Gusci vuoti e rami secchi
di Luciano Foschini
fonte Il giornale del ribelle
Non tutti i lettori di Appelloalpopolo condivideranno l’articolo di Luciano Foschini. Li invito, però, a riflettere sull’articolo e a cercare in esso quanto c’è di vero e quanto di rigoroso e in grado di mettere in crisi o comunque in dubbio alcuni convincimenti radicati. Ho lasciato sul Giornale del ribelle un commento, il quale, piuttosto che esporre critiche, segnalava la necessità di tener conto che l’antimodernità e comunque la decrescita e il localismo devono tener conto del “socialismo” e della “programmazione” che, a mio avviso, conosceranno una nuova stagione d’oro. Incollo il mio commento in calce all’articolo (Stefano).
Il liberal-capitalismo, col contributo provvisorio della socialdemocrazia, ha vinto la sfida portata dal comunismo e dal fascismo sul suo stesso terreno, quello della Modernità.
Quando si fa questa affermazione, sui siti alternativi c’è sempre chi si inalbera.
Si inalberano gli irriducibili del marxismo-leninismo. Il loro argomento è in sintesi questo: quello che è stato sconfitto è lo stalinismo, non il comunismo. Il comunismo non è stato mai realizzato, ciò che si è affermato e che alla fine si è dissolto è lo stalinismo, che del vero comunismo è solo una caricatura e una negazione.
Credo che questo modo di ragionare sia soltanto autoconsolatorio. Il tentativo di realizzare il comunismo ha interessato circa metà dell’umanità. E’ stato il fenomeno politico e culturale più grandioso del Novecento e forse la più grande illusione nella storia dell’umanità. Pertanto non è limitabile al comunismo sovietico, che i neomarxisti definiscono stalinismo negandone la natura comunista. Essendo stato un processo di dimensioni mondiali, quel fenomeno ha interessato nazioni con storie e situazioni socio-culturali diversissime. Non c’è stato solo lo stalinismo sovietico con le sue propaggini nell’est europeo. Ci sono state altre esperienze che volevano essere originali e che si distinsero dal modello moscovita. Basti ricordare la Jugoslavia di Tito, dichiaratamente antistalinista. Basti ricordare la grande rivoluzione cinese, che ben presto ha cercato una sua via autonoma rispetto all’URSS. Infine non dimentichiamo Cuba, che voleva essere un altro riferimento ideale. Ma ci sarebbero anche la Romania, la Corea del Nord, il Viet Nam, ognuno con la propria storia e una propria via autonoma. Negli anni Settanta perfino alcuni Paesi africani scelsero la via del socialismo di ispirazione marxista. Ebbene, in tutti i casi registriamo delle costanti, nonostante la diversità delle condizioni storiche: un collettivismo statalista e accentratore, un’accentuata burocratizzazione, la dittatura di un partito unico. Evidentemente c’è un fondamento comune che dà luogo a fenomeni analoghi nonostante tutte le diverse circostanze. Questo elemento comune non è lo stalinismo ma qualcosa che attiene strettamente ai fondamenti ideologici condivisi. Avevano quindi ragione i vecchioni impataccati della gerontocrazia del Cremlino quando ribattevano ai loro critici, comunisti “democratici” alla Berlinguer, che quello era il socialismo reale (realizzato). Il resto è chiacchiera. Il comunismo libertario e procedente verso l’estinzione dello Stato è sempre di là da venire e rimane nel mondo dei sogni. Conta quello che è esistito nel concreto dei processi storici.
Si inalberano anche i nostalgici del fascismo. Il loro argomento è il seguente: il fascismo combatté con successo il capitale finanziario; risolse col corporativismo il conflitto fra capitale e lavoro; godette di un diffuso consenso e crollò solo per la sconfitta in guerra: vince il più forte, non necessariamente il più giusto. Il fascismo ha ceduto solo ai bombardamenti, mentre il comunismo si è svuotato al suo interno ed è morto per autoconsunzione.
Anche questi argomenti sono autoconsolatori. È molto discutibile che il fascismo abbia combattuto il capitale finanziario. Le grandi concentrazioni private industrial-finanziarie prosperarono sotto il fascismo e il nazismo. La pace sociale fu ottenuta più con la repressione poliziesca che col corporativismo. Infine non è vero che i fascismi hanno ceduto solo alla forza delle armi. Questo si può dire per il fascismo italiano e il nazismo, che essendo stati esperienze di breve durata non hanno avuto il tempo di esaurirsi per le loro contraddizioni interne. C’è stato anche un fascismo iberico, il franchismo in Spagna e il salazarismo in Portogallo. Quei regimi, che ebbero l’accortezza di non farsi coinvolgere nella guerra, durarono diversi decenni. Alla scomparsa dei loro caudillos svanirono come la nebbia al sole, esattamente come i regimi comunisti. Implosione per consunzione interna. Erano gusci vuoti, o rami secchi che un venticello stronca.
La conclusione è obbligata: il liberal-capitalismo ha vinto tutti coloro che lo hanno sfidato sul terreno della modernizzazione perché esso è la Modernità nella sua espressione più efficiente e più coerente.
Irriducibili del marxismo e nostalgici del fascismo hanno il grande merito di non essersi lasciati omologare. Hanno scelto di restare fra i perdenti senza saltare sul carro del vincitore. Ora devono fare un passo avanti. Devono prendere atto che oggi gli obiettivi da porsi sono la decrescita, il comunitarismo, la lotta alla speculazione finanziaria, la difesa delle culture locali e l’antiprogressismo. Su questo terreno potrebbero finalmente ritrovarsi dalla stessa parte della barricata. Bisogna liberarsi del peso di ideologie logore e sterili. Nella frana epocale che sconvolge i nostri orizzonti, il passato che deve ispirarci non è quello recente di ideologie consunte.
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Ecco il mio commento.
L'articolo, come sempre, è lucido. Due cose, però, si devono ammettere, se si vogliono svolgere ragionamenti realistici:
1) il comunitarismo, la decrescita, il chilometro zero, ecc., si realizzano non affidandosi al mercato, bensì mediante una "programmazione", concetto comunista (e in parte fascista) che è anche nella nostra Carta costituzionale. Per esempio, come si crea il chilometro zero se non obbligando ad acquistare merci prodotte in loco e cioè vietando la libertà del commercio? Salvo voler utilizzare lo splendido metodo corso: bombe a chi vende prodotti stranieri. Ma è un metodo di riserva, che si utilizza quando non si ha il potere sovrano di decidere il divieto di vendere merci straniere.
2) l'affermazione che sta diventando un pò troppo diffusa secondo la quale comunismo (e secondo te anche fascismo) e liberismo sarebbero accomunabili come forme di produttivismo, che è in certo senso vera, non deve far credere che in un regime di mercati locali e nazionali (e non europei o mondiali), di chilometri zero e di politica del risparmio, energetico e non solo, non esisterebbero la indigenza, il rapporto di lavoro subordinato (salvo voler tornare allo schiavismo o alla servitù della gleba), l'esigenza di gestire beni comuni e diritti legati alla cittadinanza (scuola pubblica, sanità pubblica, ecc.). Insomma esisteranno sempre i problemi che il socialismo (in tutte le sue forme, persino, in certe esperienze, quella fascista) ha cercato di risolvere.
In questo senso, il socialismo resisterà alla fine del (neo) liberismo ed esprimerà esigenze ed istituti anche in caso di avvento della società che tu ed io auspichiamo. In particolar modo l'istituto della programmazione (che è compatibile con una certa libertà dei privati) avrà una nuova stagione d'oro. Su questo punto, perciò, della sottovalutazione del socialismo, Massimo Fini sbaglia, o meglio è davvero utopisticamente e anzi irrealisticamente antimoderno.
Con stima
è sicuramente vero che il comunismo (l'unico comunismo realmente esistito, cioè Lenin-Stalin-Mao) soffriva di una incurabile subalternità culturale nei confronti del pensiero illuminista-utilitarista occidentale, e che questa subalternità lo ha portato ad identificarsi nell'originale. Non è che il comunismo è morto, nel blocco socialista: si è trasformato, con le stesse persone al potere, in ultra-capitalismo, passando dalla subalternità culturale a quello economico-politica. passo ora dal comunismo al luogocomunismo: non possiamo gettare il bambino con l'acqua sporca. Chiunque proponga un ritorno alla comunità di villaggio non sa di quel che parla. Bisogna sostituire l'adorazione della modernità (cioè del capitalismo) con la critica della modernità: ma questa critica non può valersi di argomenti già sconfitti dalla storia. Faremmo la figura dei disadattati.
Già che ci sono ecco un brano tratto da una intervista con Mohammed Hassan, marxista britannico di origine somala.
"tutto sta ad indicare che l’egemonia degli Stati Uniti è prossima a finire. Nel mondo, non vi potranno più essere superpotenze e gli Stati Uniti probabilmente diventeranno nulla più che un’importante potenza regionale. Inevitabilmente, assisteremo ad un ritorno del protezionismo e, come risultato, alla fine della globalizzazione."
Caro Claudio, non so se l'autore che citi mi abbia letto o abbia scritto la frase che tu citi prima dei miei articoli. Comunqu siamo completamente d'accordo. Questo è ciò che accadrà. Che noi lo vogliamo o meno è irrilevante.
"Il liberal-capitalismo, col contributo provvisorio della socialdemocrazia, ha vinto la sfida portata dal comunismo e dal fascismo sul suo stesso terreno, quello della Modernità."
Questa affermazione mi trova completamente in disaccordo. Se si legge il mio articolo qui sopra (cartello petrolchimico8-Neuordnung) si vede come in realtà tutta la concezione della Modernità così come la conosciamo fu dettagliatamente programmata dai vertici nazisti.
Viviamo attorniati da prodotti petrolchimici, fateci caso. I cibi che sono avvolti in plastiche, navigare in rete senza la plastica del vostro monitor LCD o della tastiera risulta impossibile, e via dicendo.
Viviamo immersi in un mondo di plastica. Che tale mondo sia il frutto del liberal-capitalismo è tutto da dimostrare, a meno che non lo si consideri l'evoluzione del nazismo. Si può anche pensare che nazismo e liberal-capitalismo siano intimamente connessi. Questo cambierebbe di gran poco il quadro generale.
Se per Modernità intendiamo le vicende politiche, sociali e di costume che hanno forgiato l'ultimo secolo non vedo come marxisti e fascisti possano "ritrovarsi dalla stessa parte della barricata".
Questo giochino può funzionare solo con chi è (volutamente) disinformato. La Destra di oggi è quella del New World Order di Rumsfeld, capoccia del cartello petrolchimico internazionale, come ho già avuto modo di spiegare. Fini mi deve quindi spiegare per quali motivi il PNAC dovrebbe battersi per la descrescita, o per il localismo.
Che ci sia una Destra come Forza Nuova che abbia in cartellone tali obbiettivi fa parte del gioco. L'eredità storica che ci ha consegnato la Destra dice cose ben diverse. Ci sono forze di Destra (guarda caso molto vicine a Forza Nuova) che si battono per i diritti degli animali come 100%Animalisti. Lo fanno per accalappiare consensi. Cerchiamo di non cadere in questi tranelli….
Un'ultima annotazione sul significato di comunismo relativamente alle strutture sociali: è ancora tutta da dimostrare l'ipotesi secondo cui appropriarsi dei mezzi di produzione senza eliminare la stratificazione sociale possa ancora essere chiamato comunismo.
E' invece fuori dubbio che una società senza stratificazioni sia di fatto comunista, dato che il sostentamento della struttura è affidato a tutti indistintamente, con minime differenziazioni e, cosa importantissima, senza controlli coercitivi su obbiettivi decisi a monte.
Il problema è che da questo modello di sviluppo sociale che prevede un tasso di inurbamento vicino al 100% c'è gran poco da sperare. Le città sono state create per alloggiare i lavoratori che vengono sfruttati per conseguire un modello di sviluppo antitetico ai valori come comunitarismo e difesa delle culture locali.