Piccolo Fact Checking sulla Scuola
Media, informatori – o disinformatori – di professione, osservatori politici nonché uomini e donne qualsiasi si sprecano a dare la loro visione del mondo e dei problemi. Ultimamente nel fiume dell’eurodelirio psico-cognitivo in molti si sono avvitati in spericolate analisi sull’Istruzione nel nostro Paese. In troppe occasioni i dati riportati, però, non corrispondono al vero e contribuiscono a fornire un’immagine completamente distorta del fenomeno in questione. La scuola non è come ve la raccontano al bar oppure in tv persone con un livore ed una ignoranza spaventose. Ma questo, spero lo saprete già. Con questo mio piccolo contributo cercherò di raccontare i fatti per come davvero sono. Questo è un piccolo fact checking sulla scuola italiana. Spero avrete, ora, qualche arma in più per rispondere alle menzogne seriali dei media e dei referenti politici di quel grande Capitale internazionale che ci sta riducendo in catene.
POPOLAZIONE SCOLASTICA ITALIANA E RAPPORTO PUBBLICO-PRIVATO:
– 8.943.701 alunni (inclusi quanti frequentano scuole non statali) nell’ Anno Scolastico 2012/2013 [1];
– 787.000 alunni stranieri, pari a meno del 9% [2];
– nella Scuola dell’Infanzia vi sono 1.686.095 alunni per 24.036 istituti scolastici (23,2 bambini in media per sezione) ripartiti secondo macro-aree (Nord ovest 434.414 alunni per 5404 scuole, Nord est 319.160 alunni per 4403 scuole, Centro 315.902 alunni per 4226 scuole, Sud e Isole 616.619 alunni per 10003 scuole) [3];
– nelle Scuole Primarie vi sono 2.825.400 alunni per 17.413 istituti scolastici (19,3 alunni in media per classe) ripartiti secondo macro-aree (Nord ovest 722.975 alunni per 4364 scuole, Nord est 535.180 alunni per 3462 scuole, Centro 531.730 alunni per 3126 scuole, Sud e Isole 1.035.507 alunni per 6461 scuole) [4];
– nelle scuole Secondarie di I grado vi sono 1.779.750 alunni per 8150 istituti scolastici (21,6 alunni in media per classe) ripartiti in macro-aree (Nord ovest 446.015 alunni per 2046 scuole, Nord est 328.240 alunni per 1453 scuole, Centro 326.601 alunni per 1448 scuole, Sud e Isole 678.902 alunni per 3203 scuole) [5];
nelle scuole Secondarie di II grado vi sono 2.652.448 alunni per 7105 istituti scolastici (21 alunni per classe) ripartiti in macro-aree (Nord ovest 606.831 alunni per 1582 scuole, Nord est 463.061 alunni per 1093 scuole, Centro 504.468 alunni per 1317 scuole, Sud e Isole 1.078.088 alunni per 3113 scuole) [6].
Abbiamo quindi 2.210.235 studenti del Nord ovest per 13.396 scuole, 1.645.641 studenti nel Nord est a fronte di 10.411 scuole, 1.678.701 studenti nel Centro a fronte di 10.117 scuole e 3.409.116 studenti nel Sud e nelle Isole a fronte di 22.780 scuole. Il totale fa 56.704 scuole sul territorio italiano.
Qui verrebbe da chiedersi come mai proprio il Mezzogiorno è l’area in cui si sta riducendo sempre di più il numero di insegnanti [7] visto che proprio Sud e Isole sono le zone con la maggiore presenza di studenti – oltretutto in aree a forte dispersione scolastica e con drammatici dati sull’occupazione come ci ricorda lo Svimez mese dopo mese.
I dati sull’Anno Scolastico 2013/2014 provengono, invece, dal Miur [8] e ci forniscono un quadro più chiaro per quanto riguarda il peso delle scuole non statali in questi conteggi.
– le scuole Statali sono 41.483 [9];
– gli alunni delle Statali sono 7.878.661 (207.000 con handicap) per un totale di 366.838 classi e 728.325 docenti – inclusi i circa 100.000 docenti di sostegno – mentre gli alunni stranieri sono 736.654 [10] (dal 2008 si registra un aumento degli alunni a fronte di una diminuzione delle classi, ovvero riduzione di cattedre e personale);
– le scuole private sono 13.847 per appena 1.036.312 alunni di cui oltre 640.000 solo nella Scuola dell’Infanzia che conta 9.940 istituzioni scolastiche private sul computo complessivo (con presenza massiccia in Lombardia, Lazio, Campania e Sicilia) [11].
Cosa significa questo? Significa semplicemente che il 71% delle istituzioni scolastiche private sono Scuole dell’Infanzia e che se la Scuola Privata fosse davvero così bella questi 640mila alunni andrebbero anche in Scuole Elementari Private, frequentate però solo da 190mila alunni. Le Scuole Medie private raccolgono pochi alunni, mentre qualcuno in più frequenta le Secondarie Superiori (sarà per i diplomi facili di cui leggeremo tra poco?). Qualcuno sarebbe pronto a sostenere l’importanza dell’istituzione dell’Istruzione Privata motivando la propria posizione con il cospicuo risparmio assicurato allo Stato dalla Scuola Privata. Ma c’è un “ma”. Anzi, più di uno. In primo luogo è la Costituzione della Repubblica Italiana che prevede la possibilità di istituire scuole private ma “senza oneri per lo Stato” (Art. 33 comma 3) – ed in realtà gli oneri per Stato ed Amministrazioni Locali ci sono: circa 700 milioni di euro all’anno [12]. In secondo luogo le Scuole Private, spesso, non brillano per onestà: un dossier [13] curato da Paolo Latella, un docente e sindacalista calabrese ma emigrato per lavoro al nord, come troppi, raccoglie una serie di informazioni drammatiche. Si va dai diplomifici, ai docenti sfruttati con un salario di 300 euro in nero in cambio dei dodici punti da caricare nelle graduatorie statali per sperare in un lavoro vero, seppur precario e spesso a tempo determinato e per di più a centinaia di chilometri di distanza dai propri affetti. Ma almeno nelle Private ci sarà un’Istruzione migliore? La risposta è semplice: NO! Nei test Ocse-Pisa a trascinare verso gli ultimi posti l’Italia sono proprio le scuole private [14], mentre persino la Fondazione Agnelli riconosce la scarsa “competitività” dell’istruzione paritaria [15], così come lo stesso Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca [16]. E questo proprio mentre dalle scuole private si registra dal 2003 una vera fuga di iscritti [17]. Ed un minimo di risparmio per lo Stato c’è, invece? Dai numeri elencati sopra sembrerebbe di sì: uno studente privato costa allo Stato in media 675 euro. Ma se dovessimo inserire, giusto a titolo esemplificativo, il mancato gettito per l’esenzione dall’IMU garantito a tutte le scuole private con retta inferiore a 7mila euro – cui si aggiungono i fiscal bonus, il costo di quanto aumenterebbe? [18] Di quante centinaia di milioni di euro parliamo? Dunque: cui prodest?
NON SOLO SPESA PUBBLICA: ITALIA VS. RESTO DEL MONDO
Altra mitologia da frequentatori accaniti dei banconi del bar che i molti tromboni si affaticano a promuovere vuole che la scuola italiana venga finanziata come nei migliori Paesi del Mondo con risultati scadenti. Falso. Falso. Falso. Alcuni giurano addirittura che il Governo Renzi abbia innalzato il finanziamento per l’Istruzione, invertendo la rotta rispetto ai governi precedenti. Gaudeamus, igitur! I dati, se interpellati in maniera corretta, non mentono mai. Iniziamo dal dire che l’Italia, invece, è proprio uno dei Paesi che investe di meno in Istruzione. Già nel 2013 un noto organo di controinformazione anarco-sindacalista e covo di statalisti fannulloni [19] – lo stesso che poi ha smontato [20] la balla dell’Italia come piaga dell’assistenzialismo da lavoro statale in Europa – rilanciava uno studio dell’Eurostat dal quale emergeva come proprio l’Italia condividesse il poco invidiabile primato di “peggior investitore” in istruzione e cultura con la Grecia. Con appena il 4,3% del PIL destinato a finanziare l’Istruzione il nostro Paese è in coda oppure in posizione bassa in tutte le graduatorie (dall’area UE, all’Osce, all’Ocse, al Wto) [21], ben lontano da virtuosi come Cuba (12,8% del PIL), Cipro (7,3%), Svezia (7%), Regno Unito (6,2%), Islanda (7,6%), Norvegia (6,9%), Moldova (8,4%), Nuova Zelanda (7,4%), solo per citarne qualcuno. Già solo per adeguarsi alla media Ue l’Italia dovrebbe passare dal 4,3% del PIL al 6% se non al 7%: in sostanza bisognerebbe aumentare il finanziamento pubblico di circa 30 o 45 miliardi di euro ogni anno. E questo solo per parametrarsi all’Europa (ma è evidente che in questo caso il mantra del “Ce lo chiede l’Europa!” non è utilizzabile proprio perché darebbe al Popolo anziché togliere e andrebbe a proteggere un settore su cui gli avvoltoi del grande Capitale locale ed internazionale hanno già messo sopra gli occhi e forse anche le mani). Non bastasse questa situazione di sottofinanziamento di lungo termine altri fattori evidenziati in un documento [22] della Oecd concorrono a dipingere il grave stato di salute dell’istruzione italiana:
– l’Italia è il solo Paese tra quelli esaminati ad aver diminuito la spesa pubblica destinata all’istruzione tra 2000 e 2011 e quello ad aver contratto maggiormente gli investimenti pubblici (5%);
– è aumentato il rapporto tra studenti e docente (12 a 1) attraverso taglio di cattedre ed aumento dell’orario di lavoro per i docenti con contestuale riduzione dell’orario scolastico degli alunni;
– i salari dei docenti sono diminuiti del 2% tra 2008 e 2012 e del 4,5% tra 2005 e 2012;
– il blocco del turn over (iniziato nel 2008 con il Governo Berlusconi e proseguito dagli esecutivi successivi) ha innalzato notevolmente l’età media dei docenti italiani tanto che nel 2012 il 62% degli insegnanti aveva più di 50 anni – abbiamo la classe docente più anziana d’Europa – rispetto al 48% del 2002 (a breve la pensione arriverà a 66 anni e 11 mesi e nonostante ciò si prevede il pensionamento di circa 400mila docenti nei prossimi dieci anni: come potrà una delle categorie più esposte al burn-out arrivarci sana o anche solo arrivarci viva? E siamo sicuri che dei nativi digitali come gli alunni di oggi possano essere guidati da insegnanti di 60 anni? I corsi di aggiornamento in informatica non bastano);
– il 92% dei bambini in età prescolare è iscritto alla scuola dell’Infanzia rispetto al 70% dei Paesi Ocse ed al 79% dei Paesi Ue a 21;
– il rapporto alunni-docenti sembra più basso rispetto all’Europa (ovvero sembra ci siano pochi alunni per ogni insegnante) solo ed esclusivamente perché docenti e personale educativo vario sono inseriti tutti nel calderone del “personale insegnante” (il dato realmente importante è relativo agli alunni per classe, dove siamo nella media Ue, e che sarebbe presumibilmente ancora più alto senza considerare le scuole private con classi formate da pochi alunni);
– la spesa pubblica in istruzione in percentuale della spesa pubblica complessiva è del 9% in Italia contro il 13% dei Paesi Ocse ed il 12% dei Paesi Ue a 21;
– la spesa annua per studente a parità di potere d’acquisto si attesta su 7800 USD in Italia contro i 7400 dell’Ocse ed i 7900 della Ue a 21 alla Scuola dell’Infanzia, 8400 USD alla Scuola Primaria contro gli 8300 USD della media Ocse e gli 8500 della media Ue a 21, 8600 USD alla Scuola Secondaria contro i 9300 USD della media Ocse ed i 9600 della media Ue a 21, 9900 USD per l’Istruzione Terziaria contro i 14000 USD della media Ocse ed i 13500 della media Ue a 21 (dunque la spesa per studente è in linea per Scuola dell’Infanzia e Primaria, abbastanza sotto la media per la Scuola Secondaria, drammaticamente sotto la media per l’Università).
Sempre uno studio della Oecd [23] ci permette di capire come l’Italia abbia smesso di investire in Istruzione, proprio mentre gli altri Paesi hanno preso a puntare tutto su Scuola, Università e Ricerca: l’Italia, infatti, tra 1995 e 2010 ha aumentato solo dello 0,5% la spesa per studente complessiva – è a saldo zero per i cicli inferiori d’istruzione – mentre i Paesi Ocse l’hanno aumentata del 62%; è aumentata del 39% solo la spesa per studente nell’Istruzione Terziaria ma solo ed esclusivamente per i finanziamenti privati (!!!).
Un altro interessante studio realizzato dalla UIL [24] su dati Eurydice ed Eurostat ci dice inoltre che:
– i docenti italiani hanno un monte ore di lavoro frontale settimanale (ovvero di lezione in classe, senza considerare le altre attività come preparazione delle lezioni e dei compiti, correzioni dei compiti, collegi docenti, consigli di classe, eccetera) di 22 ore alla Primaria contro le 19,6 ore della media Ue, di 18 ore alla Secondaria superiore contro le 16,3 ore della media Ue, di 18 ore alla Secondaria inferiore contro le 18,1 ore della media Ue;
– per quanto riguarda le ore di lezione curriculare ci sono dati che smentiscono la vulgata dei docenti fannulloni (8316 ore di lezione curriculare nella fascia dai 7 ai 14 anni contro una media Ue di appena 6652 ore);
– una media di studenti per classe per il 2010 pari a 21,3 in Italia contro la media di 21,1 della Ue (alzata da Paesi come la Germania che ha 24,7 alunni per classe e la Francia con 24,5 alunni per classe che controbilanciano la Lettonia che ne ha 16,8, l’Estonia con 18,5, il Regno Unito con 19,4 e la Danimarca con 20);
– i docenti italiani hanno una retribuzione a parità di potere d’acquisto minore per una cifra tra i 2000 ed il 6000 euro rispetto ai colleghi europei ed una retribuzione annua lorda minore per una cifra compresa tra i 4000 ed il 10000 euro rispetto alla media dei colleghi europei.
Ok. Scommetto che qualcuno adesso dirà: “Sì, ma in Italia a scuola si va poco e ci sono tre mesi di vacanza in cui i ragazzi stanno a casa e gli insegnanti rubano lo stipendio”. Perdonali Signore, perché non sanno quel che dicono! In realtà molti media rilanciano questa falsità: un esempio è Repubblica [25] che pubblica un articolo con il quale sembra si voglia suggerire l’idea che l’Italia sia un Paese misero perché in estate ci sono tredici (13) settimane di vacanze contro le sei (6) settimane di altri Paesi. All’estero sono più laboriosi. Noi siamo le solite cicale, le solite zecche. La realtà, anche in questo caso, è molto diversa e contribuisce ad alimentare una falsa percezione dei fatti. In Italia è vero che d’estate ci sono più vacanze che altrove, ma per un semplice motivo: altrove le vacanze sono concentrate in mesi diversi dell’anno rispetto a quanto avviene da noi. Addirittura in Italia, come testimoniato da uno studio della Indire [26], i giorni di scuola in un anno solare sono 200 contro i 185 della media dell’Unione Europea. Dati, questi, che suonano come una mazzata per i tanti epigoni di Brunetta, Merkel, Draghi riuniti nel coro “italiani fannulloni, choosy, bamboccioni, inoccupabili”.
BUONA SCUOLA? PER NULLA!
Va bene. Adesso però direte che Renzi con la Buona Scuola finalmente aumenterà la spesa pubblica di tre miliardi per la scuola ed assumerà 100mila docenti. Insomma: Renzi mette mano alla scuola e la salva dal baratro. Niente: siete proprio fuori strada! Innanzitutto diciamo che la spesa pubblica diretta per l’Istruzione (già tagliata per 8 miliardi di euro all’anno da Brunetta-Gelmini nell’autunno 2008,ovvero lo 0,5% del PIL), subirà una ulteriore decurtazione: stando al DEF [27] licenziato nel 2015 si prevede, infatti, una ulteriore decurtazione della spesa destinata all’istruzione (addirittura riduzione attuata in una previsione di crescita economica, quindi potremmo immaginare che i tagli saranno maggiori) che passerà dal 3,9% del PIL del 2014 al 3,3% del 2035, con una leggera risalita prevista solo per il 2060!!! Più dello 0,5% di PIL vuol dire altri 8 miliardi. Se prometti nuovi finanziamenti per 3 miliardi e poi in segreto ne tagli 8 di miliardi vuol dire che al netto riduci ancora la spesa per istruzione. Rispetto al 2008 siamo a circa 13-16 miliardi di euro in meno per l’Istruzione. E non è che nel 2008 l’Italia navigasse nell’oro: la condizione di sottofinanziamento, esisteva già allora. Ok: “Però Renzi assumerà 100mila nuovi insegnanti!”. Niente di più falso. Con la Buona Scuola si “stabilizzano” (ovvero viene data la cattedra di ruolo) circa 100mila precari storici che nella scuola ci lavorano già da decenni con contratti annuali ed a tempo determinato. Questi insegnanti già lavorano ogni anno nella scuola, gli viene semplicemente riconosciuto il diritto alla stabilizzazione (contratto a tempo indeterminato) dopo oltre 36 mesi di contratti a tempo determinato.
Anzi, visto che il risparmio è d’obbligo, nella Riforma-Renzi si prevede per questi docenti la mobilità nazionale: vuoi la cattedra? Ti sbatto a 900 km da casa. Rifiuti? Perdi il posto. E pensare che era stata proprio la Corte di Giustizia Europea a condannare l’Italia all’assunzione di ben 250mila precari storici (quindi c’è già una riduzione nelle assunzioni rispetto al numero di precari interessati dalla sentenza) per il ricorso abusivo al lavoro precario nella Pubblica Amministrazione, pratica che in Italia si persegue da almeno quaranta anni e che ha portato a numerose sanatorie (in barba al principio costituzionale del concorso pubblico per l’accesso al lavoro statale). Famiglie che si disgregano a causa della mobilità coatta e non facoltativa. Sembrano riecheggiare in maniera sinistra le parole pronunciate da Mario Monti qualche giorno fa su casa di proprietà e mobilità del lavoro ad “Agorà” su Rai Tre [28]. Bisognerebbe, però, ricordare che più della mobilità geografica esiste un altro tipo di mobilità che è molto più importante: la mobilità sociale, che in teoria dovrebbe aumentare con il maggiore livello di istruzione (specie se Terziaria). Ma almeno nella Buona Scuola si parla di didattica? Nemmeno per sogno. L’unica novità è l’introduzione dell’alternanza scuola-lavoro promossa da Poletti e voluta da Confindustria che così potrà accedere a manodopera a costo ridotto o gratuito facendo aumentare a dismisura i profitti e riducendo i costi di produzione (David Ricardo è vivo e lotta insieme a voi!). Per il resto la Riforma del duo Renzi-Giannini porterà poco altro: aumento dei poteri dei Presidi (come farà un Preside-docente di materie scientifiche a valutare un docente di lingue o di materie letterarie?); chiamata diretta; albi territoriali rinnovati ogni triennio (dunque addio alla continuità didattica ed alla possibilità di farsi una famiglia per gli insegnanti, dato che questi albi territoriali dai quali verranno chiamati i docenti saranno a carattere provinciale – e notoriamente non tutte le province italiane brillano per rete viaria); il monte orario verrà ancora accresciuto per risparmiare soldi sulle cattedre (che quindi verranno presumibilmente ridotte ulteriormente); l’apertura della scuola anche nei mesi estivi (ma giova ricordare che nei mesi estivi le scuole sono già aperte e gli insegnanti già lavorano ogni estate); si accorperanno le segreterie delle scuole per ridurre il personale non docente; 400 euro di detrazione fiscale per gli alunni iscritti alle Private; limite di 36 mesi per effettuare supplenze (quindi dopo 36 mesi il precario perde la possibilità di lavorare a scuola: bel modo di eliminare il precariato dato che si elimina direttamente il precario!). E questo vi sembra poco? L’avesse fatto Berlusconi vi sareste suicidati in piazza per “difendere la Costituzione dall’attacco fascista” invocando l’intervento armato di Usa ed Ue a difesa dei diritti dei lavoratori. Non c’è che dire: proprio una riforma “keynesiana”, “espansiva” e “socialista”. O forse è tutto marketing finalizzato all’aumento dei profitti del Privato?
L’IMPATTO DELL’AUSTERITA’ SUI DIRITTI
Non bastassero questi dati drammatici ed atavici ci si è messa pure la crisi con tanto di austerità. Ma quali sono stati gli effetti dell’austerità sulla scuola? Ci vengono in aiuto due studi commissionati dal Parlamento Europeo e consultabili sul sito web dello stesso. Nel primo [29] viene fatta una panoramica sull’intera Unione Europea e leggiamo dati sconvolgenti sull’istruzione obbligatoria: innanzitutto sono state accorpate numerose scuole per ridurre i costi del personale non educativo ed in Grecia, ad esempio, si è passati dai circa 6000 istituti del 2008 ai circa 4000 del 2013; c’è stata una generale riduzione dei salari, licenziamenti, mancato turn over; è aumentato il numero di studenti per classe mentre il numero di alunni per docente è diminuito; sono aumentate le ore di lavoro; sono aumentati gli alunni disabili ma è diminuito il personale specializzato sul sostegno; si sono ridotte le classi per bambini stranieri e le comunità di migranti e di marginalizzati hanno visto allontanarsi la possibilità di mandare i figli a scuola. Sempre in questo studio emerge come l’aumento del numero di alunni per insegnante avrà effetti deleteri sull’educazione e sui processi di apprendimento dei giovani. In più sono peggiorate le condizioni igieniche – ed in certi casi anche strutturali – degli edifici scolastici; c’è stata riduzione nell’equità dei risultati scolastici tra scuole “ricche” e scuole di frontiera; c’è stata riduzione del servizio mensa particolarmente aggressivo e dannoso per le famiglie meno abbienti – in particolare per gli spagnoli, i cui figli non hanno più nemmeno la mensa scolastica come barriera contro la malnutrizione.
Nel secondo studio [30] ci si concentra, invece, sull’Italia e sugli effetti dell’austerità sul sistema educativo italiano. Qui si punta il dito contro lo storico sottofinanziamento dell’Istruzione ulteriormente aggravato dalla Legge 122/2008 (Legge Brunetta) e dalla Legge 240/2010 (Legge Gelmini) che hanno ridotto la spesa di 8 miliardi (in modo da uniformarsi ai diktat europei). Altre decisioni prese dall’ultimo Governo Berlusconi riguardavano il blocco del turn over, la riduzione dei salari, l’aumento del rapporto alunni-insegnanti e l’aumento dell’affollamento delle classi, la riduzione del personale non educativo e la riduzione del personale educativo con la reintroduzione del maestro unico alle Scuole Primarie che ha portato a circa 140mila esuberi solo tra i docenti. Il quadro italiano viene poi completato da skills poco performanti in ambito di conoscenze ed abilità nell’intera area Oecd a causa di politiche fallimentari sull’istruzione (ma non dimentichiamoci il fardello delle scuole private in queste graduatorie che pesano come un macigno, nelle scuole pubbliche si recuperano almeno dieci posizioni) e di una politica industriale basata su basse tecnologie e poca innovazione. Sempre nell’ambito delle riforme berlusconiane con il DPR 81/2009 è addirittura previsto che la media di studenti per classe cresca per tutti cicli raggiungendo le 30 unità a classe. Contestualmente, però, il numero di scolari è aumentato, con ovvie ripercussioni sulla qualità del servizio offerto. Gli effetti di tali misure, oltre alla crisi, hanno generato l’accorpamento di sedi scolastiche (contravvenendo al consolidato sistema pubblico italiano che prevedeva di raggiungere con i propri servizi anche i centri più piccoli ed isolati), rendendo in molti casi difficoltoso l’accesso all’Istruzione. I salari vengono riconosciuti come ridotti rispetto all’Europa in una forbice tra il 6% ed il 18%, mentre viene confermata l’età media eccessivamente alta (oltre il 60% degli insegnanti ha più di 50 anni).
Lo scenario, se non allarmante e drammatico, dovrebbe ora almeno apparirvi più chiaro e decisamente grottesco per come è infarcito di slogan beceri propinati dai cani da guardia nell’informazione. La cosa divertente è che Renzi, in qualità di semplice referente politico – quindi oggetto e non soggetto – che agisce in nome e per conto di altrui interessi (non certo quelli del Popolo) ci dà anche le coordinate per uscire da questa “caverna platonica”: la Cultura è ciò che salverà il Paese. Lo ha detto pochi giorni fa in una delle tante occasioni ipermediatiche delle quali è protagonista. Cultura, quindi istruzione, dubbio, ricerca, metodo scientifico, osservazione: questi gli antidoti alle menzogne della deriva antisociale ed antiumana dei tempi moderni. Gli insegnanti, dal canto loro, dovrebbero capire bene quel che sta accadendo attorno a loro: la frantumazione dei diritti costituzionali e del Welfare State nonché la svendita dei servizi pubblici essenziali è dietro l’angolo. Il dogma del vincolismo esterno europeo è quello che ci sta obbligando a cedere pezzi di Stato, che ci sta obbligando a misure recessive. Volere l’euro e rifiutare l’austerità come vuole Tsipras equivale a voler la moglie ubriaca e la botte piena. Una contraddizione in termini di cui la classe insegnante dovrà prendere coscienza.
RIFERIMENTI
[1] Istat Annuario Statistico 2014, p. 211
[2] Ivi, p. 213
[3] Ivi, p. 225
[4] ibidem
[5] ibidem
[6] Ivi, p. 226
[7] http://www.ilquotidianoweb.it/news/idee-societa/723390/Al-Sud-in-5-anni-e.html
[8] http://www.istruzione.it/allegati/2014/Avvio_Anno_Scolastico2014_2015_3.pdf
[9] Ivi, p. 3
[10] Ivi, pp. 4-8
[11] Ivi, pp. 10-11
[12] http://espresso.repubblica.it/inchieste/2015/01/19/news/scuole-private-soldi-pubblici-1.195428
[13] http://www.webalice.it/paolo.latella/libronero_latella.pdf
[14] http://www.repubblica.it/scuola/2010/12/10/news/pubbliche_private-10029837/
[15] http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/04/05/scuola-pubblica-surclassa-quella-privata-ecco-classifiche-della-fondazione-agnelli/202549/
[16] http://www.repubblica.it/scuola/2012/04/03/news/flop_scuole_paritarie-32693561/
[17] http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2007/09/01/rette-troppo-care-fuga-dalla-scuola-privata.html
[18] https://it.finance.yahoo.com/notizie/imu-tasi-la-chiesa-non-paga-esenti-scuole-private-e-cliniche-convenzionate-104407563.html
[19] http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-04-06/italia-fanalino-coda-spesa-145728.shtml?uuid=Abq1XnkH&refresh_ce=1
[20] http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-09-26/ricerca-eurispes-italia-impiegati-115157.shtml?uuid=AbjVOujG
[21] http://www.deagostinigeografia.it/wing/confmondo/confronti.jsp?goal=100077§ion=2&year=2015&title=PIL%20totale
[22] http://www.oecd.org/edu/Italy-EAG2014-Country-Note-Italian.pdf
[23] http://www.oecd.org/edu/Italy_EAG2013%20Country%20Note%20(ITA).pdf
[24] http://www.uil.it/uilscuola/sites/default/files/02_italia_e_indicatori_europei.pdf
[25] http://www.repubblica.it/scuola/2015/03/23/news/vacanze_estive_ecco_quanto_durano_in_europa_italia_in_testa-110296229/
[26] http://www.indire.it/lucabas/lkmw_file/eurydice///Cifre_chiave_istruzione_2012.pdf
[27] http://www.corriere.it/scuola/dati-e-statistiche/15_aprile_10/istruzione-spesa-pubblica-scendera-prossimi-15-anni-9f0018b2-df70-11e4-9755-7346caf2920e.shtml
[28] http://www.imolaoggi.it/2015/07/30/monti-quando-ce-la-casa-di-proprieta-il-mercato-del-lavoro-e-meno-mobile/
[29] http://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2015/510021/IPOL_STU(2015)510021_EN.pdf
[30] http://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2015/510018/IPOL_STU(2015)510018_EN.pdf
Formidabile articolo. In una sintesi stringata tutti i dati sul mondo della scuola. Assalto scientifico ai falsi miti propalati dai “cani da guardia nell’informazione” e altro scientifico confronto con gli altri Paesi. Il quadro è completo.
(Piccola richiesta che metto tra parentesi: si possono scrivere i corrispettivi italiani accanto ai termini inglesi?)
Complimenti Marco. Un articolo davvero notevole. E’ chiaro, illuminante, allarmante! Un bravo anche per lo stile di scrittura scorrevole, ironico, accattivante. Importante sottolineare la ricchezza e varietà delle fonti bene, e giustamente, individuabili.
Formidabile!!! Dati nero su bianco. Spero che l’articolo arrivi a più gente possibile (infatti condivido subito), e spero anche che lo leggano Renzi, Giannini e tutti quanti… Dajeeeeee!!!!!!!!!!!!!!!!!!!