L'età degli dèi
Il filosofo napoletano Giambattista Vico visse a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo, in un periodo in cui tra gli intellettuali europei (Galilei, Newton, Cartesio, Leibniz etc.) dominava lo studio scientifico della natura e la volontà di ridurre tutto a delle precise regole matematiche. Egli, laureato in Giurisprudenza e figlio di un modesto libraio, a fronte dell’imperante matematismo del suo secolo esaltava l’originalità, l’alogicità e l’autonomia del mondo umano. Nell’atteggiamento dei suoi contemporanei egli intravedeva il rischio che la storia, la retorica e la poesia andassero perdute dinanzi alle scienze puramente razionali.
Proprio alla Storia egli conferiva una grande valenza poiché, in quanto prodotto degli uomini, essa è perfettamente conoscibile dagli uomini:
questo mondo civile egli certamente è stato fatto dagli uomini, onde se ne possono, perchè se ne debbono, ritrovare i principii dentro le modificazioni della nostra medesima mente umana.
In questo modo la Storia costituiva per Vico la “Scienza nuova”, ossia la scienza di quel “mondo civile delle nazioni” che è esclusiva creazione degli uomini. Essa diventava così uno strumento pratico che offriva il sapere, la possibilità di fare, trasformare e migliorare l’esistenza e la società umana.
Nell’evoluzione storica dell’umanità, Vico individuava tre stadi: l’età degli dèi, l’età degli eroi e l’età degli uomini. Quello che dà il titolo a questo articolo è il primo, dal momento che vi sono delle forti analogie tra l’età degli dei vichiana e l’attuale età del libero mercato.
Per Vico, il periodo degli dei corrispondeva all’infanzia dell’umanità, in cui prevaleva una visione del mondo dominata dal senso e dall’immaginazione. Vigeva una forma di convivenza fondata sul culto e sulla centralità delle credenze religiose e un tipo di governo teocratico. Questo era basato su un presunto diritto divino e le leggi erano imposte come espressione della volontà degli dei. Gli uomini erano sì dotati di ragione, ma essa era immersa nelle tenebre dei sensi così da essere “stordita e stupida”; essi erano del tutto inermi rispetto all’incombente realtà naturale e vivevano nel terrore di uno “spaventoso pensiero di qualche divinità”, ammantata di miti fantasiosi. Vico la descriveva così:
L’età degli dèi, nella quale gli uomini gentili credettero vivere sotto divini governi e ogni cosa esser loro comandata con gli auspici e con gli oracoli, che sono le più vecchie cose della storia profana.
Ora se si prova a paragonare la descrizione dell’età degli dèi vichiana con il mondo attuale, si noteranno alcune forti analogie. La nostra forma di convivenza è basata sul culto di qualcosa di trascendente: il libero mercato. Questo viene perseguito come una sorta di credenza religiosa da alcuni, che formano i governi in totale conformità con essa: una sorta di governo teocratico, per l’appunto. In pratica, il mercato è stato deificato ed è divenuto il nostro sovrano. Questa sovranità gli giunge da un presunto diritto divino, che deriva dal falso mito della sua capacità di autoregolarsi.
Le nostre leggi costituzionali vengono scalzate da quelle di presunta origine divina. Esse vengono imposte come espressione della volontà degli dèi: è il ben più noto “ce lo chiede l’Europa”.
Gli uomini, anche se dotati di ragione, subiscono tutto ciò passivamente, poiché “storditi e stupiditi” dalla propaganda mass-mediatica. La nostra ragione è così immersa nelle tenebre dei sensi che non comprendiamo razionalmente il telegiornale ma lo “vediamo” o lo “ascoltiamo”, prendendo tutto ciò che ci viene detto come una verità inossidabile. Così rimaniamo del tutto inermi di fronte all’incombente realtà e viviamo nel terrore che ci proviene dal pensiero della nostra “spaventosa divinità”, ossia il mercato. Viviamo nella costante paura di parole di cui non comprendiamo neanche bene il significato, dando così origine a dei veri e propri miti, esattamente come gli uomini primitivi. Parole come: default, spread, rating, le quali ci suscitano presunti scenari apocalittici, che a malapena riusciamo ad immaginare.
In tutto ciò gli uomini credono di vivere “sotto divini governi” e credono che tutto quello che viene loro propinato come giusto derivi da auspici e oracoli non meglio identificati.
La divinizzazione di un sistema che nella Storia non ha mai funzionato è il dramma della nostra contemporaneità.
Gli altri due stadi dell’umanità individuati da Vico, ossia il periodo degli eroi e il periodo degli uomini, erano invece contraddistinti da un graduale processo di incivilimento, connesso al lento emergere della ragione. L’età degli uomini corrisponde, infatti, al momento della maturità e della ragione dispiegata, le cui massime espressioni governative sono la monarchia e, soprattutto, la repubblica popolare. Per Vico infatti, il periodo delle polis greche rappresenta il momento più alto dell’età degli uomini.
(…) e finalmente l’età egli uomini, nella quale tutti si riconobbero essere uguali in natura umana e perciò vi si celebrarono le repubbliche popolari.
Tuttavia, il filosofo napoletano metteva in guardia i seguaci della “Scienza nuova”, poiché la Storia non si ferma all’età degli uomini ma è fatta di continui corsi e ricorsi: all’uomo non resta altro che la possibilità di evitare il decadimento con la saggezza e la virtù e con l’ausilio della “Scienza nuova”.
Questo è quello che non è stato fatto negli ultimi anni. Abbiamo assistito inermi ad un ricorso storico e siamo tornati all’età degli dèi, dopo che eravamo stati nell’età degli uomini, dal momento che vivevamo in una repubblica popolare e sovrana creata dal basso, dalla ragione degli uomini che avevano combattuto per ottenerla. Non siamo stati né saggi né virtuosi, ma soprattutto non abbiamo utilizzato abbastanza la “Scienza nuova”.
Adesso, nel pieno di un ricorso storico in cui le scienze matematiche e fisiche hanno nuovamente preso il sopravvento, relegando le materie umanistiche al ruolo di mere comprimarie, è giunto il momento di rivendicare il loro ruolo primario dovuto alla loro originalità, alla loro autonomia e alogicità. Abbiamo un disperato bisogno di Storia per uscire dalla dispotica età degli dèi e tornare alla democratica età degli uomini.
Luca Mancini
ARS Lazio
2 risposte
[…] castighi e al quale si chiedono improbabili favori. Come già scritto in un precedente articolo (https://appelloalpopolo.it/?p=13528), la nostra forma di convivenza è basata sul culto di qualcosa di trascendente: il libero mercato. […]
[…] castighi e al quale si chiedono improbabili favori. Come già scritto in un precedente articolo (https://appelloalpopolo.it/?p=13528), la nostra forma di convivenza è basata sul culto di qualcosa di trascendente: il libero mercato. […]