Breve viaggio nell'ottimismo: dallo Stato ai mercati, e ritorno.
La prima tappa di una viaggio è la partenza. Dunque partiamo dall’inizio.
C'era una volta l'ottimismo nello Stato. Ma la grande crescita dei debiti pubblici e l'incapacità di far fronte al problema della disoccupazione, fece perdere a molti l'ottimismo nell'efficacia dell'intervento pubblico. E si passò all'ottimismo nell'intervento dei Mercati.
La teoria della concorrenza perfetta esaltò poi un certo tipo di ottimisti un po' come la tempesta perfetta esalta certi navigatori, nonostante sappiano che sia difficile che si verifichi e che sia ancora più difficile sopravviverle.
E intanto sulla riva, gli ottimisti dell'intervento pubblico aspettano di veder passare i relitti dopo la tempesta…
Quale ottimismo prevarrà? Quello che muove la "mano invisibile" dei Mercati (Smith 1776), o quello che cerca l'abbraccio (r)assicuratore dello Stato?
Immaginiamo di fare un viaggio, su un treno, spettatori di un dialogo tra i 2 antagonisti dell'ottimismo: il signor M (che ha fede nei Mercati) e il signor S (che ha fiducia nello Stato).
Premessa. Conoscenze da mettere in valigia prima di partire per il nostro viaggio.
L'ottimizzazione dei mercati può avvenire solo mediante una regolazione di tipo nuovo, prodotta da nuove istituzioni di carattere sopranazionale (F. Reviglio 2005).
Nasce così il "metodo europeo", messo nero su bianco nei Trattati Europei.
Ça va sans dire che "sopranazionale" NON vuole dire di concerto con le nazioni, MA indipendentemente dalle Nazioni, come ci ha ben illustrato Junker, presidente della Commissione Europea: "Prendiamo una decisione, poi la mettiamo sul tavolo e aspettiamo un po’ per vedere che succede. Se non provoca proteste, né rivolte, perché la maggior parte della gente non capisce niente di cosa è stato deciso, andiamo avanti passo dopo passo fino al punto di non ritorno".
In ultima analisi, lo scopo sovranazionale dei Mercati è di prevalere su popoli e società.
Iniziamo il viaggio.
Ci sediamo, e capiamo che il signor M e il signor S stanno parlando del problema della disoccupazione.
M – Non se ne parla nemmeno! I mercati non hanno nessuna responsabilità nella disoccupazione! è colpa dell'inefficienza dello Stato!
S – Ma se non ci permettete di aumentare la spesa sociale, per forza siamo inefficienti! I vostri bei Trattati Europei adesso pretendono addirittura il pareggio di bilancio…e sai questo che significa, sì? significa azzerare la spesa sociale! e allora che senso avrebbe più, lo Stato? che senso avrebbe più, chiamarci "popolo"? diventeremo una massa indistinta di manodopera alla mercé di qualsiasi padrone…
M – Ma finiscila! la ricetta di Keynes di spendere, spendere, e spendere, non è servita a nulla! la disoccupazione è rimasta, e in più la grande crescita del debito pubblico ha minato alla base il processo di crescita, a causa dell'innalzamento dei tassi di interesse!
S – Ah, vogliamo parlare dei tassi di interesse? vogliamo scoperchiare il vaso di Pandora? attenzione però che poi, appunto, ti va via la speranza!
M – Tranquillo che l'ottimismo non lo perdo…
S – Ah, certo, tu hai la tua fede, la tua religione che si chiama Europa…che c'è, temi la scomunica se la metti in discussione?
M – Dai, vieni al sodo!
S – No, no, fammi capire: ti senti più grande, più forte, a dichiararti cittadino europeo anziché "solo" cittadino italiano? dunque è una questione di vanità?
M – Ma che dici?…
S – È una questione di "fraternità"?! e allora a che ti serve definirti "solo" europeo, quando dopotutto già siamo cittadini del mondo?…non sarebbe più bello allora istituire "il Mondo Unito"? eh no, questa è roba per idealisti! a voi non interessa unire il mondo, a voi interessa unire una parte del mondo, per prevalere sulle parti che restano, altrimenti non parlereste sempre di competitività!
M – Ti sbagli! essere europei ci protegge dagli altri…
S – …Gli altri chi, scusa?
M – Dai cinesi, per esempio…voglio dire, dai competitor cinesi!
S – Beh, non mi risulta che quando la Germania realizza un export migliore del nostro contro quello cinese, poi faccia con noi la divisione dei pani e dei pesci…quando si tratta di far cassa, ogni Stato membro è solo, terribilmente solo!…e anzi, è proprio a causa dei Trattati che in Europa la concorrenza va sempre a favore di taluni e a sfavore di tali altri!…e pensa un po’, è una cosa che ha confermato – o meglio, ingenuamente confessato – proprio una parlamentare europea, Franziska Keller, in una puntata di Ballarò: “se la Germania lasciasse l’euro, perderebbe moltissimi posti di lavoro nel settore delle esportazioni perché nessuno mai comprerebbe più i prodotti carissimi tedeschi”…Più chiaro di così!!!…Ma d’altronde si sapeva fin dall’inizio che una nazione con una valuta forte, come lo era il marco tedesco, con l’adozione dell’euro avrebbe sostanzialmente operato una svalutazione della propria moneta, deprezzando i propri prodotti e avvantaggiandosi in questo modo con l’export…il contrario sarebbe invece avvenuto con Paesi a valuta debole, come lo era la lira: entrando nell’euro, l’Italia non ha potuto far altro che “rivalutare” e aumentare i costi dei propri prodotti, fino all’esaurimento della convenienza per i nostri acquirenti…essere europei protegge dagli altri? Sì, sicuramente protegge i tedeschi dai competitor italiani…ma dicevi? da cos’altro ci proteggerebbe l'Europa?
M – Dalle guerre!
S – Qualcosa non torna, viste tutte le guerre e le rivolte dal ’92 in poi! anzi, direi che con l’ultima mossa, avete soffiato su un fuoco che se divampa, può bruciare il mondo: non è certo un atteggiamento utile a promuovere la pace, quello di respingere il risultato di un referendum popolare, come avete fatto in Crimea… Riassumendo: quest’Europa di sicuro non ci protegge dai competitor commerciali, anzi, il contrario; di sicuro non ha portato la pace da nessuna parte, anzi, forse il contrario; quindi questo levar di scudi, contro chi? forse contro i poveri che ha creato?…in effetti presto saranno in tanti, e non solo in Grecia…te ne accorgeresti anche tu se non ti portassi dietro la tua fede europeista come fosse acqua santa, ma non usare la nostra patria come un demone da esorcizzare!
M – E tu che fai discorsi da prete, ce l’hai anche tu la tua fede: l'antieuropeismo!
S – No-no! io agli uomini non do la fede, do la fiducia, proprio perché se la devono saper conquistare e meritare, caro mio!…Io credo in ciò che vedo: il lavoro che mi è stato tolto, la mia nazione umiliata ogni giorno e chiamata “maiale” da chi per decenni ha razzolato nel fango, la nostra dignità che non c’è più, quella che ci ha fatto rialzare ogni volta che siamo caduti senza aver mai avuto bisogno di controllori, né di carcerieri che decidevano in che percentuale darci il rancio…
Questo vedo e questo credo, senza superstizioni e senza illusioni! di sicuro non mi illudo che possa volere il mio bene chi mi parla di lacrime e sangue, chi disprezza i miei sacrifici, la mia fame, la mia miseria, e mi dice che non è mai abbastanza…
M – E allora chi dovrebbe volere il nostro bene?
S – Chi ha dimostrato per anni quanto bene può farci: ogni Padre Costituente, ogni passo della nostra Costituzione, quando è applicato secondo le regole…l’Italia più grande e più forte ce l’avevamo, e ce n’era abbastanza per soddisfare il senso di vanità e di fraternità di chiunque… perché in fondo le cose sono semplici per chi vuole vederle: i popoli possono star bene tra loro solo se usano gli stessi accorgimenti di due innamorati: una relazione funziona e dura, solo se ognuno è padrone della propria vita.
M – ………………..Stavamo parlando dei tassi d'interesse…
S – …Già…ricordi come andavano le cose in Italia prima del 1981?
M – Oh, ancora con questa storia!!…
S – Eh, però è una bella storia, ed è vera: prima del 1981 la Banca d'Italia era veramente la Banca dello Stato, e operava di concerto col Ministero del Tesoro: quindi non vi era alcun indebitamento reale da parte dello Stato. La Banca d'Italia aveva infatti l'obbligo di acquistare le obbligazioni emesse dal Ministero che non trovavano collocazione nel mercato, in questo modo si creava una domanda di titoli obbligazionari del debito pubblico che altrimenti non vi sarebbe stata, con la conseguenza che i tassi di interesse sul debito tendevano a scendere. E in ogni caso era sempre lo Stato a decidere i tassi di interesse, e non i mercati.
Inoltre il Tesoro poteva ricorrere ad una particolare forma di indebitamento: lo scoperto del conto corrente presso la Banca d'Italia, il ricorso al quale, oltre a riequilibrare le esigenze di cassa dello Stato, aveva anch'esso l'effetto di incidere sul livello dei tassi d'interesse, abbassandoli.
M – Sì, va beh…e così la banca d'Italia diventava un pozzo senza fondo…troppo comodo così…
S – Ma no, vi erano percentuali precise di indebitamento oltre il quale non si poteva andare, e vi erano verifiche mensili!…ma oggi voi del libero mercato, con i vostri Trattati Europei, vietate la concessione di scoperti di conto o di qualunque altra forma di facilitazione creditizia a favore degli Stati…e ovviamente i tassi d'interesse crescono…
M – Sì, però le cose erano già cambiate…col famoso divorzio tra Ministero Del Tesoro e Banca D'Italia…
S – Sì, è vero…quel divorzio voluto da Beniamino Andreatta, che era a capo del Tesoro, e da Carlo Azeglio Ciampi, governatore della Banca, fu la nostra rovina!…è da quel momento che è iniziato l'indebitamento reale dello Stato che non ha più potuto controllare autonomamente l'emissione di moneta nel sistema, ha dovuto ricorrere ai mercati, cioè a prestatori esterni, e quindi chiedere prestiti a tassi molto meno convenienti dei precedenti.
A causa di questo divorzio – e non certo per la spesa sociale non più sostenibile – il debito è letteralmente esploso, addirittura raddoppiato nel giro di 10 anni!
Parafrasando Don Abbondio, avremmo dovuto dire: "Questo divorzio non s'ha da fare!!".
M – Suvvia, ci sono altre ricette per risanare i conti!
S – E quale, quella che vi piace tanto, quella del rigore? ma non vi rendete conto che nonostante la forte pressione fiscale, il debito pubblico non si abbassa? E il debito a sua volta richiede altra tassazione, in una spirale perversa e disumana… dobbiamo morire tutti, prima che voi capiate che la politica del rigore è già fallita? come è fallita quella degli espropri col governo Amato, come è fallita la politica di quasi 20 anni di privatizzazioni, e come fallirà qualunque ricetta che non sia il ritorno alla sovranità nazionale.
Il treno ha uno scossone, i due stanno zitti per un po'. Qualche sospiro e le rotaie riprendono a girare.
M – Ma quindi tu che vorresti fare, fermare la globalizzazione?! ormai la divisione del lavoro è internazionale, non si può tornare indietro!
S – Ecco, appunto!! tu la chiami internazionalizzazione del lavoro, io la chiamo delocalizzazione! Si spostano le aziende altrove, si crea disoccupazione strutturale in patria, si crea sottoccupazione da qualche altra parte, e così solita storia: i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri!
M – Ma non è vero! i mercati possiedono in sé la grande forza riequilibratrice della domanda e dell'offerta, che prima o poi crea occupazione!
S – Come no!! come nella crisi recessiva degli anni '20!…non mi pare che all'epoca, la forza dei mercati abbia riequilibrato granché…
M – Le disfunzioni del mercato sono da addebitare non certo al mercato in sé, ma alla rigidità delle leggi sul lavoro!
S – Cioè?! quali leggi?
M – Quelle che i sindacati sono riusciti a imporre col loro monopolio di potere: i salari minimi nei contratti di lavoro!
S – Ah, ma certo, perché non ci ho pensato prima?! Da una parte c'è uno che deve guadagnare quanto più possibile, perché la parola d'ordine è essere molto competitivi, e dall'altra c'è un povero disgraziato che ha l'assurda pretesa di avere un salario dignitoso per il lavoro svolto e soprattutto, per sopravvivere alle vostre tasse!…e quindi, come si viene a capo di questo dilemma?! Facile!! con i Trattati Europei, ovvio! Con il sistema di cambi fissi (la moneta unica), i Governi non possono più svalutare il costo del denaro per essere competitivi, e quindi svalutano il costo del lavoro, cioè i salari!
M – Guarda che il mercato sa premiare chi ha più capacità e preparazione!
S – Ah sì?! e che mi dici delle economie di scala, ovvero le economie, ormai tante proprio a causa della globalizzazione, che grazie all'aumento della produttività riescono a ridurre il costo della produzione?
M – Guarda che lo so che cosa sono…
S – Ecco, e allora saprai anche che questo tipo di economie comporta l'esigenza di massicci investimenti per gli impianti, investimenti che ovviamente non tutte le imprese si possono permettere. Le piccole imprese muoiono e le grandi, le multinazionali, prosperano…Ne deriva che il libero mercato tutto offre fuorché la libera concorrenza. Altro che: vince il migliore!
M – Almeno riconosci che niente come i Mercati provvede alla giusta allocazione e distribuzione delle risorse!
S – Sempre che non si incorra nelle esternalità! E possono sempre verificarsi delle esternalità, come fai a controllarle tutte? ogni volta che viene prodotto o consumato un bene, possono esserci effetti imprevisti che ricadono su un soggetto terzo, senza che quest'ultimo paghi per il beneficio ottenuto o riceva una compensazione per il disagio subito…e allora che succede?
M – Succede che le parti possono addivenire ad un accordo!
S – Sì, ma i costi di transazione non devono essere eccessivi tali da limitare la possibilità di contrattazione. Ma ovviamente questo i mercati, non lo possono garantire: basti vedere i danni ambientali, di inquinamento e rifiuti che nessuno paga, a parte i cittadini che s’ammalano…Per cui il mercato non è poi così efficiente e neppure sufficiente…e se proprio vogliamo dirla tutta, ha anche un'altra bella pecca: non sa far fronte alle tante situazioni dove l'informazione non è completa! pensa al mercato delle auto usate: come si fa a distinguere un bidone da un'auto di buone qualità? non si può! e questo frena il mercato: ci sarebbero molti più compratori se chi acquista potesse avere tutte le informazioni!
M – Ma esistono le garanzie!
S – Quali, quelle delle assicurazioni private?!…ma va…costano troppo e garantiscono poco…
M – E quindi?! deve intervenire lo Stato anche in questo? ma basta con questo paternalismo statale! bisogna darci un taglio! invece no, voi vi ostinate a fornire gratuitamente, o quasi, tutti i beni pubblici che potrebbero invece tranquillamente essere demandati ai privati!…
E poi, sai che ti dico? non c'è nessun fondamento scientifico nell'affermazione di Rawls: "Il benessere di una società dipende solo dal benessere dell'individuo che si trova nella condizione peggiore". Il fine ultimo invece è l'efficienza, e una maggiore efficienza può essere raggiunta solo a prezzo di una minore equità!!
S – ………….
Il treno lancia il suo inconfondibile fischio. Siamo arrivati alla prima stazione. I due signori sicuramente continueranno a discutere, ma noi abbiamo capito a sufficienza. Ci fermiamo qui e scendiamo dal treno.
Epilogo
In mezzo a tutto questo ottimismo, a noi un po' di pessimismo è venuto…
Ricapitolando, al mercato non interessa se la distribuzione esistente dei redditi e delle ricchezze sia equa, ma interessa che lo stato non intervenga a modificarla, perché a prescindere, ritiene l'intervento pubblico inutile, anzi, nella maggioranza dei casi dannoso.
Con questa premessa, l'unico mezzo per sopravvivere è la concorrenza spietata e individualista, che sgretola ogni forma non solo di Stato, ma anche di appartenenza alla società stessa e ai più basilari doveri di solidarietà e previdenza sociale, rimandandone la responsabilità di gestione “Alle associazioni di volontariato e alle assicurazioni private [per chi può permettersele]”, perché “I trasferimenti [dello Stato] alle famiglie sono da riconnettere a comportamenti distorti degli individui […]. Per imprevidenza o per carenza di redditi gli individui spesso non provvedono a garantirsi un reddito adeguato per la vecchiaia o per un'eventuale invalidità, né ad assicurare un reddito ai familiari in caso di morte attraverso il risparmio volontario e la partecipazione a fondi assicurativi".
E ancora: "Lo sviluppo dei sistemi pensionistici ha contribuito a determinare la tendenza riflessiva del tasso di risparmio nei paesi industriali ed è quindi corresponsabile dell'attenuazione del processo di crescita economica".
Occorre quindi ridurre la spesa sociale nell’ordine della previdenza e dell’assistenza (anche sanitaria).
(Stralci di: Istituzioni di Economia Pubblica – F. Reviglio, testo utilizzato nelle università italiane).
In altre parole: vecchi, invalidi, malati e deboli di ogni sorta sono i corresponsabili della mancata crescita di un paese. Corresponsabili con lo Stato che spende per loro.
I Trattati Europei sono la mano visibile dei mercati e del loro orrore.
Per rimanere ottimisti e completare il viaggio, v'è un'unica strada: quella che fa ritorno a casa. allo Stato, ovviamente Sovrano.
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