in generale, è stato così devastante che oggi, in piena crisi finanziaria, il consumatore cerca in tutti i modi di conservare lo standard di consumi acquisito senza considerare minimamente la possibilità di rivedere tale standard al ribasso, magari acquistando beni di cui ha bisogno e non merci che divorano il suo reddito. Piuttosto che non acquistare aspetta i saldi e quando non ce la fa più entra in uno stato di profonda frustrazione che lo porta a imprecare contro politici e calciatori (che prendono troppo) o contro datore di lavoro e sindacati che non fanno nulla per aumentargli lo stipendio.
Con dei semplici calcoli si accorgerebbe di avere ancora potenzialità di risparmio reale senza intaccare minimamente (anzi migliorando) la qualità della sua mediocre esistenza, pur continuando a pagare la rata del mutuo. Basterebbe che smettesse di riempire il carrello di imballaggi colorati, limitando gli acquisti a beni necessari e genuini, magari facendosi un giretto nei negozi del centro o nelle aziende agricole vicine alla propria città, piuttosto che perdersi negli enormi lager commerciali che infestano le periferie dei centri abitati; in questo modo produrrebbe anche meno rifiuti. Con questa semplice mossa si ritroverebbe alla fine dell'anno con un primo gruzzoletto al quale potrebbero aggiungersene altri se evitasse di comprare continuamente merci tecnologiche come telefonini, telecamere, frullatori, aspirabriciole ecc.. limitandosi ad usare il più possibile quelli che già possiede. Ulteriori risparmi deriverebbero dalla rinuncia al telefono fisso e alla televisione a pagamento (altro cancro che ormai ha diffuso le sue metastasi presso tutti i ceti sociali).
Qualora fosse possibile, sarebbe opportuno autoprodursi quei beni che fino a pochi anni fa ogni famiglia era in grado di fabbricarsi da sola: pane, passata di pomodoro, olio, dolci. L'economia del Pil, infatti, rendendo accessibili merci a chiunque ha reso del tutto inutile la conservazione di conoscenze e abilità che nei secoli hanno permesso il sostentamento a famiglie numerosissime prive di reddito monetario.
Tutto quello di cui abbiamo bisogno lo si può comprare, dal divertimento dei figli al broccolo fluorescente. Perchè autoprodurselo? Il motivo principale sarebbe che l'autoproduzione permetterebbe di ricominciare a risparmiare, ma nel vero senso della parola, una buona parte del reddito monetario.
Insomma, ritornare a risparmiare come facevano i nostri nonni.
La fine del risparmio ha già prodotto effetti devastanti sulle capacità dei giovani di progettare la propria vita futura, di fare programmi a lungo termine. Il bisogno di consumo ha preso il sopravvento sull'abilità del giovane di pensare e costruire il proprio avvenire. Non ritengo che la perdita di speranza dei giovani sia imputabile (almeno non totalmente) alla precarizzazione del lavoro; tale precarizzazione ha semplicemente reso più problematica la possibilità di mantenere alto il livello del consumo di merci; da un certo punto di vista è un bene che lavori come "`centralinista di call-center"' siano principalmente con contratti a termine in quanto è impensabile che un essere umano possa tutta la vita svolgere quel tipo di lavoro, senza prospettive di crescita umana e intellettuale. Il problema è che molti giovani, non avendo in testa l'idea di risparmio, preferiscono questo lavoro che permette loro di consumare merci (al resto ci pensano mamma e papà) invece che risparmiare tempo e denaro per l'acquisizione di conoscenze e abilità che garantirebbero l'accesso (ma in futuro) a lavori più gratificanti.
Ecco quindi che un centralinista part-time che prende 800 euro al mese e che vive con i genitori, può ancora permettersi l'acquisto (a rate) di una moto e di un'auto, di fare vacanze in luoghi esotici, di aggiornare con cadenza mensile l'hardware del proprio pc e di acquistare settimanalmente abbigliamento griffato. In realtà questo consumatore, perdendo l'abilità al risparmio, ha barattato il proprio avvenire con la possibilità di consumi immediati; vive nell'illusione di aver risparmiato pur non avendo un centesimo in tasca.
Ho assistito ad una discussione con dei miei colleghi dove il più giovane aveva esposto la sua tesi: voi "anziani" avete avuto la possibilità di farvi la casa perchè all'epoca era ancora possibile. Noi anche se tagliamo tutto non riusciremo mai ad eguagliarvi, per sopravvenute compicazioni di mercato e taglio del potere di acquisto. Sapendo che ormai è tutto perso ci accontentiamo di magniare qualche pizza in più e di fare qualche viaggio.
Non mi è sembrato un ragionamento sbagliato.
Voglio poi ricordare due episodi legati al consumo e realitivi alla campagna.
Episodio 1, raccontatomi da un conoscente da me invitato a cena. Suo nonno, mi raccontò, aveva l'abitudine a fine pasto di passare il coltello sulla tovaglia per raccogliere le briciole. Non era quindi necessario scuotete la tovaglia fuori della finestra per allietare i passeri….credo che questa storia me la ricorderò per molto tempo.
Episodio 2: il contadino dove vado a comprare il vino mi racconta di avere chiesto a suo fratello (che non fa il contadino) se fosse il caso di seminare un po' di ortaggi in più per suo uso personale. La risposta non lasciava spazio a mediazioni: sono abituato ad acquistare gli ortaggi presso il supermercato.
Non c'è che l'imbarazzo della scelta….
Indubbiamente le condizioni di mercato (immobiliare) sono cambiate. E avendo speso moto denaro per mangiare pizze fuori di casa, non voglio fare il moralista.
Però si può abitare in campagna, spendendo meno (salvo che si abiti nelle poche grandi città italiane, che imporrebbero nlunghissime marcie tra il traffico); si possono invitare gli amici in casa: si mangia meglio e si spende meno; si possono acquistare ai figli motoriini che i piccoli borghesi rincoglioniti (oggi sono la classe generale) considerano da sfigato. Si possono fare vacanze in campeggio fino a 27 anni (io ho fatto così) e magari anche più. Si possono cogliere le more assieme ai figli o al proprio amore e poi fare la marmellata. E poi tutti coloro che vanno in palestra potrebbero dedicare le energie che spendono (avrebbero anche un miglior "fisico") alla coltivazione di un orto, che, in termini di denaro costerebbe meno della palestra e rendere un risparmio per il vitto. Si possono utilizzare le fontane delle città e in certi casi i rubinetti, annziché acquistare acqua minerale. Si può non vestire alla moda e non vergognarsi di indossare il medesimo maglione indossato già cinque anni prima, se è buono e si è mantenuto intatto.E si potrebbe continuare all'infinito.
Tutto ciò oggi può "costare"; ma soltanto perché ci siamo abituati e siamo divenuti dipendenti di una o altra pratica sconsiderata.
Caro Stefano, tutto quello che dici è prassi quotidiana per me. Ho acquistato (quando ancora il potere d’acquisto dei salari lo permetteva) una casetta da sistemare con orto, a distanza “ciclistica” dal mio ufficio (5km).
Mi reputo fortunato.
Chi volesse oggi andare a vivere in campagna e lavorasse in una città di medie dimensioni come quella dove vivo io (circa 250.000 anime) a fronte di un risparmio sull’immobile dovrebbe poi pagare costi aggiuntivi non irrilevanti: carburanti prima di tutto e tempo perso nel trasferimento abitazione-ufficio. Le città “medie” non hanno tempi di percorrenza troppo distanti da quelli delle città grandi, purtroppo. Quando piove, mia moglie ha iniziato il turno delle 7 ed i bimbi devono essere accompagnati a scuola (ergo occorre muoversi in macchina) so già che ci metterò circa 40 minuti, contro i 15 della bici ed i 10 dello scooter. Sto parlando di 5 km, eh?
Dei miei colleghi che abitano ad una ventina di chilometri dall’azienda sono stati costretti a richiedere una modifica degli orari di lavoro, in moda da partire presto senza doversi rodere il fegato per un’ora in macchina. Partendo alle 7 ci mettono 20 minuti per fare 20 km. Partendo alle 8 ci vuole 1 ora e passa. Non tutti i lavoratori però hanno la fortuna di poter contrattare questa flessibilità.
E’ vero che, come dici tu, è solo un problema culturale. Non è nè cool nè trendy (solo radicalchic, disgraziatamente) avere un orto da coltivare: vangare la terra in luglio per seminare il radicchio invernale non è esattamente come passare la domenica nei lager commerciali. Lo shopping compulsivo, a mio modesto avviso, è da paragonare agli addestramenti militari delle camicie brune: sono entrambi metodi per mantenere inalterato lo status quo esistente.
Chiunque capisce che il modo di vivere d'oggi e' sbagliato,pero' nessuno dice che non c'e' scampo a questo modo di vivere.Intanto anche se si risparmia oggi, ma domani i soldi valgono carta straccia e i generi di prima necessita' valgono come l'oro aver risparmiato non capisco a cosa serve.Poi il fatto del risparmio a mia memoria e' avvenuto dopo il dopoguerra prima lo stato sociale era solo un sogno,quindi si lavorava fino alla morte e si facevano figli a batteria per avere piu' braccia per lavorare i campi che non erano suoi ma a latifondo e che non sapeva mai se il proprietario avrebbe mai rinnovato il contratto. I figli erano la loro pensione.
Intanto se vogliamo parlare in maniera semplice senza scomodare ideologie e lauree finanziare ( i governi hanno sempre imposto tutta con la violenza) c'e' da dire che l'italiano ha incominciato a vivere decentemente dopo la seconda guerra,prima la sua vita anche senza ipod e iphone era lsempre un incubo,quindi se adesso volessimo boycottare il consumismo e tutto quello che gira attorno e' come suicidarsi violentemente,perche' ognuno vive grazie all'altro.
Diciamo che non c'e' uno stato etico e diciamo anche che non e' mai esistito quindi cosa facciamo? risparmiamo cosa? carta straccia? anche se ho un bene ma non ho da mangiare che me ne faccio quando anche tutti gli altri sono nelle mie condizioni?
Fare una rivoluzione? avete notizia di una rivoluzione che sia riuscita nel suo originario intento?io no! oltre al risparmio avete una nuova ricetta?
Per Giuseppe.
Hai toccato velocemente molti punti. Farò lo stesso.
Il risparmio, dici, è iniziato nel dopoguerra. Per i ceti popolari si. Per la borghesia, italiana e non, era un valore sommo. Quando non eri più capace di risparmiare, voleva dire che la "storia" della tua famiglia era finita o meglio che era iniziato il declino.
Peraltro, chi sa risparmiare è sempre (salvo una improvvisa iperinflazione) più forte di chi non sa risparmiare e si emanciperà meglio o prima. Il nonno di mia moglie era mezzadro. Sposò una donna alla quale i genitori avevano voluto lasciare una piccola somma in dote. Con quella somma comprarono una mucca e da allora egli non dovette più dare metà vitello al "signore". La vendita delle bestie era l'unico modo in cui i contadini ottenevano denaro in una economia esenzialmente non monetaria. Rissparmiò per qualche anno ciò che il mezzo vitello (ormai suo) gli rendeva (ossia non mutò tenre di vita) e acquistò la seconda mucca. E così fu proprietario dei mezzi di produzione (era stato mezzadro per il bestiame, la terra era già sua: uso civico). La capacità di risparmiare è un valore in sé.
Che non ci sia scampo a questo modo di vivere è assolutamente falso. Forse è vero al livello, generale, collettivo, politico. Non al livello individuale. Sopra, nell'altro commento, ho indicato a Tonguessy delle scelte perforribili facilmente. Si può aggiugere, almeno, l'acquisto sistematico di auto di seconda mano. Certo si è "diversi" o "pazzi": ma gli epiteti saranno pronunciati dagli amici con simpatia e poi, siccome il metodo rende (è universalmente valido) con apprezzamento e ammirazione.
Il rischio dell'iper inflazione c'è. E' sempr esistito.
Poi, per carità, non credo che la legge (il potere) possa mai obbligare a risparmiare. Ciascuno faccia come vuole. Tuttavia, credo che la legge possqa evitare di promuovere l'indebitamento, come invece fa da venti anni. La nostra Costituzione è grande: "La Repubblica tutela e incoraggia il risparmio": lo tutela dall'inflazione (deve cercare di tutelarlo) e lo incoraggia, ossia il legislatore deve emanare norme che lo promuovano (non lo impone). Il legislatore, invece, negli ultimi venti anni h emanato norme che inducevano i cittadini ad indebitarsi.
Oltre la lotta contro l'indebitamento dei cittadini cosa proponiamo? Leggiti il manfesto: lì trovgerai tutti i principi fondamentali.