Il “Sacro Dovere”
“La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino.”
Costituzione della Repubblica Italiana, art.52 comma 1
“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali […]”
Costituzione della Repubblica Italiana, art.11
Ricevetti la famosa “cartolina verde” alla fine di settembre del 2004 per partire alla volta di Taranto nel novembre successivo. La Marina Militare Italiana mi voleva con sè nell’ultima chiamata di leva della sua storia. Nel dicembre del 2004 le forze armate italiane incominciarono ad alimentare le loro fila solo su base volontaria. La riforma delle Forze Armate muoveva i primi passi.
Ma chi, politicamente, volle perseguire questa riforma che trasformava un esercito popolare in un esercito professionale? Uno a caso, dirà scherzosamente qualcuno: il ministro della difesa del I° Governo Prodi e cioè Beniamino Andreatta.
Era il 17 maggio 1996 quando Beniamino Andreatta giurava fedeltà alla Costituzione dinanzi al presidente della Repubblica ricevendone l’incarico di Ministro della Difesa.
Non perse tempo e il 21 giugno 1996 già annunciava una piccola rivoluzione nelle forze armate.
Seguirono una serie di atti che stravolsero l’assetto delle forze armate italiane. L’iter si concluse nel 2004, quando Andreatta era già in coma da 5 anni e vide l’opposizione accogliere di buon grado le scelte politiche della “sinistra” in tema di Forze Armate.
Il deputato della “Margherita” Giuseppe Molinari, intervenuto nel dibattito parlamentare della seduta alla camera dei deputati del 29/07/2004 ricorda, con l’intervento che segue, la paternità e gli scopi della riforma delle forze armate:
“Signor Presidente, siamo giunti al termine ed al completamento di un passaggio storico per il nostro paese. L’abbandono della leva come reclutamento ed il passaggio al principio della volontarietà dell’ingresso nelle Forze armate nella storia repubblicana del nostro paese certamente è un momento unico. Si completa una delle grandi riforme realizzate dal Governo dell’Ulivo e avviate dal ministro Andreatta. L’efficacia di quella riforma si dimostra con il suo odierno completamento e, cioè, con l’anticipo al 1o gennaio 2005, rispetto al 1ogennaio 2007, della sospensione della leva obbligatoria. Il gruppo della Margherita non può non essere favorevole a questa scelta. Si tratta di una svolta epocale che, innanzitutto, va nella direzione dei giovani, soddisfacendo una necessità molto avvertita nel mondo giovanile e accogliendo le richieste delle famiglie. Soprattutto, accoglie l’esigenza di un modello di difesa diverso, più volte manifestata dai vertici delle nostre Forze armate. È cambiato il mondo, sono cambiate le chiavi di lettura, è cambiata l’Italia e la sua storia in questi cinquant’anni di vita repubblicana. Era giunto, quindi, il momento di cambiare e di dare una svolta modernizzatrice anche alle nostre Forze armate. […]
Stiamo per realizzare un passaggio importante: da Forze armate di quantità a Forze armate di qualità. È il nostro tempo a chiederci questa svolta. Esistono nuove frontiere di intervento militare e nuove minacce. Quindi, è evidente la necessità della trasformazione delle funzioni e del profilo delle nostre Forze armate. Si tratta, ora, di dare seguito alla modernizzazione e di investire risorse umane ed economiche al servizio di una riforma fondamentale per l’assetto del nostro modello di difesa, anche in chiave europea. Per fare questo, c’è bisogno di un esercito non più di leva ma professionale, però sempre nel rispetto della nostra moderna e attualissima Carta costituzionale.
Con questa riforma abbiamo dato risposta alle due esigenze, da un lato quella della modernizzazioni delle nostre Forze armate e, dall’altro, quella del senso di un servizio reso alla patria da parte dei nostri giovani, che oggi non aveva più le caratteristiche di mezzo secolo fa. Il ruolo delle Forze armate resta indispensabile; lo dimostrano i nostri 10 mila soldati impegnati nelle missioni internazionali, ai quali va il nostro saluto ed il nostro sostegno.
Dal 1o gennaio 2005 le chiamate per il servizio di leva sono sospese. È questa la chiave di volta del nuovo assetto della difesa del nostro paese. Cambiano aspettative e prospettive, cambia il volto delle Forze armate. ”
Commentava così, la riforma intrapresa da Andreatta, l’ammiraglio Di Paola, ministro della difesa nel governo Monti:
“Nel 1997, finalmente, l’auspicata riforma dei Vertici era convertita in legge. Cambiava l’intera struttura del Ministero della Difesa e veniva semplificata la catena di comando.
I Capi di Stato Maggiore di ogni Forza Armata dipendevano, ora, dal Capo di Stato Maggiore della Difesa che, unitamente al Segretario Generale della Difesa e Direttore Nazionale degli Armamenti, rispondeva direttamente al Ministro, al quale era affidata l’intera organizzazione dello Strumento Militare.
Si provvedeva a dimezzare le Direzioni Generali, a ridurre drasticamente gli organi periferici e a razionalizzare l’area dell’industria di difesa, concentrata in un’agenzia. Altri provvedimenti fondamentali concorrevano ad un quadro di generale rinnovamento del Comparto Difesa: l’introduzione del personale femminile nelle Forze Armate italiane istituita con la Legge 380/99 del 1999 (avviato nel 2000), la sospensione della coscrizione obbligatoria con la Legge 331/00 del 2000 (resa effettiva dal 2004), l’elevazione dell’Arma dei Carabinieri al rango di Forza Armata con la Legge 78/00. La Difesa nazionale poteva, così, esprimere capacità operative ben maggiori rispetto al passato, in linea con gli standard richiesti dalle organizzazioni internazionali di appartenenza e qualitativamente comparabili a quelle dei maggiori alleati. ”
Al ministro della Difesa Beniamino Andreatta dobbiamo anche la paternità di dotazioni belliche posizionate sul lato dell’offesa, come la costruzione della portaerei “Cavour” e l’acquisto degli ormai famosi F35.
Alla luce di quanto riportato, il preambolo contenuto nel l’art. 1 della legge 331/00 suona come un excusatio non petita, accusatio manifesta:
- Le Forze armate sono al servizio della Repubblica.
- L’ordinamento e l’attività delle Forze armate sono conformi agli articoli 11 e 52 della Costituzione e alla legge.
- Compito prioritario delle Forze armate è la difesa dello Stato.
L’assetto che oggi hanno le nostre forze armate è stravolto rispetto ai principi sanciti dalla Costituzione.
L’esercito è professionale e non più popolare.
Le missioni all’estero sono prioritarie rispetto alla difesa e al presidio del suolo patrio.
Eppure i nostri padri costituenti erano stati chiarissimi.
20 maggio 1947 intervento all’Assemblea Costituente dell’On. Eduardo Di Giovanni:
“C’è nella formulazione dell’articolo 52 l’affermazione della difesa della Patria come sacro dovere del cittadino. È, in sostanza, il riconoscimento della più alta idealità, che è la concezione della Patria, sintesi dell’immortalità della vita di un popolo, asceso ad alta civiltà, custode della propria tradizione, garante del proprio avvenire e vindice del proprio destino.
E nell’affermazione di questo principio non si può non essere tutti consenzienti; in rapporto a siffatta affermazione, la formulazione dell’articolo 52 fa seguire la dichiarazione che il servizio militare è obbligatorio.
È stato presentato in proposito un emendamento dai compagni onorevoli Cairo ed altri, nel senso che il servizio militare non è obbligatorio. Debbo dichiarare che io non sono assolutamente favorevole a questo emendamento; a me sembra che il ritenere e proclamare non obbligatorio il servizio militare costituisca una contraddizione in termini con quella che è la superiore affermazione del dovere di tutti i cittadini alla difesa della Patria.
Si dirà: ma c’è il servizio volontario; ma il servizio volontario e l’esercito volontario si identificano con l’esercito mercenario. Noi abbiamo appreso come anche Nazioni democraticamente progredite, le quali non avevano la coscrizione obbligatoria, l’hanno dovuta adottare in presenza dei grandi avvenimenti della recente guerra, ormai chiusa; e, speriamo, definitivamente chiusa.
Immediatamente dopo il risorgimento italiano, il cuore generoso di Giuseppe Garibaldi levò l’ammonimento possente contro gli eserciti stanziali, che definì la rovina delle Nazioni. Ed egli sostenne l’istituzione del tiro a segno, l’addestramento dei cittadini alle armi con periodiche esercitazioni nei giorni festivi, con conferenze ed esercitazioni tattiche per ufficiali, con insegnamento di discipline militari, ecc.; tutto un insieme di iniziative che avrebbero dovuto formare non soltanto i soldati, ma anche i quadri dell’esercito, ed attuare il concetto della Nazione armata: tutti soldati, e nessun soldato. Ma Giuseppe Garibaldi aveva fatto la gloriosa esperienza dei suoi volontari, dei suoi legionari, i quali l’avevano seguito in imprese che parevano — ed erano — leggendarie: da Sant’Antonio al Salto, da Varese a Bezzecca, da Marsala al Volturno, dove Egli, apostolo armato di libertà, donò al re sopraggiunto il regno e si ritrasse a consumare, incontro ai monti del Sannio, la refezione di pane e cacio, guardando lontano l’aratro antico segnare i solchi fecondi.
Ma la storia cammina, e con ritmo accelerato; i tempi mutano. Purtroppo, lo spettro della guerra si è ancora ripresentato: tristo fenomeno di reversione atavica e di patologia collettiva, che dal profondo dell’anima auguriamo possa sparire in una umanità migliore e più giusta. Sono mutati anche i mezzi di offesa e di difesa; la guerra è diventata meccanizzata e tecnica; sono venuti gli aggressivi chimici — ne facemmo dolorosa esperienza il 16 giugno 1916, primo esperimento dei gas asfissianti, fra i maligni intrighi dei reticolati e delle trincee di San Martino e di San Michele del Carso; è venuto l’aeroplano: questo mezzo audace che, frutto del pensiero umano, dal tentativo infecondo di Icaro alle investigazioni scientifiche del genio italiano di Leonardo da Vinci, fino alle prove vittoriose dei dominatori dell’aria, avrebbe dovuto asservire la conquista del cielo a vantaggio dell’umanità, e che è diventato purtroppo strumento di insidia e di distruzione; è venuta la bomba atomica, di cui l’ingegno predatore, strappando alla natura i più riposti segreti, si giova per le devastazioni e lo sterminio dei popoli.
Limitare la preparazione di una difesa del Paese — coerentemente a quella che è l’affermazione del dovere di tutti i cittadini alla difesa del sacro suolo della Patria — ad una organizzazione di attività puramente volontaria non mi pare possa rispondere alle necessità della difesa, quale è imposta oggi dalla tecnica difensiva, nella sua vasta e complessa concezione e nella più idonea ed efficiente attuazione.
E allora io penso che la concezione profondamente umana e generosa di Giuseppe Garibaldi — la sostituzione, cioè, della Nazione armata all’esercito stanziale — possa trovare la sua migliore attuazione quando si saranno ridotte le ferme — ferme brevissime — limitate la forza organica e la forza bilanciata, attenuato il contingente dei presenti alle armi. Occorre fare, insomma, che attraverso l’esercito passi periodicamente ma continuamente tutta la gioventù come in una scuola di addestramento e di preparazione: addestramento e preparazione non soltanto tecnica ma anche e sopratutto spirituale. L’esercito deve divenire — secondo il nostro avviso — una scuola di educazione e di preparazione alla vita, oltre che una scuola di organizzazione e di preparazione tecnica militare, per l’alto fine della difesa del Paese: scuola di eccitamento e di ammaestramento al sacrificio, all’eroismo, al sentimento del dovere sopratutto. Scuola per ciò stesso di preparazione alla vita!
In effetti, pur ignorando l’esistenza di questo stupendo discorso, era proprio con questo spirito che, alla non più tenera età di 28 anni nel novembre del 2004 partivo per Taranto.
Il destino volle che una forte otite diagnosticata durante una delle visite mediche cui mi sottoposero i medici militari nella mia prima settimana di leva, mi consegnò ad un certificato medico che volgeva la seguente dicitura: “rivedibile fra 6 mesi”. Non fui più richiamato perchè la “riforma Andreatta” sospese la leva relegandomi in una sorta di limbo militare senza congedo.
Andrea Franceschelli – ARS Abruzzo
Sono leva 1984, una delle ultime a ricevere la chiamata.
Feci per 2 anni le visite all’ospedale militare e feci richiesta di entrare nel Genio, mi piaceva l’idea di occuparmi di comunicazione, costruzione di strutture e attività di supporto alle truppe.
Fui riformato, come i tantissimi ragazzi della Leva 1984 e da una parte, dopo 2 anni di tempo dietro a a visite , ne ero sollevato perche così potevo cercare un lavoro senza troppi problemi….
Nel corso degli anni mi sono interessato molto alla Storia Militare, sopratutto quella dell’Antica Roma e delle sue Legioni, vero e proprio “modello di base” per i futuri eserciti di mezzo mondo.
Già prima della nascita di Cristo, attraverso la Leva, ogni cittadino ( e non solo quelli che avevano la cittadinanza ma anche i popoli sottomessi ) Romano poteva “scalare” la società e giungere al 2° ruolo più importante dopo quello dell’Imperatore. Certo gli Equites ( i nobili che formavano la cavalleria ) avevano più possibilità di scalata sociale e in meno di un decennio giovani ricchi Romani potevano diventare Centurioni o ambire a ruoli d’alto comando, mentre i ceti medi e bassi dovevano concorrere ad una carriera militare che durava più anni. Questo “strumento” della Leva garantì a Roma di “occupare” con un lavoro migliaia di persone ( le Legioni non combattevano e basta ma si occupavano di costruire strade ed infrastrutture ), di “integrare” con le unità Ausiliarie i numerosissimi popoli sottomessi o sconfitti e di fornire “una possibilità” anche all’ultimo dei pezzenti della società dell’epoca. Gli USA oggi usano l’esercito come “strumento” per ottenere la cittadinanza americana per i numerosissimi messicani o altri che fanno richiesta di far parte degli Stati Uniti.
La leva deve tornare obbligatoria, è uno degli ultimi Riti di Passaggio che avevamo da secoli, non tanto l’addestramento alla guerra quanto l’importante contributo all’abbattimento delle divisioni di un paese.
I tanti “miei” che mi raccontano la loro esperienza durante la Leva hanno ricordi delle dinamiche iniziali tra meridionali e settentrionali, spesso sciolte poi in un unica dimensione, perchè attraverso la Leva scoprivi che il pugliese e il trentino di 20 anni erano pur sempre la Gioventù e nell’Esercito si sentivano una cosa unica.
La Patria.
La coscrizione obbligatoria ha un riferimento diretto all’ideale della sovranità: verso l’interno lo Stato è sovrano perché è superiore a ogni suo elemento, compresa la vita dei cittadini; perciò il loro dovere supremo è la difesa della patria a qualunque prezzo. Viceversa, l’annullamento di questo dovere è la dissoluzione della sovranità dello Stato: le sue parti cessano di collaborare con le altre per la salute generale, ma si comportano come settori indipendenti, dunque al servizio di interessi particolari. Non è un caso che colui che ha sollevato gli Italiani dal dovere essenziale del cittadino abbia anche sancito l’indipendenza della Banca Centrale dallo Stato. – Faccio fatica a esprimere questi pensieri: la mia generazione (sono nato all’inizio degli anni ’60) ha ereditato dal Sessantotto l’anarchismo pacifista: ricordate le canzoni di De André, che nel “Pescatore” si spinge all’apologia dell’omertà? Occorre ritornare dalla prospettiva del dover-essere alla realtà dell’essere.
Mi aspetto risposte del tipo “una donna non ha né l’esperienza, né l’intelligenza per giudicare queste cose”. Pero’, se “l’Italia ripudia la guerra eccetera”, a che cosa serve l’esercito? Solo a partecipare alle avventure NATO e , specie ora che e’ professionale (cosa che non mi piace molto), forse a reprimere future rivolte popolari? Quanto all’utilita’ della Leva per formare uno spirito nazionale, parlando con chi (non di tendenze anarcoidi) aveva fatto la Leva nell’ultimo periodo ho sempre sentito dire che le sofferenze subite dalle reclute nell’esercito italiano erano tali da eliminare per sempre nelle stesse qualsiasi patriottismo. Su questo punto naturalmente non ho esperienze personali.
L’art. 11, al posto del suo “eccetera”, continua : “… come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”; quindi la Costituzione riserva all’Italia il diritto di difendersi dalle aggressioni e impone agli Italiani il dovere di difenderla. Certo, spesso gli aggressori si preoccupano di apparire come aggrediti: nella prima guerra mondiale i Tedeschi, che avevano elaborato un piano di aggressione su due fronti sin dal 1905, usarono l’attentato di Sarajevo per apparire aggrediti dalla mobilitazione russa volta a difendere la Serbia dall’Austria; nella seconda travestirono le SS da soldati polacchi per creare incidenti di frontiera ecc. Questa è però una sottigliezza che riguarda la storiografia; in ogni caso resta la possibilità di essere aggrediti dall’esterno e sussiste il dovere di difendere la patria. – Non penso affatto che le sue domande, che, come vede, trovano immediata risposta nel testo costituzionale, nascano dal suo essere donna: tutti, maschi e femmine, comunisti, cattolici, liberali, confondiamo il DESIDERIO di pace per realtà, e non riconosciamo la realtà dei contrasti di interesse tra gli stati e la loro necessità di difendersi. Eppure la storia del Novecento ci ha mostrato con la massima evidenza quanto possa essere terribile il destino di un popolo senza stato e senza difesa.
Non metto in dubbio che ci siano contrasti (eufemismo) tra gli Stati e la necessita’ di difendersi, e in teoria preferirei anch’io un esercito almeno parzialmente di leva. Pero’ ora il nostro esercito e’ inglobato nella UE e nella NATO, quindi ho molti dubbi che il suo scopo sia quello di difendere l’Italia.