Joyeux Noel!
Anche in Francia l’aria natalizia inizia a farsi sentire: nonostante la legge sulla laicità del 1905 non c’è cittadina, grande o piccola che sia, che rinunci al suo mercatino di natale, alle sue luminarie, all’albero di natale e al… Presepe, o crèche, come vien chiamato oltralpe. Ma mai come quest’anno il bue e l’asinello hanno agitato il dibattito politico. In effetti i presepi da anni sono stati rimossi da tutti gli spazi pubblici, almeno nelle grandi città. E pensare che fino agli anni ’70, ogni dicembre, l’Hotel de Ville di Parigi ospitava la più famosa mostra di presepi del paese, che ogni anno registrava migliaia di visitatori. Ma il furore laicista da un lato, il rispetto delle religioni dei nuovi arrivati dall’altro, ha fatto si che nessuna grande città allestisse, oggi, negli spazi comunali riferimenti religiosi alla natività. Ma quest’anno ad accendere i fuochi è stato Menard, storico giornalista francese, fondatore di Reporters sans frontieres, da sempre bandiera del giornalismo impegnato di sinistra, che negli scorsi anni si è avvicinato sempre più al Front National, fino a farsi eleggere sindaco di Bezieres con l’appoggio del Front. Non appena l’ultima pecorella di Menard è stata appoggiata sul muschio di Bezieres, il rappresentante locale del Front de Gauche, Garcia, insieme alla solita armata da guerra delle associazioni antirazzismo e del Grande Oriente di Francia, hanno presentato denuncia al prefetto. Tutto l’establishment ha preso la palla al balzo per mettere in risalto il primo passo falso di una giunta comunale targata FN dopo le scorse elezioni comunali. In più, neanche 10 giorni fa, un sondaggio dell’Ifop ha detto che per l’80% dei francesi il primo valore da salvaguardare è la laicità dello stato. I media si son detti: “cosa di meglio per mostrare la doppia faccia del Front rispetto alla laicité?” Grave errore da parte delle elites che, ancora una volta, hanno dimostrato la loro distanza dal sentire comune. Infatti alla gran cassa che gridava allo scandalo, a parte i soliti, nessuno ha preso parte alla battaglia mediatica, soprattutto nessun sindaco del PS o dell’UMP. A dire il vero non si sa se perché già sentivano l’aria che sarebbe girata di lì a poco, o semplicemente per il fatto che al primo che avesse aperto bocca si sarebbe subito potuto rimproverare i finanziamenti illeciti alle moschee e alle festività islamiche, che da anni tutti forniscono in cambio di schede elettorali.
Lo stesso comune di Parigi ha sempre più ridotto i fondi per le feste natalizie, fino a farle scendere a zero quest’anno, tagliando anche i 30000 euro per le decorazioni e l’albero di Notre Dame, offerto, in risposta, gratuitamente dalla Russia. Peccato però che lo stesso comune di Parigi ogni anno organizzi nel suo salone d’onore, per la belezza di più di un milione di euro, un gran galà per la fine del Ramadan e la rottura del digiuno (nessun giornalista o umanista ha mai gridato allo scandalo, lo stesso Mélenchon si è ammutolito quando Zemmour gli ha chiesto perché non avesse protestato allo stesso modo quando il sindaco di Parigi, coi soldi dei contribuenti, aveva finanziato tutte le festività musulmane e invocato la benedizione di Allah sulla Francia direttamente dai saloni del municipio).
Ma sorpresa delle sorprese, proprio 2 giorni fa, nel pieno del vespaio delle polemiche sul presepe, è uscito il sondaggio che nessuno si aspettava in una Francia in cui oltre la metà della popolazione è atea, la prima religione praticata è l’islam ormai da 5 anni e solo il 3% della popolazione si dichara cattolico praticante: ebbene l’80% di tutta la popolazione si è dichiarata favorevole al presepe nei luoghi pubblici (l’88% dei votanti UMP, l’84 di quelli del FN, il 64% PS e il 47% dei simpatizzanti dell’estrema sinistra). Questo sondaggio per le elites è stato un colpo durissimo! A noi italiani potrebbe anche sembrar normale, ma in Francia, dove da un secolo ogni ostentazione pubblica di simboli religiosi è vietata, è uno shock, una vera e propria bestemmia. L’élite mediatica che vive nel quartiere latino scopre di esse circondata da 50 milioni di francesi fanatici, che reclamano segni religiosi nello spazio pubblico, il tutto dopo solo 10 giorni di un altro sondaggio schock, secondo cui la priorità dei francesi in questo momento non è l’occupazione, né la sicurezzza, ma la laicità (per il 78%). Come conciliare questi due risultati? Come soprattutto interpretare il fatto che a essere favorevoli al presepe nei luoghi pubblici non sono solo l’84 e 87 % dei votanti Fn e UMP, ma anche il 64% di quelli del PS e del Front de Gauche. Una risposta semplice e chiara ci sarebbe: non è questo il momento, ma di sicuro essa già turba le notti di una élite che giorno dopo giorno si sta accorgendo che il suo incantesimo si sta rompendo. Che troppo a lungo si è imposto ai francesi di amare ciò che odiano e di odiare ciò che amano, in una sola parola di rinnegare se stessi. Il risveglio è lento ma inesorabile, un popolo si sta svegliando e presto si rimetterà in marcia.
Ma il mese appena trascorso è anche stato il mese dei 2 congressi dell’UMP e del FN, che dovevano eleggere i due nuovi presidenti. Per l’FN l’unica candidata era Marine Le Pen, per gli oppositori simbolo di una gestione dittatoriale del partito, per i frontisti nulla di più elementare: perché cambiare un presidente che in soli due anni ha moltiplicato per quattro il numero degli aderenti, per 100 quello dei consiglieri comunali e ha portato il partito al 30% delle preferenze? Sui quasi 4 mila votanti a scrutinio segreto, solo 23 hanno votato no alla riconferma. Ma di certo non c’era molto da festeggiare per Marine le Pen la sera del suo Galà: se la base si é mostrata ultracompatta dietro di lei, tutta la sua politica di riorientamento dell’ideologia del partito è stata bocciata. Da 4 anni ormai l’ideologo delle aperture di Marine è Florian Philippot, giovane politico dal curriculum invidiabile, creatura di Chevenement. La linea politica del partito, la dediabolizzazione, gli organigrammi, sono in realtà tutto frutto della mente di Florian Philippot. Tutti attendevano queste elezioni per conoscere il verdetto della base sulla svolta di Marine degli ultimi mesi: mai bocciatura fu più sonora. Prima votata è stata l’ortodossa Marion Marechal, la più giovane deputata della république, seguita dal sindaco anti-moschee di Frejus, dall’identitario Alliot, mentre Philippot si piazza davanti, solo di qualche voto, niente meno che a Gollnisch, espressione da sempre dell’ala più dura del partito. Morale: la base vuole rimanere compatta dietro Marine Le Pen, di cui riconosce il talento politico, ma sconfessa tutte le sue aprerture in campo civile operate attraverso Philippot. Marine, incurante del risultato delle urne, cosa ha fatto? Neanche una settimana dopo ha convocato una coferenza stampa per annunciare il passaggio al suo movimento del fondatore di GyaLib, una specie di Arcigay liberale. Come se non bastasse, seduta stante ha anche deciso di conferirgli la responsabilità del settore cultura. Un affronto per la base, che sulla rete non ha cessato di gridare contro la lobby gay che da anni circonderebbe la presidente e la cui eminenza grigia sarebbe appunto Philippot. Venerdì scorso la riunione di gabinetto è stata infuocata, al punto che Marine è tornata sui propri passi revocando l’incarico alla cultura appena assegnato. Ma, strana coincidenza, il giorno dopo la rivista Closer ha pubblicato le foto di Philippot in viaggio romantico con un altro ragazzo, un giornalista di estrema sinistra militante gay e anti FN. Che Philippot fosse gay al Front era il segreto di pulcinella, ma scoprire che frequentasse « solo » i nemici giurati del Front avrà dato certo degli argomenti a chi da anni critica la gestione del potere di Marine. Rimane il fatto che per la prima volta un organo di stampa ha fatto l’outinig di un personaggio politico. Considerando i gay che ci sono all’interno di UMP e PS, anche nelle più alte sfere, dovremmo attenderci un servizio a settimana per i prossimi 10 anni, ma ho come la sensazione che si sia trattato solo di una spedizione punitiva di cattivo gusto dell’establishment.
L’altro congresso è stato quello dell’UMP: Nicola Sarkozy da salvatore della patria ne è uscito dimezzato e, al massimo, reuccio di quartiere. In effetti si è trattato di una primaria farsa, in quanto nessuno dei grandi tenori del paritto si è messo in gioco, ben sapendo che perdere queste primarie voleva dire l’esclusione da quelle presidenziali del 2017. Eppure, nonostante i due avversari di scarso peso, Sarkozy si è fermato intorno al 60%, regalando un bel 30% a Bruno LeMaire, che ha fatto della questione morale il suo cavallo di battaglia. Gli scivoloni a Monsieur Bruni non son mancati fin dall’inizio e, quanto più faceva una brutta uscita il giorno prima, “recuperava” il giorno dopo con un’altra brutta uscita dal tenore opposto, scavandosi così la sua fossa elettorale. Il miasma politico alla fine l’ha vinta, nel mese precedente le primarie Sarkozy si è detto a favore di tutto e contrario a tutto. Una cosa sola gli interessava, distruggere il suo rivale interno Alain Juppé, da giorni diventato il pupo dell’intelligentia di sinistra, che ormai ha capito che Hollande è spacciato e cerca un cavallo su cui puntare. Tuttavia, se prima il motto della stampa e dei salotti era « tutti contro Sarko », adesso trionfa l’indifferenza per Sarko (e nulla più fa imbestialire l’ex presidente quanto l’indifferenza, per cui ad ogni uscita alza il tiro). Lanciandomi in un pronostico, potrei dire che Sarkozy si è già bruciato per le prossime elezioni, ma staremo a vedere.
Infine un giretto a casa del partito socialista, dove ormai è guerra dei colonnelli con Hollande, che un giorno si fa « sputtanare » dalla sua ex sui media inglesi e un altro si diverte a indossare buffi colbacchi, salvo poi chiedere ai giornalisti di censurare le foto. Martine Aubry, sindaco di Lille, avversaria alle scorse primarie di Hollande, è uscita allo scoperto e, portando con sé i cosiddetti frondisti, attacca di petto su tutti i talk televisivi Manuel Valls e le sue politiche ultraliberali. Ma il primo ministro, come il nostro mostro di Firenze, risponde augurandosi un nuovo partito di sinistra pragmatico, liberale e soprattutto non socialista. E per non lasciare spazi a dubbi, ecco la manovrina ultraridicola, in cui la misura più importante dovrebbe essere l’apertura delle attività commerciali la domenica, quasi non volendo capire che il problema è il potere d’acquisto perduto. Ma soprattutto rimanendo cieco alle statitische degli ultimi 4 anni che mostrano che le aperture domenicali, dove applicate, non hanno aumentato le vendite neanche di un punto. Ma allora la questione è un’altra, e la inquadra bene un editoriale de Le Figaro: il governo francese, sarebbe meglio dire la commissione di Bruxelles, non sta attuando ricette per risolvere la crisi, ma per formare il nuovo cittadino euopeo del nuovo millennio, senza riferimenti culturali, senza riposo, senza diritti democratici e sociali, ma come una specie di automa senza più nessuna declinazione antropologica.
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